Sergey Lavrov: La Russia è stata demonizzata dall'Occidente (2a parte)
Qui la prima parte dell’intervista
Domanda: Tutti i paesi del Medio Oriente stanno seguendo dappresso il confronto Russo-Turco. I politologi locali si ricordano bene quando il Presidente Russo Vladimir Putin li ha avvertiti che questa faccenda “non se la sarebbero cavata con qualche pomodoro”. Ora, in ogni caso, le cose sembrano giunte ad una svolta inattesa. Alcuni giorni fa noi per primi abbiamo detto che avremmo voluto ripristinare qualche contatto. Questo magari è molto cristiano, ma che ne è stato del principio “occhio per occhio, dente per dente”?
Sergey Lavrov: Direi che può bastare. Continuare sarebbe come segnare goal giocando da soli. Lei e le persone con cui si relaziona fate affermazioni che sono completamente false e, procedendo da tali errate premesse, traete conclusioni sulla base delle quali valutate il nostro operato. Non abbiamo mai detto che intendevamo offrire alla Turchia il ramoscello di ulivo o nient’altro del genere. Perché avremmo dovuto? Abbiamo detto che la Turchia deve scusarsi e rimborsare i danni provocati da questo atto criminale, da questo crimine militare. Quando è stato chiesto al Presidente Vladimir Putin se la Turchia stava intraprendendo qualche iniziativa, ha risposto che loro si stanno facendo sotto utilizzando differenti canali.
Domanda: Siamo pronti a ripristinare le relazioni?
Sergey Lavrov: No, il Presidente Vladimir Putin ha detto che siamo pronti a prendere in considerazione la possibilità, ma prima la Turchia deve fare ciò che deve.
Domanda: Ho visitato il Curdistan Siriano. I Curdi iracheni e turchi vogliono sapere se la Russia è venuta per rimanere o se si tratta di una operazione a termine. Vogliono che la Russia resti, in modo che emerga in Medio Oriente un secondo polo di potere. Resteremo?
Sergey Lavrov: Un centro di potere in Medio Oriente è già stato stabilito. Non so se è il secondo, o magari il primo centro di potere. Vede, la coalizione a guida USA, percepita da molti come il primo centro di potere, sta semplicemente traccheggiando. Ho parlato con il Segretario di Stato USA John Kerry qualche giorno fa e gli ho chiesto perché hanno smesso di bombardare i terroristi e perché non hanno fatto una singola missione per interrompere le consegne di petrolio alla Turchia.
Question: E cosa ha detto?
Sergey Lavrov: Ha detto che lo stavano facendo. Sono sempre sviati dalla logica fallace secondo cui i terroristi sono mischiati alle simpatiche forze di opposizione, e che bisognerebbe evitare di colpire questa opposizione amichevole mentre si attaccano i terroristi. Ma gli ho ricordato che, alla fine di febbraio, ci avevano garantito che le unità che loro consideravano patriottiche e leali alle loro indicazioni sarebbero state ritirate dalle posizioni occupate da Jabhat al-Nusrah. Sono passati più di tre mesi, e non è stato fatto nulla. Ora ci hanno chiesto ancora diversi giorni prima di applicare il loro piano, secondo il quale tutti quelli che non hanno aderito al cessate il fuoco sono un obiettivo legittimo, senza distinzione se figurino o meno nelle liste dei terroristi. Hanno chiesto diversi altri giorni prima di rispondere, e questi giorni scadono questa settimana.
A questo punto la coalizione è quasi inattiva, mentre miliziani ed equipaggiamento continuano a transitare dal confine turco. Si sta chiaramente preparando un’offensiva, vietata da diversi accordi e risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ci dicono che le unità cosiddette “buone” sono pronte a cessare le violazioni del cessate il fuoco, ma che a tal fine dovrebbe essere lanciato un processo politico. I membri di una delegazione che è stata costituita principalmente con il sostegno turco (il cosiddetto Alto Comitato di Negoziazione) dicono che non possono partecipare ai colloqui perché il Presidente Siriano Bashar Al Assad non si è ancora dimesso. Tutto questo circo va avanti da parecchio.
Ho detto onestamente al mio collega che secondo noi stanno semplicemente cercando di ingannarci. Lui ha giurato che non è così, e che le autorità militari alla fine inizieranno a coordinare le operazioni. Lo ripeto: gli abbiamo già detto chiaramente che questa situazione non ci va bene e che non abbiamo intenzione di continuare a stare a sentire queste storielle. Abbiamo degli obblighi verso il legittimo governo siriano e verso quelle autorità, siamo là su loro richiesta, mentre nessuno ha invitato la “coalizione”. La coalizione a guida USA è stata invitata in Iraq, non in Siria. Ma i governanti siriani hanno detto (e gli Stati Uniti ne sono a conoscenza) che, se la coalizione coordina le operazioni con le Forze Aerospaziali Russe, non protesteranno ufficialmente e li considereranno come interlocutori nella guerra al terrorismo. Ad essere onesti questo è il solo fondamento legale della presenza della coalizione, per quanto fragile sia.
Tutti ammettono che le prime operazioni russe e i primi pochi mesi di intervento hanno radicalmente migliorato la situazione. La Turchia ed i nostri colleghi occidentali vogliono che questa tendenza si fermi e magari che si inverta. Non vogliono vedere il Presidente della Siria Bashar al-Assad rimanere al potere per il semplice fatto che cinque anni fa dissero che doveva andarsene, e non gli importa nulla del popolo della Siria. Ma tutti ora capiscono che non ci sarà nessun processo politico senza al Assad. La risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e varie decisioni sulla Siria, adottate sin dal 2012 con il nostro attivo coinvolgimento, non contengono alcune domanda o suggerimento relativo alle dimissioni di Bashar al-Assad. Al contrario, dicono che solo il popolo della Siria ha il diritto di decidere il suo futuro, e che il processo politico dovrebbe coinvolgere tutte le forze della società siriana senza eccezioni, incluse le denominazioni etniche, politiche, religiose e tutti i gruppi di opposizione.
Due mesi fa il Presidente Vladimir Putin ha annunciato la decisione di allentare la presenza militare in Siria dopo che l’obiettivo, ovvero prevenire la graduale disintegrazione dello stato che avrebbe condotto alla presa di Damasco da parte dei terroristi, era stato in gran parte conseguito. Le assicuro che attualmente nel paese vi sono forze e risorse sufficienti a neutralizzare le attuali minacce terroristiche. Stiamo affrontando questa questione. E’ solo importante che i nostri colleghi statunitensi capiscano la loro responsabilità. I credo che noi li stiamo mettendo con le spalle al muro. Ma è vero che sono persone molto capaci, astute ed evasive.
Se legge con attenzione i dispacci sullo schieramento delle unità militari russe in loco, vedrà che non ci siamo limitati ad arrivare, piantare le tende, sparacchiare in giro, levare le tende e andarcene. Questo dovrebbe rispondere alla Sua domanda riguardo al fatto se siamo venuti per restare o no.
Domanda: In definitiva, il Segretario di Stato USA John Kerry è stato capace di rispondere alla domanda del nostro Presidente: “vi rendete conto di cosa avete fatto” ?
Sergey Lavrov: Sa, ne ho parlato parecchio con lui. Il Segretario di Stato John Kerry è una persona con cui è molto gradevole parlare. Dallo scorso gennaio ci siamo sentiti al telefono più di 30 volte, e visti di persona quattro volte. Sono sicuro che ci sentiremo e ci incontreremo di nuovo.
Ma quando abbiamo l’occasione di discutere la situazione in Siria, insiste che “qualcosa deve essere fatto, ora”. A questo punto sono costretto a ricordargli quali sono i passi compiuti sin’ora: nel giugno 2012, il Segretario di Stato Hillary Clinton, gli Europei, i Cinesi, gli Arabi, i rappresentanti turchi ed io, firmando il Comunicato di Ginevra. Il documento affermava la necessità di lanciare un processo di transizione politica per formare una struttura unitaria governo – opposizione basata sul reciproco consenso. A quel ponto la Russia portò il documento al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per l’approvazione ma gli Americani rifiutarono di convalidarlo perché non conteneva nulla che gli permettesse di estromettere il Presidente siriano Bashar al Assad o di introdurre sanzioni contro di lui se si fosse rifiutato di andarsene. Gli ho chiesto: “perché avrebbe dovuto esserci una previsione simile? Ne avevamo parlato per sette ore, a Ginevra!”.
A quel punto gli Americani si sono rifiutati seccamente di approvare il Comunicato. Un anno dopo venne fuori la minaccia delle armi chimiche. Abbiamo aiutato a risolvere la situazione e abbiamo insistito che la risoluzione adottasse il piano Russo-Americano, con il consenso del governo siriano, per rimuovere ed eliminare le armi chimiche, includesse una sezione che approvava il Comunicato di Ginevra. Ora dicono che il Presidente Siriano Bashar al Assad sta violando il Comunicato. E’ esattamente come nel Donbass: il principio è il dialogo diretto. Ma preferiscono evitarlo. Nel Donbass le autorità evitano il dialogo, mentre qui è l’opposizione ad evitarlo. Ecco a voi i nostri colleghi occidentali.
Durante le discussioni con il Segretario di Stato USA John Kerry, gli ho chiesto perché stavano facendo gli stessi errori che avevano già fatto in Iraq nel 2003. Mi ha detto che lui al tempo era senatore che aveva votato contro quella iniziativa. Grande. Bene. Anche Barack Obama votò contro. Si, l’Iraq è stato un errore. A che mi dice della Libia? Era durante l’ ufficio di Hillary Clinton, ed anche quello è stato un errore. Hanno violato il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiudeva lo spazio aereo per prevenire attacchi, nonostante il quale loro hanno bombardato il paese con l’aviazione e alla fine hanno brutalmente assassinato il Presidente Muammar Gaddafi, non voglio scendere nel merito di che tipo di persona fosse. E’ stato un crimine di guerra. E adesso la Libia è inondata di terroristi che riforniscono le milizie, mentre le armi arrivano in Mali, nella Repubblica Centrafricana ed in Ciad.
Ma l’errore è stato, mi ha detto Kerry, non tanto nel violare il mandato delle Nazioni Unite, bensì nel non schierare truppe di terra assieme agli attacchi aerei, per consolidare la situazione e fare fuori i terroristi. Gli ho ricordato in che modo le truppe sono state portate in Afganistan ed in Iraq per combattere i terroristi, come poi hanno dovuto ritirarsi, lasciando questi paesi allo sbando, per dirla con Zhvanevsky, come donne abbandonate nello sconforto. L’Afganistan e l’Iraq sono stati abbandonati in situazioni ben peggiori: il primo sull’orlo della disintegrazione, il secondo squassato dalla guerra civile. Gli Americani concordano sul fatto che è stato un errore, ma preferiscono il chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Vogliono che seguiamo la loro agenda ma anche noi abbiamo la nostra agenda in Siria. E’ chiaro che dobbiamo cercare di coordinare i nostri approcci mostrando qualche forma di rispetto per le lezioni che la storia ci ha impartito.
Domanda: I Curdi di Turchia hanno chiesto alla Russia di rendere pubblica la sua posizione sul genocidio di Curdi in corso. Per esempio, la città di Diyarbakir, assieme a molte altre, è stata completamente rasa al suolo. In Turchia si svolge una guerra civile, ma la Russia non intercede. I Curdi siriani si chiedono perché la Russia stia rifornendo di armi Massoud Barzani [un capo curdo dell’Iraq, ndt] ma non i Curdi siriani che stanno combattendo sul serio l’ISIS. Il Curdistan iracheno è un procuratore statunitense, e Massoud Barzani è un politico pro turco che ha permesso alle truppe turche di entrare nel Curdistan Iracheno. Anche i guerriglieri del PKK, che stanno combattendo nelle Montagne di Qamdil, hanno a loro volta chiesto assistenza, almeno il tipo di assistenza diplomatica che l’ Unione Sovietica era solita fornire, se non possiamo aiutarli militarmente.
Sergey Lavrov: Stiamo fornendo questo tipo di assistenza. Probabilmente dovremmo parlare più spesso di questo problema, sebbene la portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova, menzioni regolarmente la questione del genocidio dei Curdi in Turchia durante le sue conferenze stampa.
In linea di principio parliamo spesso della posizione della Turchia sui Curdi. Chiediamo solo una cosa: che la Turchia ritiri le truppe che ha mandato in Iraq con il pretesto di rinforzare la sovranità irachena, come ha detto l’ex Primo Ministro turco Ahmet Davutoglu Questo è inaccettabile. Credo che la condotta della Turchia meriti una più elevata attenzione da parte dei nostri interlocutori occidentali. Loro credono che gli “alleati” risolveranno i problemi da soli. Questa posizione non è condivisibile. Quando la Turchia ha violato lo spazio aereo greco, dopo che la Russia ha emesso diversi fermi comunicati, il Segretario Generale della NATO Stoltemberg ha detto che “entrambi sono alleati della NATO” e possono risolvere i problemi fra loro. Primo: che ne dite di Cipro, che non è un membro della NATO, e che vede i propri cieli regolarmente violati dall’aviazione turca? Significa che se uno è membro della NATO può fare qualsiasi cosa? L’Unione Europea ha lo stesso problema: gli stati dell’Unione Europea non sono responsabili davanti al Consiglio d’Europa. Dicono che considerano le violazioni dei diritti umani solo dei membri che non fanno parte dell’Unione Europea, visto che loro hanno un procedura speciale interna alla UE.
Continueremo ad insistere che la Turchia fermi le sue attività arbitrarie in Iraq, in primo luogo riguardo ai Curdi. A parte ovvie aspirazioni neo-ottomane, ci sono anche considerazioni economiche: la Turchia cerca di stabilire un punto di appoggio (nel Curdistan iracheno) e aspetta l’esito della battaglia di Mosul per stabilire un controllo sui suoi campi petroliferi. A quel punto la Turchia aspetterà la reazione della comunità internazionale. Nel frattempo l’Iraq sarà stato fatto a pezzi, ma quello che per loro conta è che la Turchia sia ben piantata nella zona. E’ ovvio. Per questo concordo pienamente con Lei e con i suoi interlocutori curdi.
Per quanto riguarda il Curdistan iracheno, mandiamo armi per combattere i terroristi sia all’Iraq che al Curdistan iracheno su accordo del governo iracheno e con il suo consenso. Questo è l’unico principio in base al quale operiamo.
I Curdi siriani ricevono supporto aereo ed altre forme di assistenza. Francamente siamo stati attivi nel convincere il governo siriano a cooperare con i Curdi invece di tentare di restringere il loro futuro ruolo nello stato siriano, e questo tentativo non si è risolto in un completo insuccesso.
Domanda: Sig. Lavrov, la ricerca di una identità russa è una questione pressante oggi come oggi. Cosa la fa sentire russo: la lingua, la cultura, l’educazione o qualcos’altro?
Sergey Lavrov: Tutto questo. Credo che davvero non si scappi dalla lingua che si parla. Lo stesso vale per la cultura e l’educazione, visto che l’educazione è lo strumento per l’immersione nella lingua e nella cultura: che è il tipo di immersione che ti fa sentire come un pesce nell’acqua.
Certo è necessario guardare, vedere e sentire il tuo paese nella carne, per così dire. Mi è sempre piaciuto molto fare escursioni. Quando ero a scuola, dopo le scuole medie, facevamo regolarmente escursioni prima con gli insegnanti e poi da soli. Durante l’università c’erano squadre di tecnica di campeggio per studenti: in Khakasia, a Tuva, a Vladivostok, in Yakuzia. Durante le vacanze invernali andavamo a sciare nel nord: in Carelia, nella regione di Arcangelo. Ho un ricordo fantastico di quel periodo. In Carelia c’erano villaggi abbandonati, case abbandonate, perché le società di registrazione chiudevano e la gente se ne andava altrove. Noi recuperammo un cane, assemblammo una scatola, la issammo su una slitta, e il cane ci portava tutta la roba pesante. Mano a mano che racconto queste cose mi vengono in mente dettagli. E’ prezioso. E’ molto importante vedere e conoscere il proprio paese.
E’ una cosa molto positivo che la Società Geografica Russa abbia inserito questo tipo di attività fra le proprie priorità, e che sia addirittura stato creato un canale TV. Il Presidente Putin sostiene questi sforzi e offre anche una testimonianza personale. Essendo membro della Società Geografica Russa, cerco di offrire il miglior contributo possibile al loro lavoro.
Commenti recenti