La disciplina italiana dei rapporti economici
“NOI CREDIAMO CHE QUESTO TITOLO TERZO SIA IL PIU’ ORIGINALE, QUELLO CHE PIU’ DEGLI ALTRI CARATTERIZZA LA COSTITUZIONE ITALIANA.
CON QUESTO TITOLO DEL PROGETTO DI COSTITUZIONE LA NUOVA DEMOCRAZIA ITALIANA ESCE FINALMENTE DALL’AMBITO RISTRETTO, TROPPO RISTRETTO DELLA POLITICA PURA PER PENETRARE NEL CAMPO DEI RAPPORTI SOCIALI, PER APPORTARVI UN MINIMO DI GIUSTIZIA SOCIALE E PER SANCIRE I NUOVI DIRITTI CONQUISTATI DAI LAVORATORI ITALIANI“. (GIUSEPPE DI VITTORIO, intervento nell’ASSEMBLEA COSTITUENTE, seduta del 7 MAGGIO 1947)
In realtà quel titolo garantiva molto di più e lo ha dimostrato. E ancor di più potrebbe garantire e garantirà dopo che, fondandosi su di esso, la miglior parte del popolo avrà fatto risorgere l’Italia.
Gli europeisti o unionisti, di destra, di centro, di sinistra, sedicenti popolari o elitisti, fascisti, comunisti, democristiani, socialisti, socialdemocratici, liberali, repubblicani, piddini, piddiellini, radicali, federalisti, leghisti, hanno gettato a mare la disciplina italiana dei rapporti economici, preferendo ad essa l’ingiusta, immorale e inefficace disciplina dell’Unione europea, senza avere alcuna capacità o volontà di cogliere le specificità, la giustizia e la profondità morale della disciplina italiana.
A noi spetta ripescarla nella profondità degli abissi.
STEFANO D’ANDREA
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