Dalla parte degli idioti xenofobi, prima che sia troppo tardi
Letto su www.lavocedinewyork.com
I risultati di un’inchiesta di Public Policy Polling, diffusi martedì, mostrano che due terzi dei sostenitori di Donald Trump (peraltro il meno peggio fra i candidati conservatori alla presidenza) credono che Obama sia un musulmano e che non sia nato negli Stati Uniti. Del resto un sondaggio ripreso da The Nation questa settimana rivela che il 29% dei repubblicani della Louisiana attribuisce a Obama la colpa dei ritardi della protezione civile federale dopo l’uragano Katrina benché all’epoca (dieci anni fa) il presidente fosse George W. Bush e Obama solo un senatore dell’Illinois, stato ben lontano da New Orleans.
Facile deridere questa ignoranza e questo fanatismo, entrambi cresciuti drammaticamente nel nuovo millennio, dopo il trionfo dei social media e la rinuncia della scuola a contrastarli per formare cittadini responsabili e menti critiche attraverso lo studio della storia, dei classici e delle discipline umanistiche (a che altro pensate che servissero?) – persino nell’eccellente distretto scolastico di Newton, sobborgo benestante e colto di Boston, in una zona ad altissima concentrazione di università, incluse Harvard e il MIT, l’insegnamento del latino è stato abbandonato a vantaggio di quello dell’iPad. In ogni caso stiamo parlando di milioni di persone, parecchie delle quali povere o ai limiti della povertà, infelici e spietatamente sfruttate e tuttavia pronte a votare per il partito delle corporation che li sfrutta e che apertamente promuove ulteriore liberismo. Che dovremmo farne di questa gente? Eliminarla o almeno privarla del voto per manifesta imbecillità?
È il problema della sinistra e della democrazia: che non possiamo escludere nessuno e neppure sognare di farlo. Perché il nostro compito, e l’unica ragione per cui c’è bisogno di una sinistra, ossia di un partito che persegua una vera eguaglianza economica (dunque niente a che vedere con il Pd ma neppure con Obama o con l’attivismo interessato solo a specifici obiettivi di nicchia), è precisamente consentire il riscatto non solo dei miserabili ma anche degli idioti. E innanzi tutto capirli. Nella fattispecie è significativo che i seguaci di Trump non accusino Obama di essere nero bensì di essere uno straniero, un estraneo. E che siano infatti favorevoli a un’abolizione dello ius soli, ossia del diritto di chi nasca negli Stati Uniti di ottenere automaticamente la cittadinanza (un diritto ormai riconosciuto solo nel continente americano e in Pakistan).
La loro paranoia è un sintomo. Ci fa vedere che il sistema economico e sociale del neocapitalismo sta lasciando indietro una vasta maggioranza di individui fragili, stupidi o ingenui, un tempo in qualche modo protetti dalle loro comunità e oggi lasciati soli a fronteggiare pressioni e novità alle quali non sanno adeguarsi, perlomeno non con la rapidità richiesta dal consumismo ossessivo, di prodotti e di idee, che Wall Street pretende – e che mira soltanto a generare osceni profitti per avidi speculatori internazionali. È per questo che tanti americani ed europei si stanno rifugiando nella xenofobia (che è cosa diversa dal razzismo e confondere i due sentimenti rischia di portare a diagnosi e terapie errate). Perché hanno l’impressione, fondata, che nessuno più difenda il loro diritto di restare quello che sono e di rimanere dove sono, di conservare le loro abitudini e anche i loro pregiudizi, ai quali hanno ancorato, in mancanza di meglio, la loro identità. Discriminare un altro cittadino perché di colore o sesso differente è illegale in America e in Europa, e il divieto deve essere applicato con intransigenza. Ma esso non riguarda chi venga da fuori. La generosità, l’accoglienza, la bontà, la carità, sono virtù culturali, che vanno dunque coltivate (cultura/coltura): pensare di stabilirle per decreto e anche solo di pretenderle da chi non sia pronto o convinto, è assurdo, anzi è ingiusto, oltre che una resa totale all’ideologia globalista e consumista del pensiero unico liberista.
Le tensioni non faranno che aumentare e insieme a esse la paura: sono pulsioni profonde, antropologiche, che neppure i media di regime riusciranno a contenere o indirizzare. Facile prevedere che sfoceranno in un immane bagno di sangue, guerre e stragi di ampiezza mai viste nella storia – com’è ovvio, mai nella storia c’è stata una società davvero planetaria e priva di alternative. La ferocia dell’Isis e la perfidia di Netanyahu sono solo due esempi: e prima o poi cominceranno a usare armi atomiche. Non dite, allora, che non ve l’aspettavate o che non c’era niente da fare.
Perché qualcosa si può fare, prima che sia tardi. In particolare, bisogna smettere immediatamente di giocare con i popoli e con le culture come se davvero non contassero più e fossero state soppiantate dall’omogeneizzante multiculturalismo promosso dai profeti della globalizzazione. Quante persone credete che vivano al di fuori del loro paese d’origine? Secondo le statistiche dell’UNFPA (United Nations Population Fund), circa 230 milioni, ossia il tre per cento della popolazione mondiale. Così pochi? La ragione per cui sembrano di più è che i media non fanno che parlare di fughe di cervelli e di invasioni di migranti, usandoli per proclamare l’ineluttabilità storica della mobilità; per non dire del fatto che i cosmopoliti e gli arrivisti, ossia quelli che sono disposti a sacrificare legami e tradizioni per avere successo e denaro (anche in termini relativi, ossia rispetto alla loro condizione di partenza), si fanno sentire e notare mentre chi si accontenta tace e si nasconde. Parlo anche di me stesso.
Ma credere nella democrazia e nella giustizia non significa dare voce ai ricchi o ai vincenti o agli avventurosi o a chi abbia il coraggio di rischiare (generalmente i beni altrui) o la capacità di farsi valere. O meglio: questa è la visione meritocratica che della democrazia e della giustizia ha la destra. La sinistra deve dar voce agli altri: a quel 97% che sceglie di restare a casa o che non ha modo di fare altrimenti.
La xenofobia è un brutto sentimento che peggiora chi lo prova; ma è anche, come dicevo, il sintomo di un disagio reale e comprensibile. Di cui la sinistra dovrebbe approfittare per porre finalmente sul tappeto (e al centro del proprio programma) la questione della non ingerenza militare e commerciale in altri paesi, quali che siano le ragioni addotte da intellettuali e media interventisti per ordine delle corporation: una nuova dottrina Monroe ma applicata in maniera ferrea a tutte le regioni, l’Africa agli africani, il Medio Oriente ai mediorientali. Con aiuti economici senza contropartita, in forma di risarcimenti e compensazioni per i popoli che siano stati recentemente (diciamo negli ultimi 50 anni, non secoli fa) danneggiati o derubati dalle multinazionali. Il tutto necessariamente accompagnato, in Occidente, da politiche statali di controllo dei mercati, da una stretta regolamentazione delle attività finanziarie e da limitazioni alla circolazione di capitali e prodotti; e in generale da un deciso passaggio a una fase di decrescita programmata e possibilmente serena.
Utopia? Certo. Ma a questo punto l’alternativa sono la distopia del neocapitalismo attuale, la catastrofe ambientale prossima ventura, la possibile fine della civiltà e il ritorno alla legge della giungla. Almeno bisogna cominciare a parlarne. Prima che gli idioti si ribellino e tutto frani.
Se avessi voluto spiegare il concetto di snobismo non ce l’avrei fatta meglio di questo buffonesco radical-chic (non a caso di Harvard) con la sua sindrome travagliesca della superiorità intellettuale.
Tutto il mondo è paese.
Ahi, quanto è snob e radical-chic l’articolo 3 comma 1 della Costituzione!
L’autore dell’articolo sta solo cercando di spiegare ai suoi amici di sinistra che essere contrari allo ius soli e al l’immigrazione incontrollata non significa far parte degli “idioti” reazionari. Un’impresa quasi impossibile
le religioni del libro non mi interessano, qualunque sia il libro, in particolare se non ha nemmeno la pretesa di ispirazione divina.
In ogni caso, il tale sta semplicemente spiegando, novello Kipling, il “fardello dell’uomo di sinistra” nei confronti di quegli imbecilli sporchi, cattivi e subumani che si permettono addirittura di simpatizzare per Trump (o chiunque altro, non è questo il punto).
I sondaggi della PPP lasciano il tempo che trovano (sono gli stessi che avevano dato la Clinton avanti 5 o 6 punti su Obama) ma è indicativo che un docente di Harvard parta, per questo suo lungo discorso di puro e semplice snobismo vagamente razzista, da un sondaggino.
Una vecchia puntata dei Simpson mostrava Homer in tv: “Chiunque può inventare una statistica per dimostrare quello che vuole, e lo sa solo il 13% delle persone”.
Il metodo è quello.
Comunque, per fortuna che non è uno spin doctor di qualche illuminatissimo politico liberal americano: andare dagli elettori e dirgli che sono coglioni fanatici non credo che porti molti voti negli USA, dove un minimo di amor proprio la gente mi sembra averlo mantenuto.
In particolare in quell’orribile profondo Sud in cui si permettono addirittura di avere sentimenti ostili.
A scanso di equivoci, comunque, Trump è una macchietta, ma quali sono le alternative?
L’androgina lobbista ed il figlio di papà?
Io mi colloco in posizione intermedia.
Ho introdotto l’articolo sulla mia pagina facebook così: “Importante articolo di Francesco Erspamer, che va letto e approvato nelle analisi e nei contenuti, sorvolando sulla drastica e perciò ridicola e infantile distinzione tra destra (i cattivi, sia pure soltanto perché idioti) e sinistra (i buoni, sebbene talvolta o spesso idioti). Depurato dalla radicalità di una distinzione, che talvolta anche ingegni acuti mantengono per difesa psicologica della loro storia e dunque per un meccanismo patologico di rimozione (che tuttavia sovente è strumentale a prevenire più gravi patologie psicologiche), le analisi, le riflessioni e le proposte sono in gran parte, se non totalmente, condivisibili”
@Matteo: a lei la Costituzione non interessa (si era capito). Invece è imprescindibile per tutti i militanti Ars-Fsi
Mi considero uno jihadista della Costituzione
Sono molto felice per lei, ma mi permetta di essere dubbioso.
Sa, sono due millenni che i fanatici di un qualche testo fanno dei danni, ma questo non ha impedito l’esegesi più raffinata.
Se mi si chiede se considero il modello economico espresso dalla Costituzione migliore di quello attuale, le assicuro che do la mia firma con il sangue.
Se viceversa mi dice che per qualunque discussione, per averla vinta, bisogna tirare in ballo i sacri testi, allora mi consenta una cordiale risata.
Questo caso è emblematico di un certo modo di ragionare: uno Scanzi americano fa un tedioso pippone sul fatto che chi vota Trump è un bifolco razzista che beve bourbon in un localaccio di Des Moines (mentre immagino che chi voti la Clinton sia un laureato ad Harvard cosmopolita che pippa coca ad un cocktail di New York) e lei mi tira fuori la Costituzione.
Boh?
Ho forse scritto che il problema di Obama è che è negro?
Allora, essendo la Clinton e Bush III “ariani” va tutto bene?
Sa chi mi ricorda questo tizio?
Un qualunque giornalistuncolo italico che per 20 anni ha sostenuto che chi votava Berlusconi era un ladro, un evasore, un corrotto, un mafioso, una merda.
Risultato?
Ce lo siamo tenuti fra le scatole quell’insulso personaggio per 20 anni,ancora adesso rompe le scatole.
Il che è ovvio: insultare una parte consistente dell’elettorato non è la strategia giusta.
Ho l’impressione che Matteo si sia irritato senza motivo: l’articolo postato da Giampiero non è un attacco sprezzante a chi vota Trump o il partito repubblicano, ma, al contrario, ne è un’apologia: avere paura dello straniero – dice Erspamer – ha le sue buone ragioni, quelle che elenca a partire dal quarto capoverso. L’immigrazione massiccia è un fenomeno economico, non culturale, è l’effetto del libero flusso dei capitali imposto dal FMI ai paesi del Terzo Mondo nel quadro della globalizzazione, e rientra in quell’intreccio economico tra nazioni che Keynes considerava con preoccupazione: “Sono perciò più d’accordo con quelli che vorrebbero ridurre l’intreccio economico tra le nazioni che con quelli che lo estenderebbero. Idee, conoscenza, arte, ospitalità, viaggi: queste sono le cose che per loro natura dovrebbero essere internazionali. Ma cerchiamo di far sì che i beni vengano prodotti al proprio interno quanto più ragionevolmente e convenientemente è possibile; e soprattutto che la finanza sia essenzialmente nazionale”. Keynes è molto chiaro: occorre favorire con ogni mezzo l’internazionalismo culturale, occorre gestire con estrema precauzione l’internazionalismo economico. La xenofobia è la forma elementare di questa necessaria precauzione.
“A scanso di equivoci, comunque, Trump è una macchietta, ma quali sono le alternative?
L’androgina lobbista ed il figlio di papà?”
Veramente negli USA esistono anche altre figure sia a sx come a dx. A dx penso ai libertarians, che si sono ultraliberisti, ma ad avercene ultraliberisti come loro. A sinistra c’è Sanders, socialdemocratico e di posizioni keynesiane.
Comunque non capisco il livore, appena un professore si mette a commentare un sondaggio è un radical-chic? Se uno sostiene che la colpa di Katrina è di Obama, per chiunque voti è un’idiota. Punto! Così come chi dice che Moratti telefonasse agli arbitri per comprare le partite, mentre Moggi con le schede svizzere invitava solo le amiche a prendersi un caffè è un idiota. Punto! E un idiota rimane idiota sia che lo dica un professore di sinistra che lo dica un pinco pallino come me che non è di sinitra. Punto!