Precari e indebitati, tutti i danni delle politiche del bonus
di GIANLUIGI PARAGONE
Il primo dato lo conosciamo bene, riguarda la disoccupazione. E per quanto i numeri siano sempre oggetto di dibattito, resta inconfutabile la precarizzazione progressiva del lavoro. Trovo finanche insolito il recente meccanismo premiale a chi trova il posto di lavoro ad un disoccupato; come se il Jobs Act fosse una specie di gioco, un Joke Act.
Il secondo dato è meno noto sebbene non meno grave. Secondo una società specializzata nel recupero crediti, i cattivi pagatori crescono, e crescono soprattutto nel Centro Nord, tra le persone di età compresa tra i 36 e 55 anni. La voce principale di indebitamento è il credito al consumo, che pesa per quasi il 70%. Il restante 30 si suddivide tra crediti bancari, scoperti di conto corrente e bollette da saldare.
La combinazione disposta tra la condizione di precario (o, peggio, di disoccupato) e di indebitato crea un mix diabolico i cui effetti drammatici sono sottovalutati.
Ho sempre pensato e scritto che le due condizioni si tengono assieme e costituiscono la leva per rompere ancor più lo schema dei diritti. Quando si è indebitati la propensione è quella di accettare qualsiasi lavoro, a qualsiasi condizione. Tale schema potrà fare gola agli investitori, non alla politica cui toccherebbe altro. Toccherebbe per esempio riflettere sulle troppe linee di credito che si consentono anche a coloro che non potrebbero permettermelo. Non dissimile alla logica del credito al consumo è la logica di quei promotori finanziari che, senza curarsi del profilo di rischio del cliente, fanno firmare prodotti il cui impatto sarà disastroso per il risparmiatore. La logica della finanziarizzazione si muove sulla pelle del consumatore a favore (e che favore…) del promotore, il cui guadagno cresce sulla base del variabile. Così stiamo creando i presupposti di tensioni che la politica del bonus non disinnescherà.
Il fatto che tra le ragioni del Sì vi sia l’argomento della velocità decisionale (velocità tipica di quel mondo finanziario qui messo in discussione) mi allarma. Temo una politica che, nella fretta di arrivare a un qualcosa da vendere sul mercato del consenso, possa regalare alla finanziarizzazione altro terreno e altri strumenti. L’anticipo pensionistico è l’ultimo pericoloso passo. Gli endorsement delle banche d’affari mi fanno temere che siamo appunto all’ape… ritivo.
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