11 tesi per la comprensione della teoria hegeliana dello stato.
Paolo Di Remigio – ARS TERAMO
La teoria hegeliana dello Stato, come teoria della libertà che muove dall’inibizione dell’arbitrio naturale, può essere esposta nei seguenti momenti.
- La moltitudine si unisce: ogni individuo rinuncia al suo arbitrio naturale che lo rende sovrano; ora gli individui sono attrattivi, non individui ma membri, dunque al servizio dell’altro, come documenta ogni formula di cortesia. Questa servitù individuale è la sovranità generale, la società. Contro la visione liberale che assume l’arbitrio naturale direttamente come sociale, cioè trascura il lato negativo dell’educazione e dell’etica, la società è una moltitudine di persone unite dalla negazione del proprio arbitrio naturale.
- La rinuncia all’arbitrio naturale è in parte un effetto dell’educazione, ma in parte uno sforzo consapevole dell’arbitrio; in parte abitudine passiva, ma in parte volontà attiva. In quanto la rinuncia è volontaria, l’arbitrio nel negarsi si conserva; così la rinuncia all’arbitrio è accettazione volontaria del servizio, dovere.
- Il dovere che i membri accettano nei confronti della società rifluisce loro come dovere della società nei loro confronti, dunque come diritto. La rinuncia all’arbitrio naturale contenuta nell’accettazione del dovere è rinuncia alla soddisfazione immediata dell’impulso naturale, ma non alla sua soddisfazione, anzi è acquisizione del diritto alla sua soddisfazione mediata, cioè offerta dalla volontà altrui. La certezza soggettiva del rifluire del dovere come diritto è la libertà.
- Quanto più ampia la moltitudine che si unisce rinunciando alle sovranità individuali, tanto più la sua sovranità generale è solo virtuale, tanto più essa deve essere esercitata in modo organizzato. In altri termini: la sovranità generale è dapprima soltanto la negazione delle sovranità individuali; che abbia realtà positiva, che sia volontà generale operante per la propria conservazione, cioè in grado di difendersi, implica l’organizzarsi di un potere che la attui. L’obbedienza volontaria che unisce la moltitudine in una società sovrana è dunque anche origine del potere legittimo. Il potere carismatico non è in grado di fondere i molti in una società, ma solo in una setta.
- Il potere che attua la sovranità generale e le dà realtà individuale è il governo. La sua presenza fa della società uno Stato. Contro Hobbes, che esclude il governo dal pactum unionis, e contro il fascismo e il totalitarismo in generale, il governo è interno alla società, cioè investito di doveri; i suoi membri, più di ogni altro, sono tenuti alla rinuncia all’arbitrio naturale.
- Il dovere del governo è duplice: verso la sovranità interna e verso la sovranità esterna. Verso l’esterno, consiste nel difendere la sovranità dello Stato dagli altri Stati. Questi, infatti, sono individui che non riconoscono doveri tra loro; essendo sovrani non hanno rinunciato all’arbitrio che li rende repulsivi: sono in uno stato di natura che costituisce una minaccia costante per ogni società, tale da consolidarne l’unità.
- Verso l’interno, il compito del governo è di garantire che lo Stato restituisca in diritti l’accettazione del dovere con cui i membri si uniscono e costituiscono la sovranità generale, cioè di rendere la libertà una seconda natura.
- Lo Stato e la sua libertà, essendo una seconda natura, non sono un dato naturale: sono prodotti dalla volontà di servizio che dipende dall’arbitrio. L’arbitrio rinuncia a se stesso in base all’abitudine e a ragioni: perché la soddisfazione immediata dell’impulso è precaria e suscita la guerra di tutti contro tutti, mentre il diritto è sostanziale e contiene il riconoscimento altrui. Tuttavia, l’arbitrio è padrone delle ragioni: dipende da lui considerarle buone
- Per l’arbitrio che non voglia riconoscere la libertà come condizionata dal proprio negarsi, nessuna ragione è buona per non procedere alla soddisfazione immediata degli impulsi e per non appropriarsi dei beni generati dalla mediazione della libertà. Questa contraddizione è in generale il male; in quanto infrange la legge è il reato. Il suo effetto è produrre la precarietà dello stato di natura di cui lo Stato è il superamento.
- La libertà è l’essenza dell’uomo che l’uomo stesso produce attraverso la libera negazione dell’arbitrio. In quanto l’individuo la produce con la negazione della propria naturalità, la libertà è sacra e dello Stato che attua la sua libertà l’individuo è servitore. (Tale paradosso si verifica in ogni ambito sociale; per esempio nell’educazione: la scienza libera l’individuo, ma la si acquista con la sottomissione allo studio).
- In quanto garantisce il diritto e la libertà, lo Stato svolge la funzione che la religione ha assegnato a Dio: commisurare la felicità, ossia il diritto, alla virtù, ossia al dovere. In questo senso lo Stato è Dio interno al mondo.
Secondo l’idea hegeliana, che lo Stato inizi come asservimento dell’arbitrio, anziché condannarlo, fa dell’asservimento una necessità ineludibile. La storia lo presuppone quindi come suo inizio ed è lo sviluppo delle forme statali dal paternalismo alla monarchia costituzionale, in cui si restaura il diritto della particolarità. Solo a partire dall’umiliazione di ogni cupidità elementare (l’alienazione totale dei diritti naturali, secondo Rousseau) la volontà particolare dell’individuo è in grado di misurarsi e di comporsi con quella degli altri. Solo se si presuppone questo spegnersi dell’arbitrio nella sovranità diventano concepibili la sfera privata e la democrazia; il godimento della sfera privata è infatti condizionato dalla sicurezza, cioè dalla fiducia nella soppressione della cupidità altrui; la democrazia presuppone infatti che i singoli percepiscano il proprio interesse come subordinato all’interesse generale. Poiché i diritti sono la libertà generale e la libertà generale presuppone l’illegittimità dell’arbitrio particolare, non ha senso riferire i diritti all’arbitrio particolare, cioè all’uomo al di fuori della sovranità generale: i diritti dell’uomo sono un dovere degli stati, un effetto della loro sovranità; la soppressione della sovranità è dunque la soppressione di ogni diritto.
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