La lezione di Pier Carlo Padoan al Corriere della Sera
Sulla scia di Renzi, Piercarlo Padoan, emissario FMI in Italia, si fa critico (moderato) dell’austerità tedesca, per evitare che il giocattolo unionista si rompa irreversibilmente. Gli tocca quindi pronunciare una parte di verità sulla spesa pubblica.
di NEXT QUOTIDIANO (Alessandro D’Amato)
Un paio di giorni fa Paolo Mieli in un editoriale sul Corriere della Sera tornava aparlare in maniera disinformata – come spesso gli càpita anche su altri temi – sulla spesa pubblica italiana. Oggi Pier Carlo Padoan, che in un’intervista al Messaggeroaveva già spiegato che «la riduzione della spesa pubblica è causa della minore crescita» torna a segnalare qualche piccola evidenza che continua a sfuggire ai soloni un tanto al chilo:
In Italia la spesa pubblica nominale al netto degli interessi è cresciuta durante la crisi (2009-2014) meno che in altri Paesi: solo dell’1,4%, contro un aumento del 5,7% nel Regno Unito considerato campione di austerità e del 9% medio nella Ue. In termini reali la spesa è diminuita in Italia, aumentata nell’Ue. Numerosi indicatori concorrono a dimostrare che lo sforzo di consolidamento delle finanze pubbliche sostenuto dai cittadini italiani è superiore a quello realizzato da chiunque altro nell’eurozona.
L’analisi è accessibile a chiunque sul sito del ministero dell’Economia:
Padoan torna a spiegare quanto sia stupido, tremendamente stupido continuare a blaterare sulla spesa pubblica senza rendersi conto che il suo taglio ha penalizzato la crescita e ha sottoposto i cittadini a pesanti sacrifici senza ottenere miglioramenti nei parametri del debito. E soprattutto segnala ai più ottusi che qui nessuno vuole scavare buche e poi riempirle per far crescere il PIL:
Il consolidamento progressivo è una necessità inderogabile per un Paese ad alto debito come l’Italia ma una contrazione così accelerata della spesa pubblica ha penalizzato la crescita italiana rispetto ad altre economie. Chiunque segnali che in Spagna l’economia cresce più che in Italia, per esempio, dovrebbe ricordare anche che il deficit spagnolo nel 2015 è stato esattamente il doppio di quello italiano (5,2% vs 2,6%; nel periodo 2009-2015 la media del rapporto deficit/Pil in Spagna è stata 8,3% contro il 3,5% dell’Italia). L’esperienza di molti Paesi mostra che il tentativo di affrontare la spesa senza curarsi della crescita ha avuto conseguenze di segno opposto agli obiettivi perseguiti: i cittadini sono stati sottoposti a pesanti sacrifici ma il rapporto debito/Pil è aumentato anziché diminuire.
Le cause della scarsa crescita italiana sono state ampiamente sviscerate e la maggior parte degli osservatori concorda nel ritenere che la dinamica della produttività costituisca il problema principale. Il programma di riforme del governo sta progressivamente rimuovendo gli ostacoli strutturali sedimentatisi in vent’anni di sostanziale inerzia. Ma le riforme sono come una molla: il processo di definizione, adozione, implementazione la carica; i benefici si vedono quando scatta. In attesa dei benefici, che saranno crescenti nel tempo, il Paese ha bisogno di una politica di bilancio che ne anticipi gli effetti attraverso stimoli mirati alla crescita e alla creazione di occupazione. Non si tratta di spendere soldi pubblici per scavare e riempire buche ma di sviluppare con coerenza un mix di politiche coordinate e complementari lungo un arco temporale necessariamente pluriennale: riduzione delle tasse, incremento degli investimenti pubblici, stimolo agli investimenti privati, riforme strutturali. Al tempo stesso, il rapporto deficit/Pil cala con continuità, nonostante l’inflazione — che non dipende dalle autorità nazionali — resti troppo bassa. Si fa giustamente osservare che nonostante i risultati rivendicati dagli ultimi governi nel contenimento della spesa il rapporto tra debito e Pil è cresciuto. Quanto in Finlandia e Francia, per usare dei termini di paragone.
Infine, il ministro dell’Economia ricorda che «Una crescita sostenuta e sostenibile richiede misure di sostegno alla produttività e riforme strutturali, delle quali il governo può anticipare gli effetti con una politica di bilancio giudiziosa, che continua a ridurre il deficit mentre dedica risorse al sostegno degli investimenti e dei consumi». Ecco, è proprio qui che semmai il discorso di Padoan è attaccabile: nell’efficacia dei provvedimenti del suo governo. Ma continuare a blaterare sulla spesa pubblica – no, grazie, abbiamo già dato.
fonte: http://www.nextquotidiano.it/la-lezione-pier-carlo-padoan-al-corriere-della-sera/
Commenti recenti