Nacia tosi!
di Tonguessy
Era un uomo di quelli che ormai non si vedono più: minuto e con una gamba più corta dell'altra. Con quelle sue gambe asimmetriche (credo si trattasse di poliomielite) spingeva faticosamente un carretto a pedali. Era un carretto a tre ruote, con un cubo di legno verde e vetro in mezzo alle due ruote anteriori, e la parte posteriore con la terza ruota (in tutto e per tutto identica ad una normale bicicletta) collegata tramite snodo alle due anteriori. Il cubo, dicevo, presentava dei montanti di legno verniciato verde in cui erano inserite delle lastre di vetro. Anche il coperchio del cubo era di vetro con bordi di legno verde, e tutti quei vetri mettevano in bella mostra ciò che il poliomielitico portava in giro nel suo carretto a pedali. Che era poi l'oggetto inconfessabile dei nostri desideri pomeridiani. E vi spiegherò anche perchè era inconfessabile, ma più tardi.
Mi ricordo i gelidi pomeriggi invernali (all'epoca per i bambini c'erano solo i pantaloncini corti, e questo, assieme alla presenza di un'unica stufa in casa, rendeva gli inverni particolarmente freddi) ed il carretto verde a pedali che arrivava arrancando in quartiere. Il suo sciancato proprietario, abusando della propria voce stentorea, ci richiamava con l'inconfondibile: "Nacia tosi!" mentre con la sua pedalata improbabile trascinava il carretto fino al bordo del campetto dove noi giocavamo.
A dire il vero non era strettamente necessario che ci avvisasse, perchè il primo che avvistava il carretto svoltare l'angolo per dirigersi verso di noi informava gli altri.
Alla fine eravamo tutti lì, trafelati per la partita a calcio ancora in svolgimento e tempestivamente interrotta, con gli occhi che trafiggevano il vetro del carretto verde a pedali e la salivazione che non voleva fermarsi.
Dentro al cubo di legno e vetro c'erano tre ripiani di lamiera zincata. Sotto al ripiano inferiore, ed invisibile agli occhi perchè il vetro cominciava proprio da quel ripiano, c'erano le "bronse": le braci che scaldavano le vivande in vendita.
Poggiate sopra al ripiano superiore, che quasi chiedevano "prendimi" c'erano alcune teglie di diverse dimensioni. Quelle più grandi (generalmente 3, dimensione circa 50cm) contenevano la Nacia (castagnaccio) e quelle più piccole (circa 10cm di diametro) le Nacete. La differenza era totale: morbida e con poca uva passa e pinoli la Nacia, più secche, basse e con più pinoli e uvetta le Nacete. Costavano anche di più.
Nel ripiano di mezzo c'erano pere e mele cotte, con caramello.
Ma le mele e le pere ce le potevamo fare anche noi, a casa. Cosa che invece non era possibile come la Nacia. Oddio, si poteva pure provare: farina di castagne, latte, un po' di uvetta e pinoli. Ma non veniva mai fuori così buona come quella che ci vendeva l'uomo del carretto verde.
"Venti franchi coa zonta!"
Venti lire con l'aggiunta. Queste erano le richieste standard. Una bella fetta incartata su di un pezzo di carta bianca con l'aggiunta in bella vista.
Sennò "Diese franchi". Dieci lire. Ma senza aggiunta. Il commercio ha delle regole ferree come lo sconto quantità. Inutile insistere. Ne saltava fuori una fettina che metteva più fame che altro. E chi non aveva le dieci o venti lire? Se ne stava lì a guardare. Per questo la nacia era l'oggetto inconfessabile. L'Italia di quegli anni che io ricordo aveva il baby boom, la voglia di riscatto dopo una rovinosa guerra…ma non aveva soldi. Anche noi bambini ci arrendevamo di fronte a quella mancanza cronica.
Qualcosa si rimediava comunque, una zonta di quì, un morsichino di là…..per poi riprendere la partita da dove si era interrotta mentre l'uomo della Nacia con la sua pedalata difficoltosa arrancava dimenandosi sopra alla sella verso l'uscita del quartiere.
Alle volte mi chiedo se qualcuno al giorno d'oggi sarebbe disponibile a spingere quel carretto per pochi euro di guadagno. Sono però sicuro che lo sguardo del bambino che sa di non potersi permettere un oggetto inconfessabile è sempre lo stesso. Solo che oggi di oggetti inconfessabili ce ne sono gran pochi. E raramente di natura alimentare, mi sembra.
Articolo molto bello.
però come ce le gustavamo quelle poche cose che si potevano avere dopo averle sospirate a lungo !!
ricordo che anche a natale arrivava un , ripeto un gioco, ed era quello che avevamo guardato nella vetrina del negozio per mesi, e si conservava come una reliquia.
ch edifferenza con molti bambini d'oggi !!!
il gioco che sanno fare è spargere per casa montagne di giocattoli, e poi cercare qualcosa d'altro da fare, come se quei giochi non li riguardassero.
mi fanno pena perchè hanno tanto, ma non sanno godere nulla.
Sacre parole Andrea.
Sto evitando con cura che i miei tre gemelli abbiano "giocattoli" moderni: plasitica colorata che emette suoni metallici, ormai anche in lingua inglese (maledetti). Gran parte di quelli che hanno ricevuto in regalo li ho messi da parte e quei pochi di cui dispongono nemmeno li guardano, salvo alcuni: le costruzioni; il pallone e le palle; una macchinetta per uno;e un libricino ciascuno (la fattoria, le stagioni. Ovviamente a un anno e mezzo giocano già a chiapparella, corrono attorno al divano e al tavolo, salgono due rampe di scale e sto cercando di insegnare loro come scenderle, calciano il pallone (persino le femmine) con una forza notevole, ascoltano la musica (danzano la musica popolare di Daniele Sepe, la canzone del Che e si perdono nella soave musica classica), parlano ai cavalli e alle capre del confinante (che fortuna che ho avuto ad avere questo burbero vicino che ancora non riesco a vedere in volto!) e il maschio trascorre anche mezz'ora a "vedere" il libro della fattoria e degli animali.
Stanno male i miei bambini? Non so. Fatto sta che dormono o giocano nei lettini sedici ore al giorno e io e mia moglie non abbiamo mai dovuto svegliarci la notte.
Lottare contro la modernità è possibile e doveroso. E' il nstro dovere e il nostro interesse. Se vinceremo lo dirà la storia
Sono capitato per caso in questa pagina web perché nel motore di ricerca avevo scritto “nacia”, non ricordandomi più la ricetta di questo dolce antico, che veniva consumato prevalentemente da persone con poche possibilità economiche com’era la mia famiglia, allora composta da 8 persone di cui una zia due genitore e 5 figli, eppure non ci mancava proprio nulla,
D’inverno c’era sempre tanta neve e tanto freddo, per riscaldarci in casa avevamo una stufa a legna e carbone era una multifunzione, dove mia madre oltre a riscaldare l’appartamento la usava per fare da mangiare, per asciugare i panni e alla sera per preparare le borse di acqua calda da mettere sotto le coperte dei letti, che servivano per riscaldarci durante la notte.
il guaio era che il tepore sotto le coperte non durava a lungo ed alla mattina quando ci alzavamo da letto eravamo già tutti belli svegli perché la casa nel frattempo si era raffreddata durante la notte a causa della stufa spenta
Dato che oramai mi trovo ad avere qualche anno in più di allora, ho cercato di far rivivere anche ai miei figli alcuni di momenti di quel periodo lontano, in particolare ho voluto far assaggiare a loro i miei antichi sapori odori, legati a quel dolce unico qual è la “nacia”, che oggi risulta essere introvabile nei negozi della mia città
Anch’io come nel racconto ho vissuto quei momenti irripetibili nel mio quartiere, dove con i miei amici si interrompeva la partita di calcio quando passava l’uomino “dea nacia” con il suo carretto a tre ruote, che con 20 franchi el te dava anca ea zonta”, non solo ma anche quando passava l’altro omino in bicicletta che vendeva peri cotti caramellati, che li teneva sempre belli caldi all’interno di un contenitore termico in rame che portava dietro la schiena quando pedalava, mentre quando si fermava e gridava “peri cotti” lo appoggiava davanti il manubrio della sua bicicletta, e con un grande stuzzica denti te li serviva belli caldi uno due tre peri cotti
Roba di altri tempi sapori, gusti e odori che oggi te li devi ricreare in casa perché come già detto, oramai fuori non si trovano più questi ambulanti in bicicletta,(…uomini di altri tempi di quelli che non si vedono più in giro…..) di quei bei tempi andati che non ritorneranno mai più ma che rimarranno indelebilmente fissati nella memoria
Grazie per avermi fatto rivivere quei momenti di vita
p.s.
la NACIA l’ho fatta secondo la Vostra ricetta è risultata più buona di quella fatta la prima volta