Ucraina, un accordo USA-Russia per superare l’escalation del conflitto
di LOOKOUT NEWS (Rocco Bellantone)
L’uccisione il 4 febbraio di Oleg Anashchenko, comandante militare dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Luhansk, ha chiuso una settimana di violenti scontri nell’est dell’Ucraina. La jeep Toyota a bordo della quale si trovava il colonello è stata ridotta in cenere dall’esplosione di un’auto imbottita con 5 chilogrammi di tritolo. Nella deflagrazione è morto anche un altro uomo. Anashchenko è solo l’ultimo degli alti ufficiali delle milizie separatiste del Donbass a essere stati eliminati negli ultimi mesi.
Prima di lui, il 16 ottobre del 2016, era toccato a Donetsk ad Arsen Pavlov, nome di battaglia “Motorola”. Ma se nel caso di Pavlov già a caldo si era fatta largo l’ipotesi di un regolamento di conto tra ribelli filorussi per il controllo dei traffici nella città, secondo i separatisti di Luhansk l’omicidio di Anashchenko sarebbe stata opera dei servizi segreti ucraini.
L’attentato ha fatto salire a oltre 35 il numero di morti registrati nel Donbass da lunedì 30 gennaio, con epicentro degli scontri la zona industriale di Avdiivka. Giovedì 2 febbraio la missione che vigila sul rispetto del cessate il fuoco nell’est dell’Ucraina per conto dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) ha pubblicato un rapporto confermando un aumento significativo delle violazioni della tregua nelle regioni di Donetsk e Lugansk.
L’OSCE ha fornito prove dell’uso massiccio di sistemi lanciarazzi multipli non solo ad Avdiivka, ma anche ad Yasynuvata, Horlivka e Makeyevka, dove nel complesso i colpi sparati sono stati 10.330. I feriti sono stati più di 80, tra cui oltre 45 civili, mentre sono stati almeno 60 gli edifici gravemente danneggiati.
La strategia degli USA
Gli Stati Uniti per il momento sembrano propensi a prendere tempo in attesa di affrontare direttamente con la Russia la questione ucraina. Per questo motivo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 3 febbraio l’ambasciatrice americana Nikki Haley ha dichiarato che gli USA sono intenzionati a mantenere le sanzioni contro Mosca fino a quando proseguirà l’«occupazione della Crimea», evitando però accuratamente di utilizzare quei toni polemici che fino a poche settimane fa avevano invece contraddistinto la linea diplomatica di Washington nei confronti del Cremlino.
Per lo stesso motivo, in un colloquio telefonico avuto con il presidente ucraino Petro Poroshenko il 5 febbraio, Donald Trump si è limitato a dire che Washington lavorerà con «Ucraina, Russia e tutte le altre parti coinvolte per aiutarle a ripristinare la pace lungo la frontiera».
Un concetto che il presidente americano aveva chiarito poche ore prima anche al segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, al quale ha confermato il sostegno degli Stati Uniti all’Alleanza evidenziando però la necessità di trovare una soluzione pacifica a un conflitto che dall’aprile del 2014 a oggi ha causato oltre 10mila morti.
In questa fase di assestamento nello scacchiere europeo, Trump sta dunque puntando a mantenere un approccio soft nel rapporto con UE e NATO rispetto alla crisi ucraina, lavorando al contempo dietro le quinte per il raggiungimento di un’intesa win-win con quello che considera il suo principale interlocutore, vale a dire Vladimir Putin.
Negli ultimi giorni diversi giornali esteri hanno definito l’ultima escalation di violenze nell’est dell’Ucraina un modo attraverso cui il Cremlino starebbe «testando» le intenzioni degli Stati Uniti. L’ipotesi appare però azzardata, perché è anche interesse di Mosca superare una fase di instabilità latente che, al netto dei toni enfatici di cui abusa la stampa russa, è innegabile che la campagna ucraina si stia trascinando dietro non solo successi di indubbio valore strategico (vedi l’annessione della Crimea) ma anche un costo economico sempre più difficile da contenere.
La ripresa dei combattimenti va pertanto inquadrata tenendo conto degli interessi pratici che le parti in conflitto – da un lato l’esercito regolare e le forze speciali ucraine, dall’altro le milizie separatiste – riversano su infrastrutture energetiche di vitale importanza per la loro sopravvivenza in tempi di guerra e con temperature sotto i venti gradi. Non a caso gli scontri si sono concentrati nella zona industriale di Avdiivka e tra i siti colpiti dai bombardamenti c’è stata la miniera Zasiadko.
Nonostante sia difficile da raggiungere, una pace conveniente per tutti è invece il traguardo a cui già nel breve periodo proveranno a puntare Washington e Mosca: un affare che né un businessman navigato come Trump né un abile stratega come Putin intendono lasciarsi scappare.
Fonte:http://www.lookoutnews.it/ucraina-usa-russia-trump-strategia/
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