Il folle sogno di Aleksandr Dugin, fascista russo
(articolo apparso su Rinascita)
In verità già siamo in guerra. Una guerra innescata dal conflitto tra due civiltà: la terra della civiltà, oggi rappresentata dalla Russia, e il mare della civiltà, ora rappresentato dagli Stati Uniti. E’ un conflitto che si ripete nella storia. Gli antagonisti sono due sistemi: l’uno si basa sul commercio, l’altro sul valore dell’uomo; così fu con Cartagine contro Roma, con Atene contro Sparta.
In determinate epoche storiche questo conflitto raggiunge momenti di estrema tensione. Siamo di nuovo in questa fase. Siamo sull’orlo della guerra, di una guerra fatale perché può diventare l’estrema battaglia delle nostre vite. I due grandi avversari – gli Stati Uniti e la Russia – sono potenze nucleari e una guerra tra loro è destinata a coinvolgere tutte le nazioni della Terra. Può determinare la fine dell’umanità. Questo, naturalmente, non è sicuro, ma non può essere affatto escluso.
E’ un grande conflitto che si svolge su più livelli. Se sul piano spirituale è sempre evidente che l’equilibrio del potere non può che favorire chi è nel giusto, chi è fedele alla luce, a livello strategico può sembrare un po ‘ diverso. I ruoli nella guerra non sono simmetrici. La Russia è in una posizione più debole, ma sta cercando di riprendersi il suo status di attore globale. Intende ripristinare la sua potenza regionale e vuole esercitare liberamente la propria influenza in aree vicino ai suoi confini. Tuttavia ciò è inaccettabile per gli Stati Uniti, che, nonostante tutto, detengono l’egemonia globale e si rifiutano di perdere il potere monopolare di propria volontà.
Se prendiamo in considerazione il background spirituale della guerra, diventa chiaro che l’oscurità non può permettere alla luce di esistere in qualsiasi proporzione. Per l’oscurità è necessario combattere la luce ovunque, non solo a livello globale ma anche a livello locale. Un fascio di luce è abbastanza forte per trasformare l’oscurità. Al contrario nell’oscurità, senza la luce, si può fingere di essere qualcosa.
Ecco una prima importante conclusione: le ambizioni globali del moderno Occidente materialista e tecnocratica, del globalismo di per sé non sono una semplice emergenza, ma l’essenza stessa della forza che dobbiamo affrontare. È ingenuo supporre che si possa negoziare con il diavolo, o ingannarlo. Si può solo vincere. Questa è la legge di guerra spirituale. Oggi l’una attacca e l’altra si difende.
Ormai la guerra giunge quasi sul territorio russo, nell’area del suo diretto interesse nazionale. Allo stesso tempo, la Russia cerca di andare oltre i suoi confini: è una guerra difensiva. Attualmente i suoi sono soltanto obiettivi regionali. Tuttavia la potenza nucleare globale le impedisce di raggiungerli. Questo complica la situazione ed eleva il conflitto a livello mondiale. In ogni caso, la Russia viene attaccata, e si difende. Questo è importante.
Andiamo ora ad analizzare i fronti di guerra.
Primo fronte: Siria
Fin dall’inizio del conflitto siriano, Mosca ha appoggiato Bashar Assad che era assediato da Washington, dall’Europa occidentale e dagli alleati Usa nel Vicino Oriente: Arabia Saudita, Qatar e Turchia. Ciascuno di questi paesi, tuttavia, ha seguito i propri interessi. I gruppi islamisti radicali (Is-Isis, al-Qaida/al-Nusra) sono stati lo strumento per tentare di rovesciare Assad.
La Russia è stata pienamente coinvolta nelle operazioni belliche solamente nel 2015, quando un Assad in difficoltà ha chiesto l’aperto sostegno militare. Mosca ha ottenuto come alleato l’asse sciita: Teheran, gli sciiti dell’Iraq e l’Hizbollah Libanese; essi non solo collaborano, ma combattono fianco a fianco con i siriani e i russi. Il mondo sciita è rigorosamente anti-americano, ma al tempo stesso, a livello regionale, si oppone ai gruppi radicali salafiti appoggiati finanziariamente dai regimi sunniti sauditi e qatarioti.
Sul primo fronte, la Russia è in conflitto con gli Stati Uniti e i paesi della Nato non direttamente ma indirettamente. Gli stessi paesi occidentali sono in guerra con Isis, a quanto dicono, ma in realtà fortemente sostengono i gruppi islamici radicali per rovesciare Assad. La stessa tattica era stata usata per rovesciare Gheddafi in Libia. Inoltre, la presenza di salafiti jihadisti in Iraq, così come di talibani in Afghanistan, serve a giustificare la continua presenza di truppe americane nella regione.
Così questo primo fronte diventa una sfida fondamentale per la Russia: combatte indirettamente con gli Stati Uniti e la Nato e quasi apertamente con la Turchia, l’Arabia Saudita e il Qatar. Pertanto la guerra in Siria non può essere considerata come una normale operazione anti-terrorismo: in aggiunta, i salafiti ora controllano più parti della Siria, con una notevole quantità di aiuti diretti e indiretti a sostegno.
Ma la Russia è una potenza nucleare. E il suo coinvolgimento nella guerra siriana ha drasticamente cambiato la situazione, portandola da locale a livello globale. Con il suo coinvolgimento, ha messo molto in gioco. Ora non è solo un problema di Assad, i suoi nemici sono costretti a combattere con la Russia. Tuttavia è vero anche il contrario: anche la Russia sfida non soltanto la rete terrorista di Isis e al-Nusra, ma l’egemonia americana e il salafismo medio-orientale, con le sue forti basi nelle ricche petro-monarchie del Golfo. L’importante è quanto Mosca abbia compreso la gravità della situazione che le è di fronte, e quanto sia pronta a sostenere una guerra in uno scenario così difficile, con una potente coalizione sul lato opposto. Dopo tutto, gli Stati Uniti e la Nato sono lì, sono coinvolti e non importano le loro parole, ma i fatti.
Secondo fronte. Turchia
Convolta sempre di più nella guerra siriana, La Russia si trova opposta, in particolare alla Turchia, che di fatto occupa la Siria del nord abitata dall’etnia turcomanna e lì combatte i curdi siriani. Erdogan ha creato un’alleanza di lungo periodo con il ricco Qatar per sostenre i gruppi salafiti (come la “Fratellanza musulmana” in Egitto) e ha iniziato una lotta attiva contro Assad.
Quando le forze militari russe in Siria hanno cominciato a bombardare le posizioni del salafiti nel nord della Siria, Mosca è stata così coinvolta in un conflitto diretto con Ankara. Il jet militare abbattuto e il brutale assassinio dei piloti russi sono stati soltanto un pretesto per aumentare la tensione.
Quando la Russia ha iniziato a esporsi con determinazione nel conflitto, e non esisteva un’altra possibilità, la guerra con la Turchia è diventata una conseguenza. Poi c’è stata la rottura delle relazioni commerciali, il divieto sul turismo, e l’espulsione delle imprese edili turche, un attacco alla sfera economica turca forte e dolorosa, che ha portato a perdite multimiliardario. Per ritorsione da Ankara giunge la minaccia costante di chiudere il Bosforo alla marina – anche mercantile – russa. Verrebbe tagliata così un’arteria vitale per le truppe russe di base nella siriana Latakia. I Turchi hanno inoltre spostato, in queste ultime settimane, una parte significativa delle loro truppe dal confine con la Grecia al confine con la Siria, e questa può essere considerata come la premessa per un’invasione militare.
Tutti questi fatti aumentano notevolmente il rischio di una nuova guerra russo-turca. Ci si chiede quanto sia probabile, un tale evento. È più probabile di quanto non lo sia mai stato nel XX secolo e in questi primi decenni del XXI secolo. Questo secondo fronte è già stato aperto. Al momento nessuno può prevedere con certezza quando ciò si tramuterà in un vero e proprio conflitto. In teoria potrebbe accadere in qualsiasi momento.
Vale la pena ricordare che la Turchia è uno Stato membro della Nato che sta coordinando le sue azioni in Siria con Washington. Significa che la Russia ha di fronte la coalizione occidentale (guidata dagli Usa) pronta ad una potenziale nuova guerra, come è stato nel XIX secolo con la guerra di Crimea. E un tale conflitto regionale avrebbe ovviamente un impatto globale. Questo è vero in particolare perché la Turchia ospita una base militare nucleare degli Stati Uniti. Una vera e propria guerra con la Turchia non potrebbe che essere l’inizio di un devastante III conflitto mondiale.
Terzo fronte. Ucraina
La riunificazione della Crimea con la Russia non è riconosciuta da tutti Paesi del mondo. Il DPR Donetsk (la Repubblica popolare del Donetsk) e la LPR (la Repubblica popolare di Lugansk) sono una ferita aperta e il loro status non è riconosciuto. La posizione di Poroshenko a Kiev è piuttosto instabile e un cambiamento reale della situazione economica e sociale in Ucraina appare, in generale, impossibile. Così per Kiev resta una sola strada per sopravvivere: un nuovo ciclo di tensione e di escalation bellica nelle regioni orientali come pure un’invasione della Crimea.
Se l’Ucraina giungesse a tale conflitto con la Russia, l’evento sarebbe suicida per Kiev. Tuttavia, dobbiamo tener conto degli Stati Uniti e della Nato. L’Occidente ha sostenuto e finanziato il colpo di stato dell’inverno del 2014 e quindi un attacco alla indipendenza – ormai consolidata – delle regioni del Donbass oppure in Crimea, da parte dell’esercito ucraino, è del tutto possibile, sia per ragioni interne in Ucraina e sia, ancor più, nell’ambito della logica del confronto globale tra la Russia e gli Stati Uniti.
Vale la pena di notare che tutti e tre i fronti si trovano ai confini della Russia, nella zona che la separa l’Eurasia e la Russia, nel suo spazio vitale continentale e che è stata il luogo di incontro della civiltà est-ovest. Tutti e tre i fronti sono sui territori dell’ex impero ottomano. La Russia riacquisì il Donbass e la Crimea dai turchi, e la Siria era una parte dell’impero del Sultano. Prima della conquista ottomana erano aree del mondo ortodosso-romano-bizantino, Turchia attuale inclusa. Pertanto, si tratta di tre fronti che riassumono in sé un enorme senso storico e di civiltà.
Ora guardiamo i problemi interni della Russia. Anche qui esistono tre situazioni, tre fronti.
Quarto fronte. Il terrorismo salafita in Russia
La rete delle strutture dell’islamismo radicale legata all’Arabia Saudita, al Qatar e alla Turchia è stata lungo dispiegata anche in Russia: nel Caucaso settentrionale, come pure in altre regioni. Poiché l’afflusso di popolazione musulmana in città russe e nella stessa capitale continua, le reti si allargano ovunque e coinvolgono l’intero spazio della Russia. Non sono limitate alle aree densamente popolate da musulmani, ma espandono attivamente la loro influenza in altri ambienti sociali. Utilizzando una varietà di problemi interni, la mobilitazione radicale dell’islam sunnita è diventata molto popolare come alternativa all’incoerente e apatica politica di Mosca e ai suoi rappresentanti regionali, burocrati e conformisti. Viene alimentata la formazione di gruppi terroristici legati all’Isis.
Se si avesse un minore coinvolgimento dei servizi speciali con compiti di deterrenza, mancherà il piano strategico e un programma di contrasto ideologico per combattere il radicalismo islamico. E questo renderebbe il Quarto Fronte estremamente importante (e pericoloso). Il quarto fronte era già stato in realtà un punto caldo nella prima e seconda guerra cecena; la svolta vittoriosa nella seconda campagna fu raggiunta solo utilizzando una linea patriottica radicale in politica interna. Eventuali nuovi tentativi di indebolire il discorso nazionalista rafforzerebbero automaticamente le tendenze centrifughe e i gruppi estremisti.
Il quarto fronte è già aperto ed è già in atto. Senza seminare il panico tra la popolazione, i servizi di sicurezza operano dietro le quinte ed hanno potuto evitare una gran quantità di attacchi terroristici grazie a misure di prevenzione, che, in effetti, sono impressionanti, anche oggi. Poiché gli Stati Uniti, le sue agenzie di pressione internazionali e i suoi alleati in Medio Oriente sostengono tale “quarto fronte”, dobbiamo attenderci nuovi ingenti finanziamenti a favore dei radicali islamisti e, cosa ancora più importante, il supporto a una nuova spirale del terrore.
Quinto fronte. Quinta colonna
Questo fronte è una rete di forze di opposizione il cui nucleo è composto da gruppi di liberali pro-americani che sognano di tornare agli anni Novanta, il periodo di evidente saccheggio della Russia e della svendita di tutti i suoi beni a oligarchi e a enti stranieri, e da un’onnipotente elite che usò, come carne da macello, i radicali nazionalisti e i neo-nazisti russi che erano insoddisfatti delle allora autorità russe, della loro politica passiva sulla crescente migrazione e dell’ assenza dell’idea nazionale.
Poiché i centri liberali non sono tuttora in grado di organizzare corpose proteste su vasta scala, i radicali russi nazionalisti hanno avuto e tuttora svolgono un ruolo di enorme supporto a tale coalizione liberal-liberista. I liberali pro-americani restano il principale centro di coordinamento per le decisioni importanti e sono in contatto con Washington. Gli Stati Uniti stessi appoggiano ufficialmente tale movimento “democratico”, concedendogli notevoli aiuti finanziari.
Il finanziamento di questo quinto fronte, di questa “quinta colonna”, proviene anche da fonti non molto evidenti o chiare. In piazza Bolotnaya, nella primavera del 2012, la quinta colonna ha mostrato cosa riesce a fare. In caso di aggravamento delle conseguenze delle sanzioni e di possibili conflitti militari, la quinta colonna può diventare un fattore significativo per indebolire la Russia. Prepara una pugnalata alla schiena che potrebbe rivelarsi decisiva, tanto più se non verrà corretta l’ inefficienza amministrativa interna. In determinate circostanze, di fronte all’inerzia nella gestione del bene comune, la gente comune potrebbe unirsi al “quinto fronte”, creando una seria minaccia.
Sesto fronte. Filo-occidentali, liberali nel governo e nello Stato
Questo gruppo è stato recentemente chiamato la sesta colonna. I liberali e i filo-occidentali che integratisi nel potere nel 2000 – o rimasti lì in sella a partire dagli anni Novanta – hanno formalmente accettato il gioco delle nuove regole. In contrasto con la quinta colonna, i rappresentanti di tale ‘sesta colonna‘ sono ufficialmente fedeli alle autorità, e obbediscono senza discutere agendo in uno spirito di lealtà.
Tuttavia, la sesta colonna segue l’ideologia occidentalista vedendo negli Stati Uniti e nella Nato le avanguardie per il progresso del genere umano, con l’economia guidata esclusivamente usando metodi e approcci liberal-liberisti. Spesso, le fortune e le famiglie di questi alti funzionari russi sono residenti nei paesi occidentali. In questa situazione, la loro lealtà e i loro vincoli patriottici celano il sabotaggio coerente della sovranità nazionale, degli ideali nazionali, delle linee di deterrenza economica, amministrativa e delle strategie di informazione.
Tale sesta colonna opera un sistematico, deliberato e abile sabotaggio della rinascita russa, contenendo, sostituendo o surrogando un’autentica riforma patriottica con simulacri e contraffazioni. La sesta colonna non è diversa nella sua ideologia dalla quinta e, come questa, guarda a Occidente, ma opera nell’oscurità, preferendo colpire il regime dall’interno e non dall’esterno. Inoltre, proprio come la quinta colonna, la sesta colonna è controllata da un centro estraneo, da Washington, anche se la sua attività è più sottile e più sfumata rispetto a quella della quinta colonna.
Il Cfr (Council of Foreign Relations) statunitense gestisce il sesto fronte. Tanto che tale ente è quasi ufficialmente rappresentato ai massimi livelli del governo russo. In generale, questa linea è partecipata da una gran parte del “governo liberale” nonché da un significativo segmento di altre istituzioni pubbliche.
Ora mettiamoci nei panni degli strateghi nordamericani. Il progressivo deterioramento delle relazioni tra Usa-Nato e Russia è ovvio. Mosca si è comportato come potenza regionale sovrana nei casi dell’Ossezia del sud e dell’Abkhazia nel 2008, della Crimea e del Donbass nel 2014 e infine della Siria nel 2015 e, se è necessario, userà il potere di insistere a favore dei propri interessi nazionali in determinati settori. Ma ciò è incompatibile con la continuazione dell’egemonia americana che è ancora globale.
Mosca avrebbero dovuto costruire la sua politica conformemente ai desiderata di Washington e della Nato, senza per questo ottenere un annullamento delle sanzioni. Così, nonostante la cortesia superficiale e la retorica liberale, la Russia è fuori dal controllo dell’Occidente. E‘ un dato di fatto. E Washington deve in qualche modo rispondere a questa sfida. Se non lo facesse, ciò equivarrebbe negare la propria egemonia. Ma in caso di declino, il dominio nordamericano tramonterebbe nel suo insieme. Incoraggiato da un eventuale successo dei russi, un Paese terzo qualsiasi potrebbe voler saggiare la forza degli Usa.
Ecco perché gli strateghi di Washington vogliono prevenire un tale scenario e, com’è logico, possono decidere di attivare tutti e sei i fronti. Soprattutto perché, in tutti e sei i casi, l’America non sarà vittima se stessa: anche il peggior risultato non causerebbe un suo fatale crollo, gli Usa, infatti, sono protetti da una vasta cintura di terre e mari. Dall’Europa centro-occidentale, dalll’Africa del Nord, dall’Atlantico, come pure dall’Oceano Pacifico a occidente (specialmente da quando non c’è nessuna russa attività nel suo lato est).
Sarà sufficiente sincronizzare i colpi alla Russia da tutti i lati: militanti in Siria, a sostegno della Turchia, offensiva di Kiev all’est (e anche per attaccare la Crimea), strutture terroristiche salafite in territorio russo, appoggio alla quinta colonna (trovando l’opportuno pretesto sociale). Infine nuovo ultimatum su nuove sanzioni per incoraggiare la sesta colonna a condurre un sabotaggio più attivo e in efficiente.
Allo stesso tempo, sarebbe altrettanto logico, dal lato nordamericano, mantenere e forse anche rafforzare le sanzioni, conservare il prezzo del petrolio ai minimi storici dall’80 a oggi per soffocare l’export di energia russo e, allo stesso tempo, iniziare ad attaccare la leadership russa con una nenia conciliante del tipo: “L’Occidente vi aiuterà”, ”il terrorismo è un problema comune” o ” il problema principale è la Cina”, ecc.
Ma questa semplice stima analitica trascura qualcosa di molto grave.
La Guerra. Una vera guerra, con mari sanguinanti, incendi, tortura, sofferenza e dolore. La guerra in cui saremo coinvolti. E, visto che i primi tre fronti sono al di fuori della Russia, è già evidente che la guerra sui territori stranieri sarà accompagnata dalla guerra civile. Cosa che noi ben conosciamo, ricordando la storia.
Strategia vincente: nemico interno
Immaginiamo che la nostra stima dei rischi sia obiettiva e che la nostra analisi sia corretta.
Cosa dovrebbe fare la Russia in una situazione del genere? Preparare la guerra o almeno essere pronti a questo evento. Non dobbiamo reagire esclusivamente alle situazioni, ma possedere anche un piano su come intraprendere la guerra e vincerla. È del tutto logico avere il desiderio di vincere, non è vero? Ora è importante trovare il modo di realizzarlo, anche se qui è soltanto in gioco la teoria.
È ovvio che è possibile condurre efficacemente la guerra con un nemico esterno soltanto se la società è abbastanza solida e mobilitats internamente. Occorre essere mentalmente preparati per la guerra. Per fare questo, la gente deve capire chi è il nemico e chi non è, e, cosa ancora più importante, perché non è data una scelta. Non si deve demonizzare il nemico dopo l’inizio della guerra. L’ immagine del nemico deve essere formata in anticipo e deliberatamente.
Pertanto, il primo compito per ottenere la vittoria sarebbe l’opera di informazione e propaganda svolta da una vera e propria azienda per creareun’immagine degli Usa e dell’Occidente completamente negativa, mostruosa, satanica: l’Occidente è un luogo dove il diavolo risiede. È il centro del capitalismo globale e dei suoi tentacoli. E‘ la matrice di ogni marciume e di ogni perversione culturale. Della falsità e del cinismo, della violenza e dell’ipocrisia.
L’Occidente già denigra la Russia in questo modo e la stessa Russia già reagisce con questi stesse accuse ma dato che la sesta colonna è responsabile per la propaganda anti-occidentale, l’operazione risulta una caricatura o comunque un qualcosa di infelice e non molto convincente. E’ questo il sabotaggio posto in atto dal “sesto fronte”. Gli ordini del governo vengono posti in atto ma la loro esecuzione si è trasformata in una farsa, vanificando e sottilmente screditando tutta la mobilitazione. La cattiva propaganda – è un fatto – spesso produce l’effetto contrario.
Nel creare l’immagine del nemico americano e dei suoi satelliti (contro i quali siamo stati forzati a combattere) avrebbe dovuto essere logico indicare anche coloro che la pensano nello stesso modo per punirli con la massima chiarezza e risvegliare così le masse dei cittadini. Invece, la critica all’Occidente è stata affidata ad agenti influenzati dall’occidente e partecipi dell’american way of life. Con risultati prevedibili. Un tale approccio è incompatibile con la “strategia per la vittoria” e dovrebbe essere riconsiderato (se la Russia vuole avere almeno una chance di vincere la guerra in arrivo).
Dal primo punto ci muoviamo logicamente per il prossimo. E‘ importante per smantellare la sesta colonna rimuovere i liberali e i pro-occidentalisti da tutte le posizioni chiave. Insieme con esso, il liberalismo – liberismo – nell’economia sarà abolito, il che permetterà:
• La creazione di un controllo nazionale della banca centrale.
• L’uso, nel commercio con l’estero, di ogni moneta di riserva (come ad esempio la yuan) al posto del dollaro.
• Il raggiungimento della piena sovranità finanziaria.
• La gestione dell’economia programmata come in tempo di guerra.
In parallelo, è necessario formare un Comitato nazionale di garanzia per i mezzi di comunicazione di massa per costruire l’informazione in conformità con i requisiti di verità e di emergenza.
Le possibilità distruttive della quinta colonna sono in gran parte legate all’efficienza dei sabotaggi posti in atto dalla sesta colonna. Il quinto e sesto fronte (nemico) sono indissolubilmente legati. Pertanto, la distruzione della sesta colonna di ‘potere’ riuscirà drasticamente ad indebolire la quinta colonna, i cui leader, in situazioni di emergenza, potrebbe essere o internati (misure di arresti domiciliari sono già state decise per alcuni di loro), o espulsi. Naturalmente, ogni diffusione mediatica di propaganda liberale dovrebbe essere vietate.
Il quarto fronte è un problema, poiché lo Stato non ha alcuna base etnica e non sono previste politiche nazionali. Al momento, ai vertici regionali della Federazione vi sono rappresentanti definiti inappropriatamente burocrati in realtà esponenti della cosiddetta sesta colonna. Questo è il motivo per cui le gravi sfide dell’immigrazione incontrollata e le tensioni etniche e religiose sono gestite dalla burocrazia con l’insignificante, per la realtà russa, vuoto doppio slogan della “Società civile” e della “tolleranza”.
Senza un sistema coerente di etnia e strategia nazionale contro l’estremismo islamico e il terrorismo, la questione sociale in Russia non sarà risolta. Alcune misure di sicurezza non sono sufficienti; occore eliminare definitivamente o cambiare l’attuale ambiente sociale. Le operazioni contro l’integralismo terrorista devono essere correlate a motivazioni e soluzioni ideologiche, etniche e di politica nazionale.
La strategia vincente: nemico esterno
In Ucraina – il terzo fronte – si deve essere pronti a respingere le provocazioni di Kiev. Prima o poi, la Russia dovrà risolvere alle radici il problema della Novorossiya (le regioni orientali ucraine al confine con la Russia). D’altra parte o Kiev cadrà da sola immettendosi in una nuova guerra alle repubbliche indipendenti e per la Crimea, o dovrà abbandonare la sua irresponsabile politica pro-americana e anti-russa. Per tutelare efficacemente la Crimea e risolvere la questione del Donbass, tutto il territorio del Donbass deve essere liberato: se la guerra sarà inevitabile, Mosca avrà solo un compito, quello di vincere il più presto possibile e nel modo più efficiente possibile. Creando una regione amica e alleata della Russia da Odessa a Kharkov. Sia la creazione di stati indipendenti sia la loro inclusione nelle terre di Russia, saranno considerate come una vittoria. Il destino dell’Ucraina centrale e occidentale non è importante.
Per quanto riguarda il secondo fronte turco – oltre alle strategie operative militari, che non è compito degli analisti discutere – la Russia deve prestare attenzione a due fattori principali: la politica di opposizione al regime di Erdogan che, nelle circostanze attuali, è diventata un alleato naturale, e il problema fondamentale per la Turchia, i curdi. Entrambi i fattori sono fondamentali per il successo nel conflitto russo-turco. È estremamente importante una forte propaganda antiturca nella società russa, sottolineando che costantemente gli Usa e i suoi sostenitori (Erdogan) sono responsabili dell’escalation del conflitto della regione, e che Mosca, in ogni caso, non considera i turchi proprio nemico. E’ un fatto che qualsiasi parallelismo con la guerra russo-turca, anche in casi interni, serve, al contrario, soltanto ad unire le masse turche ad Erdogan e rafforzare il nemico. Al contrario, sostenere le opposizioni politiche turche contrarie al neo-ottomanesimo di Erdogan potrebbe essere decisivo. Allo stesso tempo, ovviamente, la Russia deve intensificare la collaborazione con i curdi, in quanto forza preponderante di opposizione in Turchia.
Infine il primo fronte, Siria. Non abbiamo accidentalmente messo la guerra in Siria alla fine della “strategia vincente”. La forma più acuta di conflitto, è sempre la più concreta e piena di dettagli tecnici e militari. Tuttavia, ogni cosa dipende sempre dalle indicazioni sociali, dai successi locali e dall’ambiente esterno. Abbiamo visto che la Russia ha un importante alleato regionale, il mondo sciita, che è rappresentato principalmente da Iran e Hizbollah libanese. Si deve fare del nostro meglio per approfondire quest’alleanza. Ovviamente, non sono soltanto i russi che capiscono tale valore, ma anche le forze pro-americane in Russia o in Iran, che quindi cercano di fare tutto il possibile per riportare la divisione tra alleati. Dovrebbero essere combattute sul nascere.
Ancora. I russi hanno bisogno della politica, preferibilmente di alleanza militare e di sostegno economico, da parte dei paesi del gruppo multi-polare BRICS. La Cina svolge un ruolo speciale lì, preferendo non essere all’avanguardia nell’opposizione, ma comunque pronta a sostenere Mosca, rimanendo in disparte. Molte cose in Siria ora dipendono dalle relazioni Mosca-Pechino che hanno bisogno della massima attenzione.
La Russia non ha alcuna possibilità di rendere i paesi europei dell’Ovest a pieno titolo suoi alleati in Siria, in quanto l’influenza Usa su di loro è troppo grande. Tuttavia, qualsiasi allontanamento da Washington da parte delle potenze europee (soprattutto Francia, Germania e Italia) seminando differenze linee in seno alla Nato sarà molto utile a Mosca. Di questi tempi l’Europa continua a veder crescere l’ondata di partiti e movimenti populisti o di destra, generalmente amici alla Russia. La propaganda russa in Europa durante la guerra ha un’importanza particolare.
In Siria la Russia affronta forze apertamente sostenute da Arabia Saudita e Qatar. Poiché il Qatar è coinvolto nel disastro dell’aereo con i turisti russo abbattuto sopra il Sinai, la Russia deve prestare particolare attenzione alla destabilizzazione di tali regimi. In determinate circostanze, un attacco diretto al Qatar e l’aiuto militare agli Huthi nello Yemen, nonché agli sciiti in Bahrein, non può essere escluso. L’ invito di truppe russe in Iraq e in Libano dai rispettivi governi è di cruciale importanza strategica; esso contribuirà a condurre una guerra su vasta scala contro le basi principali dei terroristi dello Stato Islamico (Isis) e a spezzare le loro strutture di collegamento con la Turchia e i paesi del Golfo.
La Russia è già in guerra in Medio Oriente, e quindi deve essere riconosciuta la necessità di utilizzare l’intero arsenale dei mezzi a disposizione, ritalizzando, innanzi tutto, le reti di intelligence volte a promuovere gli interessi della Russia nella Regione (economici, ideologici, d’informazione). Questa guerra ha un convitato di pietra: il dispositivo bellico militare russo. Un arsenale che, grazie a Dio, i “riformatori-liberali” degli Anni Novanta non sono riusciti a distruggere. E’ naturalmente buon senso comune il non usarlo mai. Temendo l’eventualità di una distruzione completa, gli Stati Uniti dovranno affrontarsi con la Russia nel rispetto delle regole.
Settimo fronte. I cittadini Usa contro il governo federale
E’ importante avere coscienza che esiste anche un settimo fronte. Quello partecipato da cittadini statunitensi che sono critici con un’elite che professa l’ideologia mondialista, gettando gli Usa in guerre sanguinose, oppure distruggendo la tradizione culturale europea. Questa “Nuova America”, che serve gli interessi dell’oligarchia finanziaria globale e che non ha alcuna cultura o identità, sta distruggendo la vecchia America.
Il sostegno alle forze tradizionali che negli Usa pretendono la tutela dell’identità americana è un compito importante per la Russia. Il suo alleato negli Stati Uniti è il popolo americano che denuncia le molte contraddizioni accumulate nella sfera sociale e nelle relazioni interetniche. La maggior parte della società americana non accetta la degenerazione morale. Il Governo federale utilizza ogni occasione per cercare di abolire, ad esempio, il secondo emendamento della Costituzione che permettendo agli statunitensi di tenere e trasportare armi.
Anche la crescente percentuale di popolazione di cosiddetti latinos, per lo più cattolici, può portare il pubblico americano a una nuova identità non è ostile alla Russia. La Russia dovrebbe coinvolgersi attivamente in campagne per influenzare positivamente la società americana, anche divulgando la posizione russa sulla guerra, perché i russi e gli americani hanno un nemico comune: una elite, maniaca e satanica, che ha usurpato il potere e sta portando l’intera umanità, compresi gli americani, verso l’inevitabile catastrofe.
I risultati delle azioni di questa elite sono evidenti: con l’intero Vicino Oriente è già coperto di sangue, non sono più in grado di stabilire un ordine qualsiasi. Anzi: l’élite globalista (il CFR, i neocons, l’oligarchia finanziaria di Wall Street), sta producendo ovunque soltanto caos, devastazione, morte e dolore. La distruzione di un tale cancro che attenta all’umanità è un problema per il mondo intero. Anche per gli stessi americani, che non sono soltanto i suoi strumenti ma anche le vittime.
Dov’è la città?
È tutt’altro che facile vincere questa partita. Purtroppo il nome di questo gioco è “la Grande Guerra”. Tuttavia, quando la grande guerra bussa, può essere evitata solamente accettando la schiavitù con un deliberato riconoscimento della sconfitta. La storia russa non ha avuto momenti come questi. Per quanto possa sembrare strano, in qualche modo i russi la sono sempre cavata. Non stiamo parlando esclusivamente del confronto geopolitico, ma anche della ridistribuzione delle sfere di influenza e la soddisfazione degli interessi nazionali. Si tratta di qualcosa di molto più profondo e importante.
Tutte le religioni hanno un capitolo dedicato alla fine dei tempi e la battaglia finale. I cristiani, così come gli ebrei e i musulmani, associano gli eventi del ciclo con la grande guerra. Inoltre, invariabilmente tutte e tre le religioni descrivono il Vicino Oriente come il luogo della grande guerra, come il campo di Armageddon e i territori confinanti. Per i musulmani a Damasco, la grande moschea degli Omayyadi è considerata il luogo dove la seconda venuta di Cristo si terrà. Così la guerra in Siria possiede anche un senso escatologico. Dopo tutto la Siria è una parte della cosiddetta Terrasanta, dove il Salvatore ha fatto il suo ingresso nel mondo. Anche per gli ebrei, in attesa dell’arrivo imminente di Moshiach, l’escalation della violenza in aree critiche per l’esistenza di Israele, ha un significato escatologico. Tra i protestanti nordamericani, i cosiddetti “dispensazionalisti” considerano l’ultima battaglia come l’invasione di Gogh, l’esercito del Nord Gogh (inteso come la Russia), della terra santa.
Infine, i monaci del Monte Athos e i santi greci, come san Cosma Aeolian [1] o padre Paisios del Monte Athos, hanno ripetutamente predetto l’attacco delle truppe russe e il crollo di Costantinopoli e della Turchia. Sant’Arsenios di Cappadocia in Faras aveva predetto ai fedeli la perdita della loro patria, che però verrà riacquistata: “Giungeranno truppe straniere, crederanno in Cristo, non conosceranno la nostra lingua… Chiederanno: dov’è la città?” [ 2]. Una profezia che fa riferimento all’esercito russo in avvicinamento a Costantinopoli. In una delle conversazioni padre Paisios ha detto: ” – so che la Turchia crollerà. Ci sarà una guerra tra due anni e mezzo. E sarà vittoriosa per noi ortodossi. – Geronzio, possiamo tollerare danni durante la guerra? – ehi, tutt’al più prenderà per sé una o due isole, ma ci restituirà Costantinopoli. Vedrai, vedrai!” [3]
Di recente, uno o due anni fa, tutte queste predizioni avrebbero provocato soltanto una scrollata di spalle: ‘che avola!’. Ma oggi: il sangue viene versato nel Vicino Oriente; ci sono operazioni militari intorno Damasco; i russi non sono una presenza virtuale, ma combattono in Terrasanta; il conflitto con la Turchia è iniziato e non può essere escluso che porterà ad una vera guerra. Secondo una prospettiva escatologica è giunto il tempo del ritorno ai luoghi santi, in terra santa, a Costantinopoli e a Kiev. La dichiarazione che non stiamo vivendo nella fine dei tempi ora sembra non scientifico. Ma, come disse il Vecchio Paisiuse: “Vedrai, vedrai!”
Quindi, vedremo. Dunque, dov’è la città?
Note
[1] Zoitakis A. Life and prophecies of Cosmas Aeolian, 2007
[2] Χριστόδουλος Αγιορείτης, ιερομοναχος. Σκέυος Εκλογής. Άγιον Όρος, 1996.
[3] Zoitakis A. Father Paisius told me…, 2003
http://katehon.com/…/principles-and-strategy-coming-war-par…
L’analisi è intelligente, con poche sfasature e imprecisioni. Le proposte, invece, sono deliranti, un neocon in salsa russa. Ho sempre disprezzato Dugin da quando lessi questo: http://xoomer.virgilio.it/controvoce/fascismoimmenso-dugin.htm Speriamo che Putin non lo ascolti. Comunque bisogna stare in guardia: i pazzi stanno da una parte e dall’altra.
Dugin non è fascista.
Cambiate per piacere quel titolo indecoroso.
I russi hanno le palle: e gli italiani?
Leggendo le proposte, ossia la seconda parte dell’articolo, si capisce chiaramente che è un irrazionale, guerrafondaio, antidemocratico, sostenitore di purezza etnica e religiosa, sedicente portatore di una morale da espandere nel mondo, dunque un fascista in senso puro e tecnico.
Io non uso facilmente la parola fascista, anzi sono criticissimo con l’uso “antifascista” della parola fascista, per indicare ogni male, vero o presunto; la uso soltanto per indicare i fascisti fascisti. Oltre 5 anni di appello al popolo testimoniano questa mia abitudine.
La posizione di Dugin è molto pericolosa -parlo delle proposte e della volontà espresse in questo articolo – e va tenuta sotto cotrollo e, a mio avviso, dovrà comportare l’allontanamento drastico da Putin, qualora Putin decidesse di voler seguire le idee di questo psicopatico o idee simili (ma non credo proprio che accadrà nel futuro immediato, diciamo due o tre anni). Non vedo nelle idee di Dugin niente di diverso da quelle dei neocon rispetto alle quali esse sono esattamente simmetriche. Se la Russia prendesse questa impostazione (e ripeto che non ci credo minimamente), USA e Russia si scannassero tra loro (noi ,invece, dobbiamo restare fuori comunque)
Aggiungo che non soltanto le proposte esprimono una volontà di guerra, un pensiero apocalittico-irrazionale, una tendenza antidemocratica, illiberale (nei principi sacrosanti del liberalismo e non nel “liceitismo”, che è un’altra cosa), una concezione etnica e religiosa, nonché l’idea di una morale russa da espandere nel mondo (ma come sappiamo la morale non cammina senza basi; non è soltanto la morale “americana” a camminare tramite le basi), idee che assieme considerate sono fascismo allo stato puro (gerarchia e corporativismo o simili sono quasi corollari di queste idee,per niente negativi e compatibili,almeno astrattamente, con la democrazia), bensì lo stesso Dugin nel 1997 si dichiarò fascista e disse che c’era bisogno di un fascismo russo ( http://xoomer.virgilio.it/controvoce/fascismoimmenso-dugin.htm ). E mi sembra che la volontà e il pensiero che esprime nella seconda parte di questo articolo sia perfettamente coerente con la proposta del 1997.
non conosco questo Dugin, ma questa analisi è assolutamente razionale, non capisco dove siano gli elementi di pazzia visti da dandrea. sono sotto attacco. un attacco che è spietao e che vuole essere nei fatti all ultimo sangie. forse molti non se ne sono ancora accorti. a questo si puo reagire come sta facendo l europa, che si è prostrata e prostituita. ma non è detto che lo vogliano fare anche i russi. potrebbero voler resister fino all ultimo. cosi come i veri pazzi, ben descriti da questo Dugin, potrebbero voler giocarsi tutto. come fermare tutto questo ? forse lo possono fare solo le persone, i popoli europei, la gente d america e di tutto il mondo che dovrebbe pretendere la cacciata dei veri criminali. ma succederà ? o succederà in tempo ?
@stefano.dandrea
Dugin è un nazionalista bolscevico: fondamentalmente un “rivoluzionario conservatore” , cerca di pescare il consenso dalle destre populiste tipo Le Pen (vedi delle sinistre alfabetizzate in giro?) in ottica anti-globalista su una proposta politica socialista-statalista e rispettosa delle identità etniche.
Non so se gli eccessi nelle sue dichiarazioni dipendano da una sua esaltazione o se è parte di un preciso “gioco”: il punto è che finché la Russia non è entrato in “stato di guerra” (2013), Dugin insegnava in importanti atenei.
È un tradizionalista ed è un anti-liberale radicale (a differenza di Putin, che si dovrà ravvedere in fretta…).
I nazifascisti son sempre stati i liberali: “noi”.
http://www.maurizioblondet.it/un-marine-lo-stato-mostro-siamo-noi/
A proposito di tradizionalismo…
Dugin,
avendo tu scelto questo nome,senza dubbio conosci l’autore meglio di me.
Per mia sfortuna io conosco il saggetto del 1997, che auspicava un fascismo russo usando esplicitamente il termine fascismo (l’ho linkato sopra) e conosco queste dichiarazioni nelle quali tu stesso hai visto “eccessi” e forse “esaltazione” (“Non so se gli eccessi nelle sue dichiarazioni dipendano da una sua esaltazione o se è parte di un preciso “gioco”).
Perciò lasciami giudicare con coerenza in base a questi due elementi che mi appaiono indiscutibili. Se poi nel periodo intermedio Dugin aveva assunto una diversa posizione, postaci qualcosa per farcelo conoscere.
Resta il fatto che l’auspicio del 1997 e l’esaltazione di adesso sono indizi difficilmente trascurabili.
Leggerò con più calma l’articolo più tardi, anche se il paraguru barbone non mi ha mai convinto del tutto.
Che delusione però leggere D’Andrea che, dopo aver definito in passato folli i critici della “democrazia”, sconfessando la sua stessa storia in cui immagino che Marx e Lenin siano importanti, ora definisce “sacrosanti” i principi del liberalismo.
Mah…
Matteo, ora purtroppo sono impegnato. Questa sera o forse domani, cercherò di spiegare in che senso, secondo la mia opinione, i principi del liberalismo sono sacrosanti; in che senso il “liceitismo” è altro dal liberalismo; e quali limiti debbano avere anche le (apperenti) libertà, nucleo duro del liberalismo, in particolare quando sono poteri espressione di grande capitale.
Allora Matteo,
secondo me il nucleo duro del liberalismo si risolve nelle quattro libertà: libertà personale, di manifestazione del pensiero, di associazione e religiosa, le quali poi hanno varie specificazioni tutte riconducibili alle quattro categorie generali. Per essere contrari al liberalismo si deve essere contrari a queste quattro categorie,riconosciute dalla Costituzione con pochi limiti eccezionali. E io non lo sono, forse anche perché quotidianamente esercito la libertà di manifestazione del pensiero e di associazione.
La libertà di impresa si colloca su un altro piano, anche a livello costituzionale. Essa non implica che il cittadino possa svolgere qualsiasi tipo di attività, o che possa avere imprese di qualsiasi dimensione, o che ricorrendone i presupposti non si possa dar luogo ad espropriazione né esclude che l’attività di impresa sia sottoposta a innumerevoli vincoli, impensabili per le libertà suddette.
Altro rispetto alla libertà è la liceità penale ma anche soltanto amministtativa o civile di tanti comportamenti. Qui la deriva liberale o il liberalismo estremo, concepito come lecitismo può e deve essere sottoposta a serrata critica, una critica che è difficile soltanto perché, dovendo raggiungere un consenso maggioritario o tendenzialmente maggioritario per tradursi in norma, la critica incontra le coscienze conformate dei consumatori moderni. Realismo suggerisce di muovere da un profilo, fare una battaglia, vincerla e poi pian piano mettere in discussione altri profili, sempre rispettando la regola maggioritaria. Ovvio che la presa del potere ma anche soltanto la conquista delpalcoscenico mediatico attribuirebbe un potere conformativo dell’opinione pubblica oggi impensabile. Ma si tratta sempre e comunque di un tema secondario,perché attraverso di esso non si andrà al potere e si resterebbe sempre partito di opinione.
Né va confuso con il nucleo duro del liberalismo il potere del capitale, in particolare il potere di conformare l’opinione pubblica grazie ai media capitalistici. Qui la battaglia deve essere grande, anzi da qua bisogna partire. C’è il principio di uguaglianza sostanziale che impone di togliere il potere di conformare l’opinione pubblica al capitale. In questa materia si troverebbero molti consensi, perché tutti capiscono che se togli il potere di conformare al grande capitale, generi uno spazio di potere che può essere occupato da uomini di valore. Nessuno comunque, salvo i grandi capitalisti, si sentirebbe privato della propria libertà.
Questa è una tua personale interpretazione, che non avrebbe trovato d’accordo ne Marx ne Hegel (di cosa magari ne pensassero i Padri Costituenti magari sei più edotto te).
Il liberalismo è la forma politica che assume nell’impero britannico il vecchio giusnaturalismo aristotelico-tomista, nella forma non del diritto naturale astratto di Tommaso d’Aquino, ma nella forma concreta di fede nell’esistenza di diritti individuali inalienabili che nella loro prima formulazione (contrariamente a quello che hai scritto), cioè a quella di Locke, prevedono anche il diritto alla proprietà e quindi di converso alla libera impresa.
Ergo, per essere anti-liberali non bisogna essere dei mostri che vogliono “negare” a chichessia qualcosa, basta ragionare marxisticamente secondo categorie storiche per smontare la balzana idea per cui qualcuno, per il semplice fatto di nascere ha dei diritti i quali, guarda caso, finiscono sempre e comunque per suffragare il regime corrente. Noi abbiamo (come Italiani) la sfiga di essere figli di Benedetto Croce e quindi della diatriba fra lui ed Einaudi, ergo ci lambicchiamo la testa con quella sesquipedale balla differenza fra liberalismo e liberismo, ma basta fare una piccola ricerchina per vedere che in inglese (e il liberalismo è tipicamente una ideologia anglosassone) non esiste distinzione semantica.
E giustamente.
Come è giusto quando qualcuno dice che la nostra costituzione non ha nulla di liberale.
Vero, è probabilmente l’unica cosa bella della medesima, nella sua parte economica (ma non solo).
Storicamente hai ragione. Il libro del marxista Domenico Losurdo sostiene tutto ciò che dici e, anzi, mostra l’intrinseco legame tra liberalismo e schiavismo di Locke.
Per Croce invece il liberalismo era una concezione dell’uomo e della vita ma Croce è stato un perdente e la storia ha dimostrato che aveva completamente torto. Tra l’altro Croce difendeva queste idee da libero, mentre Gramsci le avversava in galera.
Bisogna stare attenti, tuttavia, a contestare politicamente il liberalismo senza precisare che si ammettono le quattro libertà, alle quali si riconosce valore assoluto. Si può dire, ed èlamia impostazione, che si riconosce valore alle quattro libertà, generate, almeno al livello teorico, dal liberalismo ma si riconosce un valore diverso e limitato sotto diversi profili alla libertà d’impresa,la quale, sottratta ai limiti necessari, finisce anche per rendere poco rilevanti o irrilevanti le quattro libertà. Questo secondo modo di impostare il problema, secondo me, è politicamente chiaro, meno equivoco e a mio avviso più spendibile per ottenere consenso, visto che alla resa dei conti entrambe le costruzioni ambiscono ad affermare le stesse idee o idee simili, almeno sotto il profilo considerato.
Nessun ordinamento del pianeta, nemmeno quello più “liberale”, attribuisce alle quattro libertà di cui sopra valore assoluto.
Per dire, il reato d’opinione grida ancora vendetta agli occhi di Iddio.
So che è difficile da capire per un democratico (non lo dico spregiativamente, come non lo direi ad un comunista o ad un fascista) che crede che per millenni gli uomini sono stati nell’oscurantismo ma poi hanno scoperto la democrazia e la libertà, ma QUALUNQUE regime ha un range di opinioni, di atteggiamenti, di tendenze, di libertà e di atti che non può non reprimere, pena la sua stessa sopravvivenza.
E non parlo della pura e semplice politica criminale (sbattere alla forca ladri ed assassini o similare), parlo proprio della libertà soprattutto d’opinione e di associazione che NON POSSONO E NON SARANNO MAI ASSOLUTE.
In particolare, con la democrazia liberale gli ambiti delle medesime si sono sempre più ristretti con il passare dei decenni, in particolare dopo la sconfitta dell’Europa nell’ultima guerra.
Siamo oramai allo psicoreato ed alla paura nemmeno più delle opinioni, ma delle semplici parole.
Dopo la laurea mi avevano offerto ai tempi di fare un dottorato e rimanere come ricercatore, ma ho declinato, ben sapendo che nell’Università pubblica italiana basta una parola e sei fuori.
Puoi scoparti le studentesse, ma basta che uno studente di denunzi per omofobia, antisemitismo, razzismo o quelle altre balle che vanno di moda ora e sei fottuto.