Morire per Maastricht? No, grazie! Considerazioni populiste sull’euro “irreversibile” (1a parte)
di LUCA RUSSI (FSI Arezzo)
Premessa
Il titolo m’ è venuto così, solo dopo mi sono reso conto che fa il verso ad un famigerato libello di cui è autore l’ex-Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana Enrico Letta, che si intitolava per l’appunto Euro sì: morire per Maastricht, opera data alle stampe nel 1997 in piena bagarre per l’entrata-a-tutti-i-costi del nostro sventurato Paese nell’area della moneta unica, e che oggi, in piena deflazione da crisi dell’euro-zona, per ironia della sorte o giusta nemesi storica (fate voi) viene venduto a prezzo ridotto, con lo sconto del 15% (si tratta di ben 70 centesimi di € risparmiati per un totale di 3, 95 €, quindi vi conviene affrettarvi: non fatevelo sfuggire, avrete fatto un affare).
Ulteriore premessa (questa volta più seria)
Non ho intenzione di parlare di macroeconomia: non sono sufficientemente titolato per farlo, né mi interessa in questa sede. Le profonde convinzioni alle quali sono giunto in merito al fatto che l’Euro sia stato un immane disastro per questo Paese le ho maturate al prezzo di una certa fatica (stante il fatto che non ho mai fatto studi in questo ramo), leggendo i libri di autorevoli studiosi della materia, ancorché giudicati “eterodossi” (e non potrebbe che essere così, dal momento che gli altri, quelli che fino ad oggi hanno intonato peana per celebrare le sorti “magnifiche e progressive” alle quali saremmo andati incontro abbandonando la tanto vituperata “liretta”, ancora non hanno finito di traslocare tra le fila di quelli che “sono sempre stati critici”; ma è solo questione di pochissimo tempo ancora).
Il fatto è che ormai mi capita sempre più spesso di parlare con persone che, nonostante per la prima volta dopo anni comincino finalmente a capire che una gran parte dei guai che stanno passando è senz’altro imputabile all’ Unione Europea (o quantomeno alle “regole” sulle quali essa è fondata), sono comunque sempre molto timorose che un’uscita dalla moneta unica possa costituire un disastro ancora peggiore.
Insomma, l’idea che “un’ altra Europa è possibile” comincia a mostrare la corda ma l’Euro, quello ancora no: c’è ancora troppa gente che è convinta che, se dovesse essere abbandonato, allora sì che andremmo incontro a guai ancora più seri di quelli attuali!
Queste righe sono quindi rivolte a coloro che, come me solo fino a pochissimo tempo fa, sono completamente a digiuno di quei concetti fondamentali di macro-economia che potrebbero consentirgli di fare valutazioni sensate da un punto di vista per così dire teorico, ma che nonostante questo, avrebbero comunque tutti gli strumenti per farne altre di diverso tipo.
E questi strumenti, in buona sostanza, sarebbero forniti loro innanzitutto dal buon senso, e poi – perché no? – anche dalla Politica per come l’abbiamo sempre conosciuta (almeno fino a quando siamo stati portati a pensare che fosse diventata una cosa inutile, noiosa e perfino sporca, anziché un modo – molto nobile, in realtà – di interpretare la società per cercare di cambiarla).
Lasciamo perdere per ora il discorso che pure andrebbe doverosamente fatto sulla vera natura delle regole dell’Unione Europea, anche se ci porterebbe finalmente a capire che essa, perchè cambi davvero, più che essere “riformata” dovrebbe essere rivoltata come un calzino (cosa che si potrebbe fare solamente sulla base di rapporti di forza completamente diversi da quelli attuali, e con tempi troppo lunghi per noi mortali).
Ma non è tanto il fatto che la necessaria digressione storica ci porterebbe troppo lontano a spingermi a non prenderlo in considerazione, quanto piuttosto il pensiero che sarebbe forse addirittura inutile. Fermiamoci solo a considerare che, se persino le espressioni che in parte ho già citato (come “un’altra Europa è possibile”, o anche la ancor più tristemente comica – se mi passate l’ossimoro – “battere i pugni sul tavolo”) sono diventate, mentre si perdeva tempo a contestarle, irrimediabilmente abusate, vecchie e logore, vuol dire che siamo di fronte ad un elemento decisamente rivelatore del fatto che, convintamente almeno, ormai non le usa più nessuno (o quasi; qualche irriducibile c’è sempre, come quei soldati giapponesi rimasti da soli a combattere per l’Imperatore su qualche atollo sperduto nel Pacifico); e, se non le usa più nessuno, come dire, un motivo ci sarà…
Limitiamoci quindi per ora a cercare di fare un po’ di luce sulle motivazioni che portano così tante persone a pensare che con l’Euro, sia stato o meno un errore, in ogni caso ormai la “frittata” sarebbe fatta. Sulla base di quali considerazioni, infatti, dovremmo accettare l’idea che l’Euro, arrivati a questo punto, “ce l’ abbiamo e dobbiamo tenercelo” a tutti costi, tutt’al più cercando di “limitare i danni nel modo migliore possibile”?
Per quali oscuri motivi moltissime persone, tutt’altro che ignoranti o superficiali, sono ancora oggi dell’avviso che, abbandonando le rispettive monete nazionali che hanno usato per così tanto tempo, gli europei avrebbero tutti attraversato un passaggio dal quale non si può più tornare indietro?
Anche qui, non voglio certo addentrarmi nello specifico di concetti di macroeconomia come svalutazione, inflazione/deflazione, “competitività sui mercati” eccetera eccetera, per i motivi di cui parlavo prima. Tanto più che, arrivati a questo punto, se non si vuole prendere atto della gravità della situazione, quando incominciano a farti obiezioni che a dispetto delle pretese denotano la assoluta mancanza di padronanza di quei concetti di cui sopra (sul tipo: “andremmo tutti in giro con le carriole di monetine per comprare un chilo di pane”), forse la risposta migliore, oggi come oggi, non può che essere questa: “magari, averne di carriole di soldi per comprare il pane, perché se non te ne fossi accorto, oggi invece c’è un sacco di gente che muore di fame”!
No, a me interessa in questa sede “solo” porre in evidenza una cosa, che poi banalmente è questa, ma seriamente: davvero non vi viene il dubbio che mettendovi in bocca scemenze come quella che ho appena citato vogliano solo spaventarvi, per impedirci di uscire da questa trappola? E siamo sicuri che la ragione non potrebbe essere ricercata nel fatto che questo sistema, a fronte degli immani disastri che per la maggior parte di noi ha prodotto, deve pur continuare tuttora a presentare un bel po’ di vantaggi per qualcuno?
Insomma, secondo voi: non sarà il caso di incominciare a sospettare che ci sia qualcuno che ci guadagni continuando a raccontare queste spudorate bugie? E se sì, cosa, esattamente? Perché continuano a dirci che l’ Euro sarebbe “irreversibile”?
La prima cosa che mi viene in mente circa questa presunta irreversibilità dell’Euro, è – naturalmente – che, come ci raccontano, alla base di questa ci siano non meglio precisate ragioni “tecnico-giuridiche”.
Pare, infatti, che qualcuno abbia scritto le regole per l’ ingresso nell’Eurozona facendo in modo che le cose fossero molto più semplici per entrare che non per uscire. La cosa, già di per sè, dovrebbe bastare a costituire, almeno per i più avveduti, un campanello d’ allarme: che razza di “club” sarebbe, infatti, quello che impedisce ai membri, pena conseguenze inimmaginabili, di volerlo abbandonare nel caso in cui liberamente decidessero di non volerne più fare parte? Una setta, un’associazione mafiosa, una lobby massonica? Di cosa accidenti stiamo parlando?!
Ma tant’è… In ogni caso, nemmeno questo è degno di essere preso in considerazione tra i motivi che ci impedirebbero di uscire però, se ci pensate; perché, a ben vedere, neanche la presunta impossibilità, peraltro abbastanza surreale, di sottrarsi agli obblighi di un trattato internazionale potrebbe costituire un valido motivo per non farlo, se fosse (come effettivamente parrebbe essere) una questione di vita o di morte!
Quindi d’accordo, al netto di possibili ulteriori disastri di altro tipo (come quelli, ancora non pervenuti, che starebbero ancora aspettando di affrontare gli inglesi dopo la Brexit), o del fatto che rimarremmo per qualche tempo impantanati per un periodo più o meno lungo nelle pastoie di trattative diplomatiche e commerciali senz’ altro complesse, dovremmo chiederci, se ne fossimo ancora capaci: ma se alla fine dovessimo davvero decidere che i benefici per rimanere nel club non ci sono più, e che sarebbe meglio affrontare nuovi pericoli piuttosto che una morte certa, cosa farebbero davvero a Francoforte per punirci di questa intemperanza: ci imporrebbero sanzioni? Ci ritroveremmo con la Luftwaffe che bombarda la ferrovia del Brennero? Cosa potrebbe accadere, esattamente?
Tanto più, lo dico solo per dovere di cronaca, che pare che non stia proprio come qualcuno aveva cercato di raccontarcela (l’ennesimo spauracchio, insomma… v. nota a piè pagina*) anche la famosa questione dei saldi registrati dal sistema “Target 2”, meccanismo di politica monetaria piuttosto complicato per i profani, che registra i flussi di denaro tra banche commerciali dei paesi membri dell’ Unione Monetaria Europea. In base a questa questione, secondo qualcuno il nostro paese sarebbe “in passivo” per più di 300 miliardi di Euro nei confronti della Banca Centrale Europea che potrebbe anche chiederceli indietro in caso di uscita.
Allora comincia ad essere evidente che anche da questi punti di vista, di natura giuridica per così dire, la narrazione alla quale siamo sottoposti da anni non presenta degli aspetti così incontrovertibili e, anzi, i rilievi che ci vengono mossi in tal senso incominciano a suonare vagamente pretestuosi, e consiglierebbero di incominciare quantomeno a dubitarne.
Consideriamo allora velocemente, e sempre sulla base di ragionamenti di semplice comune buon senso, le conseguenze economiche di un’uscita dell’Italia dall’Euro.
Anche qui, saremmo ormai portati a pensare che forse non sarebbero così drammatiche come ci raccontano, almeno rispetto a quello che stiamo già attraversando.
In fin dei conti, sembrerebbe chiaro anche ai più sprovveduti che, continuando ad andare avanti per questa strada, non potremo fare altro che romperci l’osso del collo: oltre alla desertificazione di interi distretti industriali che prima erano il fiore all’ occhiello di regioni tra le più avanzate d’ Europa, e dopo che appare sempre più chiaro che il paese intero sembra essere stato messo in vendita a prezzi di saldo, cosa vogliamo aspettare ancora, il crollo del sistema bancario? Dove vogliamo arrivare esattamente? Alla Grecia, con i pensionati in lacrime davanti agli sportelli e ai bancomat chiusi?
Proviamo a cambiare modo di ragionare, allora; almeno per una volta.
Ci sono fondamentalmente due ordini di ragioni che possano spiegare l’ostinata difesa dell’Euro da parte delle nostre classi dirigenti: uno è riferibile alle classi dirigenti stesse, o meglio, al ceto politico che le esprime da almeno venti anni, e lo tratteremo per ultimo; ed un altro è riferibile invece ai gruppi sociali ed economici i cui interessi continuano a coincidere con l’Unione Monetaria Europea.
Tali interessi sono tenuti nella massima considerazione da quelle stesse classi dirigenti, le quali sarebbero già sufficientemente orientate a farlo sulla spinta di suggestioni di tipo ideologico che non agiscono da ieri e che le hanno progressivamente portate a ritenere che la “fiducia dei Mercati” sia un valore di per sè assoluto, e perciò da tutelare a prezzo di lacrime e sangue (il nostro) con la massima abnegazione possibile.
Vediamo allora quali sono questi due ordini di ragioni, e cominciamo – come s’è detto – dal secondo, non prima di sputare il rospo che agita i nostri pensieri da un bel pezzo, ma che fino ad oggi non abbiamo avuto il coraggio di tirare fuori per non passare da quegli inguaribili “populisti” quali certamente siamo, e cioè che qualsiasi siano queste ragioni, in ogni caso una cosa è sicura, ormai: esse non portano vantaggio alcuno al popolo, costituito non solo dai lavoratori subordinati naturalmente ma anche da artigiani, partite IVA, commercianti, perfino parecchi professionisti e tanta, tanta piccola e media imprenditoria.
Ormai abbiamo capito molto bene che c’è una parte di paese costituita da persone i cui guadagni sono per la massima parte costituiti da rendite (essenzialmente di tipo finanziario), la quale ha tutto l’interesse a rimanere in questo sistema, che, per le proprie intrinseche caratteristiche, è, per questa specifica tipologia di “attori sociali”, il più sicuro possibile: una moneta forte, stabile, che oscilla pochissimo sui mercati valutari e che è accettata come valuta di riserva in tutto il mondo al pari del dollaro (o quasi).
E’ chiaro che se sei “creditore di qualcuno” (che si tratti di detenere obbligazioni, assicurazioni sul debito, titoli di stati sovrani, quote di società che detengono capitale assicurativo o immobiliare eccetera), un siffatto sistema assicura una certa stabilità, garantisce attraverso la bassissima inflazione che il tuo credito rimanga sempre quello e costituisce un vantaggio impagabile, tanto più che il regime di libera circolazione di capitali consente a questi rentiers (cioè percettori di rendite non provenienti da economia reale, cioè da lavoro) di fare tutti i tipi di scommesse possibili e immaginabili, con innumerevoli modalità e soprattutto in ogni parte del globo, semplicemente “con un click”, come si dice.
Tutto questo, disgraziatamente però, mentre consentiva facili guadagni per qualcuno, ha portato alla famosa bolla dei prodotti finanziari, che poi a sua volta, proprio in forza della presenza dell’Euro e alle demenziali regole che sono alla base dei trattati istitutivi dell’UE, ha determinato qui da noi la crisi dei debiti sovrani con tutto quel che ha comportato in termini di pesantissime conseguenze sociali per larghissime fasce di popolazione (tagli allo stato sociale e al sistema sanitario statale, pressione fiscale altissima, stretta creditizia da parte delle banche su famiglie ed imprese, fallimenti, crollo del potere d’ acquisto delle classi medie, crisi delle aziende, perdita di posti di lavoro, disperazione, suicidi eccetera eccetera).
Una spirale rovinosa che, a dispetto delle panzane sulla “ripresina” che ci raccontano, è inarrestabile da ormai dieci anni (dal 2007-2008): insomma, stiamo parlando, per chi ancora non se ne fosse reso conto, della crisi economica più grave dagli Anni Venti del secolo scorso (come giustamente è stata definita).
Quindi, almeno su questo punto, dovremmo essere tutti d’ accordo: ebbene sì, c’è una specifica tipologia di persone (il termine “classe sociale” occorre cercare di evitarlo, essendo ormai assai volgare e oltremodo demodé) a cui fa parecchio comodo rimanere nella moneta unica, a fronte di molti altri per i quali non è sfortunatamente possibile fare le stesse considerazioni.
E aggiungiamoci pure, per amore di verità e anche perché è doveroso per completare il quadro, che se ci sono aziende di piccole e medie dimensioni che arrancano sempre di più sul fronte della domanda interna, ce ne sono anche di medie, grandi o molto grandi che invece o rimangono a galla o addirittura fanno enormi profitti solo ed esclusivamente con l’export.
Ma se è vero che una moneta debole ha da sempre favorito le esportazioni e sfavorito le importazioni con beneficio della bilancia commerciale, è anche vero che ci sono grandi gruppi industriali (come la Fiat-FCA ad esempio, che sono italiani solo nel nome ormai – anzi, nemmeno più in quello, forse) che hanno grossi interessi anche e soprattutto nel mondo dell’alta finanza; e comunque si tratta di aziende molto grandi.
Esse traggono beneficio sia dall’avere cambi stabili per fare i propri affari passando da una frontiera all’altra, sia dalla famosa globalizzazione di merci, servizi, capitali e forza-lavoro di cui le monete forti e stabili sono da sempre un presupposto indispensabile, che consente loro di investire e di de-localizzare la produzione a proprio piacimento, licenziando lavoratori “in patria” per assumerne altri, ovunque e dove gli pare e piace.
Ecco che allora il quadro riferibile ai gruppi sociali ed economici che oggi, qui in Italia, continuano ad avere vantaggi dalla permanenza del paese nell’area della moneta unica, comincia a precisarsi e ad essere un po’ più chiaro.
Nota: *
(questione piuttosto complicata nella quale eviterò per carità di patria di entrare, limitandomi a fornire il link per eventuali approfondimenti nel caso qualcuno volesse farlo; ma, dato che i gusti sono gusti, se proprio volete divertirvi, basta che digitiate qualcosa come “target 2 Draghi” su “Appello al Popolo” per vedere apparire ben 42 risultati di ricerca riferiti ad altrettanti articoli sul tema, tratti da diverse riviste e siti on-line )
[continua]
Quando entrammo nell’euro ci venne detto che avremmo pagato la meta’per interessi sul debito.
Falso parzialmente.
S u tutti i titoli di statofuturi avremmo pagato un tasso molto piu’basso,masul debito preesistente avremmocontinuato a pagare
il doppio.
Citosolo ad esempio il Btp 2023 trentennale al 9%,sul quale continuiamo a pagare il 9% anche con i tassi sottozero.
Correttezza ds parte dei nostri dirigenti del tempo (Ciampi,Prodi,Amato) avrebbe voluto che si chiedesse alle controparti una modifica dei contratti ndel senso tioffroundebito in una valuta piu’ forte della Lira e pertanto ti paghero’ un tasso piu’ basso.
Invece si fece un enorme regalo ai Rentiers offrendo loro euro al tasso debitore della Lira.
(nonsidica che i contratti erano immodificabili, altrimenti ci sarebbero rimasti deidebiti in Lire contutto quello che ne sarebbe potuto conseguire).
Inoltre undebito in Lire lo si sarebbe potuto pagare stampando Lire in caso estremo, col vantaggio che ai tempi,piu’ del 90% del debito italiano era in mano ai risparmiatori Italiani