I liberali e il liberalismo
di STEFANO D’ANDREA
In Italia c’è una certa tendenza, dalla quale talvolta mi sono lasciato catturare anche io, ad attribuire al termine “liberale” significati non attestati o diffusi altrove:
liberalismo come “concezione dell’uomo”, che farei risalire a Croce, secondo il quale il liberale era libero anche in prigione (ma Gramsci c’era in prigione e lui era antifascista a piede libero);
liberalismo come concezione politica compatbile con il socialismo. Alludo al liberale che è (si dichiara) contraddittoriamente anche socialista: Pannella e Scalfari hanno rappresentato l’esito di questa tradizione, che si è rivelata puramente liberale.
Ciò spiega la diffusione del termine liberismo, che ha la funzione di affermare che si potrebbe essere liberali ma non liberisti (Einaudi, l’idolo di fatto della seconda Repubblica, da vero liberale, lo negava).
Invece, storicamente il liberalismo è stato compatibile con lo schiavismo e ha promosso e sostenuto il voto censitario e la prima globalizzazione, la quale generò emigrazioni a non finire. Il voto universale non censitario fu imposto ai liberali dal socialismo.
Il liberalismo portò alla crisi del 1929 e infine ha promosso l’Unione europea e la seconda globalizzazione.
E’ opportuno accogliere la nozione ristretta ma storicamente fondata e diffusa del concetto di liberalismo ed elevare il concetto e la parola a nemici, perché non c’è liberalismo senza liberalismo economico. I sovranisti sono antiliberali e combattono il liberalismo. E’ un fatto che non può e non deve essere negato e che, anzi, andrà sempre più rivendicato.
L’ordoliberalismo, invece, è soltanto una variante teorica del liberalismo; non bisogna rifiutare l’ordoliberalismo; bisogna rifiutare il liberalismo tout court.
Sinceramente non mi è chiaro. Per liberalismo non si intende la corrente politica che garantisce i cosiddetti diritti inviolabili dell’uomo? quali libertà di pensiero, di espressione, di culto, di proprietà privata, ecc.
Da questo punto di vista la nostra costituzione sarebbe liberalista ma non liberista.
Rifiutare il liberalismo significa quindi che non vogliamo mantenere queste libertà?
In cosa consiste invece l’ordoliberalismo?
Non capisco. Turati, che era socialista, era contrario alla libertà economica e di commercio ma era favorevole alle quattro libertà personali. I liberali taliani, invece, per il timore dei rossi e per mantenere la libertà economica, furono quasi tutti favrevoli ad abbandnare le libertà personali e si allearono con i fascisti (salvo talvolta pentirsi). I socialdemocratici svedesi mi sembra che abbiano semre mantenuto le quattro libertà personali.
Per i rivoluzionari francesi, lo sciopero era un reato, non lo dimentichiamo. Il liberalismo è questo.
Credo che questo sia un punto fondamentale su cui soffermarsi. Con pensiero liberalista possiamo identificare quella corrente etico-politica che prevede l’inviolabilità di diritti naturali appartenenti all’Uomo, che nessuna struttura sovra-individuale (Comunità, Stato, Potere regio o religioso) può cancellare o ridurre. Il liberalismo ha come unità politico-morale l’individuo e la sua sfera d’azione. Da questo pensiero non può che derivare un atteggiamento politico-economico liberista, che non prevede cioè alcun controllo o freno da parte di entità che non appartengano alla sfera d’azione individuale. L’unità politico-morale del socialismo è, al contrario, la societas, la Comunità. Ecco perché, come è giustamente sostenuto, non è possibile vedere nel “liberalismo [una] concezione politica compatibile con il socialismo”, alludendo “al liberale che è (si dichiara) contraddittoriamente anche socialista”. I due pensieri hanno uno spazio politico-morale in perfetta antitesi. L’imbroglio dialettico nasce quando si fa coincidere il liberalismo con il riconoscimento giuridico della libertà personale: anche il socialismo prevede la libertà personale, ma le pone come limite lo spazio etica della comunità; il liberalismo non pone nessun limite al potere dell’individuo, che può oggettivamente porsi in contrasto con il resto della società. Ecco perché Turati, riconoscendo le libertà personali, non aveva alcun bisogno di abbandonare o tradire l’idea socialista. La nostra Costituzione prevede il riconoscimento delle libertà personali, ma non riconosce la supremazia dell’individuo sulla comunità nazionale. La differenza netta che deve essere espressa è tra chi agisce per la costruzione di Comunità nazionali libere e chi per la costruzione di enti statuali formati da individui assoluti (nel senso di sciolti da qualunque vincolo).
Questa è la teoria che si legge sui manuali. La realtà è diversa perché qualsiasi dottrina politica deve contemperare spazi di autonomia individuale colle esigenze della comunità. In aggiunta «tutti i concetti politici […] hanno presente una conflittualità concreta […] e sono incomprensibili se non si sa chi in concreto deve venir colpito, negato e contrastato».
Tanto il liberalismo che il socialismo (di classe, nazionale o altro) si muovono entro queste dialettiche individuando confini (storicamente variabili) tra individuo e comunità: al liberalismo individualista settecentesco fa riscontro quello statalista dell’ottocento, mentre il socialismo marxista eleva a fine supremo la dissoluzione dello stato e quindi dei rapporti di costrizione politica.
Il concetto di garanzia della libertà individuale è poi reso ambiguo dal fatto che questa viene usata per comprimere le libertà altrui (a ogni diritto garantito a un soggetto corrisponde un obbligo imposto agli altri), ed ecco che tutto il concetto liberale di libertà si fonda sulla proprietà privata che è strumento per eccellenza di dominio dell’uomo sull’uomo. Il socialismo vuole liberare gli esseri umani dalla libertà liberale, ma per farlo deve sottometterli al potere di una burocrazia centralizzata e così via.
Quando poi il liberalismo si volge a garantire la liberazione di intere categorie sociali (negri, femmine o froci) si pone nella stessa identica logica del socialismo che voleva liberare il proletariato e infatti procede tramite strumenti squisitamente illiberali come i reati di opinione e le quote obbligatorie.
Il ricercatore autentico, ateo di tutte le religioni e propugnatore dello scetticismo scientifico (Pareto), si concentrerà sulle configurazioni di volta in volta dominanti, nutrendo una sana diffidenza verso quelle religioni secolarizzate che sono le ideologie, il cui compito di gran lunga prioritario non è capire bensì plasmare, organizzare e convincere.
Articolo perfetto, se si fosse limitato al medesimo.
Poi leggi i commenti, e come sempre il carissimo SdA si lascia andare alle facezie (oddio, ancora le 4 libertà fondamentali ed i liberali fascisti no).
Va bene, rimaniamo all’articolo: eccellente.
Poi, va beh, lo so che SdA si offenderà ed inizierà ad offendere come suo solito ma ci tengo a precisare che trovo sinceramente questo breve scritto al livello di quelli che scriveva poco tempo fa, quando ancora non aveva la necessità di mostrarsi perbene.