Cambi
Di Andrea Mensa
In questo mio cercherò di dare un senso al rapporto di cambio tra diverse monete.
È necessario ripartire dal mio precedente, quello sulla formazione dei prezzi, ricordando come ho teso ad evidenziare che i prezzi e il valore della moneta hanno un rapporto dialettico tra loro.
Infatti se è vero che i prezzi sono espressi con l’unità monetaria, unità di misura del valore, lo stesso valore della moneta è una funzione dei prezzi, essendo il complesso dei prezzi a determinare la sensazione del valore della moneta stessa.
Nello specifico, se ad aumentare è il prezzo del pane, quanto si rileverà sarà che il valore del pane è aumentato, ma se assieme al pane aumenta la pasta, la verdura, la frutta, la benzina e le assicurazioni, allora si comincerà a parlare di inflazione ovvero di perdita di valore del denaro.
E questo è quanto sperimentiamo nella realtà, ma un’altra cosa è importante, anche se meno evidente, e cioè che il valore del denaro non è uniforme , ad esempio, su tutto il territorio nazionale, come non è uniforme il rapporto tra vari beni.
Se il francobollo per affrancare la lettera ha lo stesso prezzo ad Aosta come a Palermo, un ceppo di lattuga ne avrà uno ben diverso, ma così anche una anguria, o altre merci tra cui il denaro.
Se uno dei beni fondamentali per l’individuo è avere un riparo, un metro quadro a Milano, però ha un costo ben diverso dallo stesso metro quadro in provincia di Enna, eppure si parla in entrambi casi di abitazioni, che è ritenuto un bene essenziale.
Ecco allora come la definizione di valore, da cui discende poi quella del valore del denaro, diventi incentrata su quella parola “ambiente” significante tempo, luogo, situazione globale.
Per cui un ambiente diverso riverbera un valore diverso al denaro, pur trattandosi della stessa moneta, ed
il valore del denaro può variare sensibilmente da un ambiente all’altro, per cui occorrerebbe considerare in modo diverso l’euro a Milano dall’euro a Palermo.
Ma supponendo anche di fare, nell’ambito dello stesso paese una media ponderata del valore di un bene come il denaro, la cosa si complica ulteriormente quando si parli di valore in termini di monete diverse.
L’ottimo per poter fare un rapporto del loro valore , sarebbe avere un bene valutato nello stesso modo nei diversi paesi, e anche internamente ad essi.
Una volta l’oro rispondeva abbastanza bene a questo requisito, benché parlare di valore dell’oro in Arabia Saudita ( dove si comprano i lingotti anche presso le macchinette automatiche) è ben diverso che parlarne in Afghanistan, dove preferiscono di gran lunga un kalashnicov ad un lingotto d’oro.
Oggi però , l’oro è una merce come un’altra, ma con l’ulteriore difficoltà della sua commercializzazione e quindi dell’avere un mercato aperto che ne stabilisca il valore.
Da noi in Italia, è molto difficile acquistare oro, e ancora più difficile rivenderlo. Le spese necessarie alla sua certificazione sia in purezza che in peso, hanno un costo che incide sensibilmente su quantità relativamente piccole come quelle che può trattare un privato.
Vendere poi le monete d’oro , rappresenta un’impresa, a meno di non rimetterci una grossa percentuale del suo valore.
Accantonato quindi l’oro come pietra di paragone si è fatto il tentativo di dedurre un rapporto di “uso comune” delle monete , prendendo come riferimento il panino con hamburger di McDonald, proprio perché rigorosamente controllato in qualità e diffuso in tutto il mondo, e da esso si deducono scarti sensibili rispetto ai cambi “ufficiali”.
Resta l’anomalia che in certi paesi McDonald è considerato un “fast food”, e quindi un ristoro di bassa levatura, ed altri paesi in cui McDonald rappresenta una catena di tutto rispetto ed un panino mangiato lì , una vera eccezione alla regola normalmente meno dispendiosa.
Ma allora, chi o cosa stabilisce i cambi ufficiali, visto che variano sensibilmente anche in tempi relativamente brevi ?
Faccio un considerazione ipotetica ma banale.
Dato che anche nel commercio tra paesi, il denaro (in qualsiasi forma sia espresso) è comunque un mezzo per facilitare gli scambi, immagino un paese al cui interno circolino beni e merci, che nessuna persona, in nessun altro paese, potrebbe desiderare.
In quel paese, quindi tutto ciò che rappresenta un bene commerciabile, non vale nulla all’esterno del paese.
Un simile paese sarebbe economicamente isolato, non avrebbe cioè alcuna ragione di scambio con gli altri paesi.
In questo caso allora, sarebbe impossibile stabilire un rapporto di cambio qualsiasi, ma, sarebbe anche inutile farlo, non avendo il paese nulla da vendere. Potrebbe anche voler comprare qualcosa dall’estero, ma con cosa lo pagherebbe ? quindi commerci totalmente assenti non richiedono denaro.
Di qui si deduce che, il cambio tra monete, ha senso solo se i paesi hanno qualcosa da offrire , oltre che da richiedere, sul mercato internazionale.
Dato che con questo mio voglio analizzare la teoria dei cambi, tralascio il come sia nato l’attuale sistema monetario avendolo già trattato su :” La moneta di scambio internazionale” pubblicato qui su “Appelloalpopolo”.
Quindi per comprendere questo meccanismo occorre avere ben chiaro che esso parte dalla necessità, da parte di operatori di un certo paese, di acquistare dei beni in un altro paese, e altre situazioni che vedremo in seguito.
In questo caso, le banche centrali, alimentate dalle richieste provenienti dalle varie banche, agiscono come veri e propri allibratori, in quanto ci saranno operatori che vorranno acquistare moneta straniera, ma anche operatori che vorranno vendere moneta straniera ottenuta vendendo beni in quei paesi.
Di qui nascono le differenze di quotazione delle monete, da parte di diverse banche centrali, benché a compensare eventuali grosse differenze provvedano sia le stesse banche centrali, sia gli operatori, i quali possono ad esempio trovare più conveniente acquistare sterline pagandole in euro a Londra piuttosto che presso la propria banca in Italia o in Francia.
E questo semplicemente perché presso la BoE sono stati richiesti molti euro, contro sterline, e quindi gli euro essendo stati richiesti maggiormente sono quotati di più qui che presso la BCE, presso la quale magari le sterline scarseggiano.
Le monete quindi costituiscono un vero e proprio mercato, con tante piazze collegate tra loro e intercomunicanti, proprio per evitare grosse differenze di quotazione tra di loro.
Come tanti vasi comunicanti, che tendono ad assumere tutti lo stesso livello, benché ogni contenitore abbia i suoi ingressi e le sue uscite.
Dato che il richiedere sul mercato dei cambi, una certa moneta, presenta un costo variabile a seconda delle richieste di tale moneta del momento, tutte le banche centrali tendono a costituirsi una riserva delle principali valute, tanto che tale “polmone” serva ad ammortizzare le variazioni dovute alla volubilità del mercato.
La cosa però è complicata da tre fattori: le rimesse degli immigrati, gli acquisti di beni immobiliari in paesi stranieri, e il turismo.
Un immigrato che lavori in Italia e spedisca le banconote guadagnate al suo paese elude questo meccanismo. Se fosse solo UN immigrato la cosa sarebbe trascurabile, ma si tratta di migliaia e migliaia di persone che spostano quindi cifre considerevoli.
La stessa cosa accade con il turismo di Italiani all’estero, persone cioè che portano denaro all’estero, al di fuori del controllo dell’autorità monetaria .
Il vincolo costituito da una cifra massima in contanti, non ha senso solo per cosa riguarda la lotta alla criminalità organizzata, ma anche per tenere sotto controllo la quantità di denaro circolante nel paese.
Altro modo di esportare illegalmente capitali, è legato alle esportazioni, con il trucco di sotto fatturare, e farsi pagare la differenza nel paese di arrivo.
Questo è praticabile anche col denaro “nota” perché solo una eventuale indagine approfondita potrà rivelare se quantità e prezzo erano coerenti con le merci esportate.
Quindi esistono possibilità che il denaro generato dal sistema bancario di un paese, esca dal paese stesso senza che le autorità monetarie ne vengano a conoscenza.
Ne verranno al limite a conoscenza quando questo denaro, nel paese straniero verrà “venduto” in cambio di altra valuta, il che vorrà dire che la banca centrale dovrà privarsi di parte della sua riserva di valuta straniera per rientrare in possesso delle proprie banconote.
Se ricordate la ragione sopra esposta, per cui tale riserva viene fatta, ci si renderà conto che essa richiede che altri beni prodotti nel paese, e quindi parte della ricchezza reale creata, vengano venduti all’estero, per ricostituire tali “riserve”.
Quindi, se il mercato delle valute, stabilisce il valore delle stesse, sulla base della richiesta e dell’offerta, il valore della valuta di un paese, finisce col rappresentare quanto ciò che è prodotto in quel paese è desiderato dalle persone del resto del mondo.
Ma non solo. Dato che quei beni sono prezzati nella moneta locale in base al valore della moneta stessa, ecco che il prezzo di quegli stessi beni, nella moneta locale, risentiranno anche del complesso dei prezzi delle merci di più comune uso e consumo, che alla fine costituiscono la base per determinare il valore della moneta .
Per questo che alla fine, il valore di una moneta, rappresenta bene sia la stabilità che la capacità di quel paese di produrre beni appetibili non solo in patria, ma anche nel resto del mondo. In altre parole la forza economica del paese stesso.
Un particolare rilevante in questo discorso è legato a quella che, almeno per ora, è considerata la più valida moneta di scambio internazionale, e cioè il dollaro ( anche se prevedo ancora per non molto).
E vediamo con quale meccanismo , il suo paese di origine, esporta tramite essa, l’inflazione.
Ricordo come il “processo” inflattivo, come l’ho definito, può avere diversi “inneschi” che, se poi il resto delle situazioni sono favorevoli, dà il via alla famosa spirale dei prezzi. E che una delle possibili cause è proprio l’aumento del prezzo delle materie prime.
Chi prezza delle proprie merci in dollari, ma generate in un paese diverso dagli USA, si preoccupa innanzitutto di poter cambiare in seguito i dollari ricavati dalla vendita di tali merci, nella propria moneta, per poter avere il guadagno previsto.
Ora supponiamo che il dollaro, per le esigenze interne o per missioni all’estero, si stia valutando in quanto ci si trova sul mercato dei beni con più denaro che valore di beni reali offerti. I prezzi salgono e quindi il valore del dollaro scende.
Chi assiste dall’estero a tale processo, molto interessato perché dal cambio dollaro/moneta locale, dipenderà poi il suo guadagno, innalza i prezzi della quantità che prevede il dollaro perderà nel tempo tra il momento attuale e quello in cui lui potrà cambiare i dollari ottenuti dalla vendita.
Il mercato dei cambi, però ha la stessa funziona sui rapporti del momento, e non su quelli futuri, per cui i paesi importatori, che avevano prenotato tali merci, se le ritrovano con prezzi maggiorati, pur col dollaro scambiato ancora ai livelli precedenti.
Un po’ cosa accade, come ho già descritto a proposito del processo inflattivo, cosa fanno quegli attori del mercato ch stabiliscono loro stessi il prezzo delle loro prestazioni nel momento in cui iniziano a salire i prezzi, e cioè tendono ad anticipare gli aumenti.
Questo fatto causa un aumento secco di quei beni importati, e quindi l’innesco possibile della spirale inflattiva. Ed ecco come l’inflazione USA, grazie al fatto che il dollaro sia moneta di scambio mondiale, esporta la sua inflazione all’estero.
I fatti della settimana si possono riassumere in un po’ di notizie che sembrano un po’ di fantascienza, ma visto che nessuno dei responsabili smentisce, c’è da presumere che siano vere.
Pare e la notizia sembra sempre più confermata, che l’Irlanda abbia emesso di sua iniziativa, la bellezza di 51 miliardi di euro, e che la BCE avvertita del fatto,non abbia fatto una piega.
La cosa veramente fuori da ogni regola e principio, pare non abbia causato reazioni nemmeno in Germania e Francia. Aspettando ulteriori conferme, per ora prendiamola per buona, come l’anticamera del dissolvimento dell’Euro.
Ma dall’altra parte dell’oceano non stanno meglio.
Geithner ha annunciato al congresso che se non viene concesso al tesoro di emettere nuovi titoli oltre il tetto dei 14,294 trilioni di dollari, gli USA saranno in default ad aprile perché non c’è più soldi in cassa per pagare i titoli ch scadranno in tale data. Alla risposta dello Specker della camera, che sostiene che le risorse vanno reperite facendo tagli, Geithner ha replicato ch ei tagli potranno dare effetti al massimo nel 2012, mentre i soldi servono adesso. Vedremo chi la spunta.
Servono anche altri soldi per salvare molte metropoli, tecnicamente già fallite in quanto non hanno risorse per rimborsare i MUNIBOND, mentre anche la California, l’Illinois e lo stato di New York, sono di fatto già falliti.
Evviva la tripla A al debito della FED.
Poi succedono cose incomprensibili tipo quanto accaduto in seguito all’annuncio del CME ch eha alzato i margini sui derivati sui metalli, cosa che ha causato un crollo del prezzo dell’argento del 10%, SENZA AUMENTI DI VENDITE. E questa è la cosa straordinaria, perché i prezzi scendono quando si vende tutto e tutti, ma pare che stavolta sia sceso solo per volontà dello spirito santo.
Altra cosa strana è legata ai forti aumenti dei prezzi di quasi tutte le materie prime, ma sembra che vengano acquistate e lasciate in deposito perché i noli delle navi continuano a scendere, quindi si trasporta meno, ma anche l velocità delle navi viene ridotta. Il sole 24 ore aveva annunciato trionfalmente di aver scoperto l’arcano. Erano entrate in mare un certo numero di nuove navi, per cui ….. già peccato che per provocare una simile caduta ce ne sarebbero volute qualche centinaio, che però nessuno ha visto.
L’ultima perla dagli USA è la nomina al ministero per il lavoro di Immelt che passa da CEO della General Elettric al team di Obama. Quali le sue referenze ? aver licenziato dall’inizio crisi 31000 persone. Complimenti Obama, proprio l’uomo giusto al posto giusto!!
E con questo, chiudo questa mia e vi do appuntamento alla prossima settimana, con un argomento “caldo”.
Nel momento che il dollaro ha cominciato ad essere usato come moneta internazionale, sempre più dollari uscivano dagli stati uniti; questi dollari non erano regalati ma dati in cambio di merci, quindi questo processo ha arricchito gli stati uniti.
Chi comprava queste merci straniere era il mercato americano.
Ma il mercato americano, a sua volta, da dove si approvvigionava di tutti questi dollari ? Immagino dal sistema bancario, ma se è così ci dovrebbe essere un debito enorme del mercato americano nei confronti delle proprie banche.
Come fanno gli americani a gestire questo enorme debito, con i pochi soldi che gli sono rimasti dentro gli USA ? Per ogni dollaro dentro gli USA ce ne sono più di 20 fuori dagli USA. Se per ogni 20 e rotti dollari che rappresentano in qualche modo il debito che gli americani hanno fatto con le proprie banche commerciali per comprare merci straniere, c'è un solo dollaro dentro gli USA, come fanno a ripagarlo, questo debito ? I soldi non l'hanno più, li hanno spesi quasi tutti all'estero.
A meno che gli americani non abbiano esportato, circa nella stessa misura in cui hanno importato, per cui le due cose si bilancerebbero tra loro; ma in questo caso gli USA non avrebbero ottenuto vantaggio dal dollaro internazionale.
Cos'è che non riesco a far quadrare ?
@ iacopo67
hai messo un dito sulla piaga, ma devi anche considerare un'altra cosa:
quando un europeo, che ha ricevuto dollari in cambio, metti, di sedie acquista delle azioni a wall street, con cosa le paga ? dollari, quindi che ritornano in patria.
nel suo film michael moore "capitalism" una frase mi colpì quando menzionò il fatto che il 12/9, il giorno dopo l'attentato alle torri, quando erano stati vietati TUTTI i voli commerciali, per ordine di Bush direttamente, tutta la famiglia Saud riempiendo un certo numero di aerei, lasciò gli USA. motivo : tale famiglia possiede il 7% degli Stati Uniti come valori immobiliari. quindi , tutti dollari usciti in cambio di petrolio e rientrati comprando un pezzo di U.S.
poi ricorda anche che le famiglie americane sono proprio le più indebitate al mondo e che i debiti personali superano il 100% del PIL.
pensa poi agli acquisti di TBOND da parte di Cina, Giappone, etc… anche quelli sono tuti dollari usciti, ma rientrati.
bastano tutte queste considerazioni per farti capitre che, oltre i QEn della FED, l'emettere dollari è vero che alimenta l'uscita verso l'estero, ma anche il loro rientro in patria.
è un po' come il nobile decaduto che organizzava le visite guidate nel suo castello, per racimolare di che vivere, al quale uno dei visitatori un po' impertinente, che aveva saputo delle difficoltà economiche del nobile , che chiese indicando le vetrine con l'argenteria :" ma perchè non la vende ?" al che lui rispose "già fatto 5 anni fa".
ecco, nel conteggio della bilancia dei cambi, bisognerebbe anch esempre tener conto di quanta argenteria si trova ancora al suo posto, ma ha già cambiato proprietario.
Eppure, nonostante tanti dollari siano anche rientrati negli USA, sono sempre una quantità enorme quelli che non sono rientrati ( sempre che sia vero che per ogni dollaro dentro gli USA ce ne siano circa 22 fuori dagli USA ), per cui mi domandavo se ci fossero altri meccanismi per cui i dollari finissero all'estero ( forse scambi di monete tra banche centrali, dollari dati in cambio di valuta estera…? ).
Provo a dirla in altre parole:
se gli abitanti di un paese hanno in tutto 100 monete, che rappresentano il debito che quegli abitanti hanno colla loro banca, e quelli decidono di usarli comprando roba da un altro paese, spendendo 99 monete, il risultato sarà che si ritrovano una sola moneta e un debito di 100 monete. Mettiamo pure che ci sia un ritorno di monete nel paese vendendo merci, e che 4 monete tornino indietro; a questo punto ci saranno in quel paese 5 monete, mentre le altre 95 sono all'estero, a fronte di un debito di 100.
Avere 5 monete su 100 prese a prestito significa averne, come proporzione, una su venti prese a prestito, circa la stessa percentuale di dollari che detengono gli americani rispetto ai dollari che non detengono più, nonostante tutti i dollari rientrati.
Ora, anche se il commercio estero continua, e ci saranno continuamente monete che entrano e che escono, se però la sproporzione continua a rimanere più o meno a quel livello, non capisco come si possa gestire un debito di 100 avendo in mano solo 5.
Siccome la sproporzione, così, a sensazione, mi sembra troppo esagerata, per essere sostenibile, mi viene da pensare che ci deve essere qualcos'altro di cui non sono a conoscenza.
Per esempio, mi chiedo; tutti i dollari che esistono sulla terra, corrispondono effettivamente a un debito dei cittadini statunitensi nei confronti delle proprie banche commerciali ?
Forse esiste qualche meccanismo che permette ai dollari di andare all'estero senza costituire debito per i cittadini americani ?
@ Iacop67
attenzione a non ragionare di nuovo come se il denaro CONTENESSE il valore, come è nel sistema aureo o a riserva 100%.
il denaro è un certificato di credito, nel "sistema fiat".
quante cambiali puoi firmare tu ? penso che gli unici limiti siano la resistenza del tuo braccio, e la fiducia di chi le incassa.
questa è la ragione per cui, nonostante la quantità enorme di denaro emesso dal sistema monetario americano, l'inflazione è relativamente bassa.
se tuttii dollari e i Tbond ch esono all'estero, tornassero negli USA, cercando di acquistare qualcosa, allora vedresti l'inflazione schizzare come una molla verso il cielo.
ma fintantochè restano "fuori" all'interno non nuociono. appunto come una massa enorme di cambiali, detenute ma non incassate.
ps. il fatto che tale denaro esista, circoli, e potenzialmente possa rientrare in USA, come certamente farebbe se il dollaro smettesse o anche solo diminuisse la sua qualifica di moneta internazionale, è il più grosso patema di Bernanke, e del ministro de tesoro.
debito non solo dei cittadini, ma pensa alle multinazionali, alle società ……. lo so che la cifra è spaventosa, ma pensa anche che quella è la più grossa economia del pianeta.
Forse ho trovato il modo più semplice per esprimere il mio dubbio;
Secondo te, è corretto dire che il mercato USA ( cittadini, multinazionali, etc. ) nel suo complesso, abbia un debito nei confronti del proprio sistema bancario equivalente a circa 23 volte ( più gli interessi ) la massa monetaria negli USA ?
@ iacopo67
no e ti faccio un esempio, per farti capire, perchè tu leghi debiti e crediti solo al denaro, ma qualsiasi oggetto di valore riconosciuto, può rappresentare il valore che è debito o credito.
se porto merci negli USA, vengo pagato in dollari, e quindi escono dollari dagli USA, ma con quei dollari poi, compero un appartamento a New York, quei dollari rientrano nel mercato USA, oppure se compero dei Tbond, è la stessa cosa, escono i Tbond e rientrano i dollari.
se continui a legare il concetto di valore al denaro, continui a sbagliare prospettiva. il valore sono le merci, i beni, e anche temporaneamente il denaro, ma solo per il tempo che intercorre tra il dare un bene ed acquisirne un altro.
il denaro, non mi stancherò mai di ripetere è solo un mezzo per facilitare lo scambio dei beni, e costituisce, di regola, solo una ricchezza transitoria tra il quando lo ottengo e quando lo cedo a mia volta..
spero di esser stato chiaro, segui il post che pubblicherò martedì prossimo, potrebbe chiarirti definitivamente le idee.
"se porto merci negli USA, vengo pagato in dollari, e quindi escono dollari dagli USA, ma con quei dollari poi, compero un appartamento a New York, quei dollari rientrano nel mercato USA, oppure se compero dei Tbond, è la stessa cosa, escono i Tbond e rientrano i dollari."
Fin qua è chiaro, se i soldi tornano indietro capisco che tutto si regge, ma il punto è che pare che ci siano 22 masse monetarie USA fuori dagli USA, mai rientrati. Tu mi hai insegnato che il denaro è debito, che è un debito che noi abbiamo con le nostre banche commerciali. Immagino che questo valga anche per gli USA, allora quelle 22 masse monetarie, provo a dedurre, saranno anch'esse il debito di qualcuno.
Un debito così grande che non capisco.
Se noi, tutti gli italiani, presi da pazzia andassimo in banca e potessimo ottenere un prestito equivalente a 22 volte la massa monetaria italiana, e poi spendessimo tutti questi soldi all'estero, sapendo che questi soldi non torneranno indietro se non in minima parte, ( perchè questa è la situazione USA, quei soldi fondamentalmente non sono mai rientrati, oppure rientrano ma contemporaneamente ne riescono altri, e lo sbilancio rimane, altrimenti vuol dire che non è vero che ci sono ben 22 dollari fuori dagli USA per ogni dollaro dentro gli USA ), questo mi sembrerebbe un debito ingestibile da parte nostra.
Eppure gli americani sembra che in qualche modo siano riusciti a fare qualche cosa del genere.
Forse la risposta sta nel concetto di cui scrivi, della ricchezza transitoria del denaro, ma ho le idee confuse, proverò a leggere li tuo prossimo post.
Grazie comunque per la pazienza.
@ iacopo67
dammi la fonte di questo tuo dato, perchè vi è grossa differnza tra dire che vi sono "dollari", fuori dagli usa e "riserve in dollari" fuori dagli USA.
capirai, sulla base di cosa ti hodetto, che la differenza è fondamentale, ma sovente le due cose si confondono.
@ iacopo67
il maggior detentore di dollari, all'estero è la Cina ch ene ha circa 900 miliardi più 1300 moiliardi circa in Tbond, il secondo è il giappone, e via via a scalare.
pensare a 5000 miliardi di dollari all'estero IN DOLLARI è già esagerare, e questo non è nemmeno un decimo di M1 …. i conti non mi tornano, anche se fatti con grande approssimazione.
@ iacopo67
ho dato una controllata ai dati 2009 e M0 circa sovrapposto a M1 si aggira sugli 8000 miliardi di $.
il totale dei dollari ( dollari+ titoli+ obbligazioni) all'estero è un po' meno del doppio del PIL, quindi attorno ai 25.000 miliardi di $.
di questi già 8-9000 sono Tbonds , poi c'è tutte le obbligazioni relative all'immobiliare e sono un'altra decina di miliardi di obbligazioni, per cui arriviamo vicini a quei 5000 che ipotizzavo.
per cui i dollari in patria sono almeno il doppio di quelli all'estero…. tenuto conto di quelli rientrati come investimenti diretti nell'immobiliare e nella borsa.
decisamente il tuo dato è fuori dall'ordine di grandezza anche solo considerando M0 rispetto al debito estero.
E' quello che dico anch'io, qui c'è qualcosa che non torna.
Non ricordo la fonte, è un articolo che ho letto su internet, se lo trovo te lo faccio sapere: ricordo che a un certo punto dice : " per ogni dollaro dentro gli USA ce ne sono 22 fuori dagli USA" dal che si dedurrebbe che ci sono 22 masse monetarie USA fuori dagli USA.
Da quanto scrivi capisco che questa affermazione è sbagliata, che i dollari all'estero non sono così tanti, ora la cosa è chiarita.
Non so esattamente la differenza tra dollari fuori dagli USA e "riserve in dollari" fuori dagli USA, ma pare che anche considerando queste riserve i conti non tornerebbero comunque.
@ iacopo67
"riserva in dollari" è tutto ciò che è denominato in dollari. Tbond, obbligazioni, crediti, ecc
qualsiasi cosa che rappresenti un credito ma espresso in dollari.