La relazione dei servizi segreti italiani al governo. Dalla Libia agli attentati
di LOOKOUT NEWS (Luciano Tirinnanzi)
Il DIS, l’organismo che coordina i servizi segreti, fa il punto annuale sulla sicurezza. E cita possibili atti terroristici in Italia, il caos migranti e la crisi libica. Ma anche criminalità organizzata e anarco-insurrezionalismo.
La deriva jihadista e il modello italiano di risposta. Il fenomeno migratorio nella prospettiva dell’intelligence. La tutela del sistema-paese e la salvaguardia degli interessi nazionali nei settori strategici. Le spinte eversive e anti-sistema e la penetrazione delle mafie nazionali e della criminalità organizzata nell’economia nazionale.
C’è tutto questo nella “relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2016” redatta dal DIS italiano, ovvero l’organismo che coordina l’attività dei servizi segreti italiani interni ed esterni, attualmente ricompresi sotto le sigle AISI e AISE. Una relazione annuale che, con un linguaggio chiaro e conciso, offre uno scenario credibile del contesto attuale e sottolinea senza molte sbavature i principali fattori di rischio e le più importanti criticità per l’Italia, offrendo una sintesi di scenari e tendenze future coerenti con l’analisi effettuata. In particolare, per quanto riguarda l’anarco-insurrezionalismo e le mafie nazionali, vi sono spunti interessanti di riflessione.
La relazione, inoltre, afferma che per il 2017 si accentua il rischio che nel nostro paese si possa realizzare un attentato terroristico per mano di soggetti legati principalmente allo Stato Islamico: «sempre più concreto si configura il rischio che alcuni di questi soggetti decidano di non partire – a causa delle crescenti difficoltà a raggiungere il teatro siro-iracheno ovvero spinti in tal senso da `motivatori´ con i quali sono in contatto sul web o tramite altri canali di comunicazione – determinandosi in alternativa a compiere il jihad direttamente in territorio italiano».
Su quest’ultimo punto, in ogni caso, il servizio di sicurezza nazionale non manca di sottolineare l’innegabile successo sinora assicurato all’Italia: «Se da un lato sono proprio il background e la professionalità a dare la consapevolezza delle difficoltà di prevenire sempre e in ogni caso atti ostili, anche clamorosi, dall’altro può annoverarsi tra i successi “intangibili” del dispositivo nazionale l’avvenuto pacifico svolgimento di eventi di vasta portata internazionale e valenza simbolica».
Questo merito, secondo il DIS, è dovuto ai «rodati meccanismi d’interscambio» tra le agenzie d’intelligence, alla «proficua interazione tra intelligence e Forze di polizia, inclusa l’Amministrazione penitenziaria, specie nell’ambito del Comitato Analisi Strategica Antiterrorismo – CASA, operante presso il Ministero dell’Interno», e alle «sinergie inter-istituzionali che hanno portato, tra l’altro, all’approvazione, nel 2015, di due importanti provvedimenti legislativi». Il riferimento è ai decreti-legge 18 febbraio 2015 n. 7 sui colloqui in carcere e 30 ottobre 2015, n. 174, sulla possibilità per l’AISE di avvalersi delle Forze speciali della Difesa in situazioni di crisi all’estero.
La relazione si fa, invece, sin troppo vaga su alcuni aspetti di primaria importanza per l’Italia. In particolare, quando omette d’indagare più approfonditamente sul fenomeno migratorio e, soprattutto, quando manca di citare importanti informazioni circa il caos libico: seppur il caso sia ampiamente indagato lungo l’intero documento, non c’è una valutazione critica rivolta alla gestione politico-diplomatica di quello che viene definito solo come un «travagliato processo di riconciliazione nazionale e di stabilizzazione del paese promosso dalle Nazioni Unite». Né si trovano all’interno della relazione sufficienti riferimenti alle divisioni insanabili tra le varie anime della Libia odierna, puntando più che altro a descrivere esclusivamente la «effervescenza dei gruppi estremisti dell’intera fascia del Maghreb», come se questi gruppi costituissero l’unico e principale ostacolo alla pacificazione.
Alcuni dei passaggi più rilevanti
Sul Medio Oriente e Nord Africa: «l’area intera del Medio Oriente allargato continuerà ad essere sotto pressione per le varie crisi aperte, la cui soluzione si presenta complessa quanto complesso è lo scenario che vi fa da sfondo. Quella di più immediato impatto, che riguarda la Libia, richiederà crescente impegno stabilizzante che faccia prevalere l’interesse comune del Paese su divisioni, tribalismo e personalismi, fattori che permeano fortemente quella realtà; ma il radicamento di tali fenomeni – rafforzato dal recente con itto interno – lascia intravedere anche per l’anno a venire una situazione precaria, passibile anche di deteriorare. Non si intravedono, poi, le premesse per una riduzione – a breve – dell’incalzante azione offensiva del terrorismo all’interno del territorio egiziano o turco, condotta con consapevole volontà destabilizzante. Il conflitto in Siria ha portato il Paese allo stremo e ciò fa intravedere crescente stanchezza nella popolazione, ma l’eredità di odio e rancori accumulatasi (e la percezione di alcune componenti di combattere uno scontro esistenziale) renderà comunque difficili e lunghe una effettiva pacificazione sul terreno e la necessaria, costosa ricostruzione, stante anche la vitalità di cui DAESH continua a dar prova in quel quadrante.
Sul Jihad in Italia: «Su un piano generale, permane, nei centri di elaborazione strategica del global terrorism, la capacità di pianificare attentati complessi e ad alto impatto mediatico, oltre che di sfruttare la tecnologia a fini propagandistici e per le comunicazioni tra militanti».
Sul modello italiano di risposta al fenomeno: «È opinione condivisa che l’esperienza di controterrorismo maturata negli anni di piombo e la perdurante lotta ad una criminalità organizzata tra le più efferate e aggressive al mondo abbiano reso le nostre Istituzioni tra le più preparate, a livello internazionale, nel confronto con minacce ibride o asimmetriche, anche sotto il profillo del contrasto ai correlati flussi finanziari».
Sul fenomeno delle migrazioni: «in termini percentuali il fenomeno, pur a fronte dell’aumento in cifre assolute e di variazioni nella geografia dei flussi, è rimasto sostanzialmente invariato non solo per quel che concerne la Libia, ancora territorio d’imbarco in quasi il 90% dei casi, ma anche per l’Egitto, che si conferma secondo Paese per numero di imbarchi (7%). […] La falsificazione documentale svolge un ruolo chiave nelle dinamiche di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e rappresenta uno dei principali fattori di rischio in quanto non consente di valutare compiutamente l’entità e la caratterizzazione del fenomeno».
(Decine di migranti soccorsi dalla Marina Militare italiana nel Canale di Sicilia)
Sulla politica energetica italiana: «In termini di dipendenza energetica, il deficit petrolifero dell’Italia con l’estero è rimasto sostanzialmente stabile, attestandosi intorno al 90%. Tuttavia è aumentata la diversificazione dei fornitori, rafforzando così la resilienza del sistema nel suo complesso. Pur nel difficile contesto di instabilità interna, la Libia ha contribuito in misura significativa all’approvvigionamento energetico nazionale, fornendo circa il 7% del gas e il 4% del petrolio importati dal nostro Paese nel corso dell’anno (dati MiSE e Unione Petrolifera). Ciò è stato reso possibile, in particolare, dal fatto che non si sono verificati significativi danni alle infrastrutture gestite dalla joint venture ENI- NOC (l’ente petrolifero libico)».
Sulla criminalità organizzata: «L’edilizia, i giochi on-line, lo smaltimento di rifiuti, la green economy e, soprattutto, gli appalti pubblici si sono confermati i settori dell’economia legale di principale interesse per gli investimenti da parte delle mafie nazionali. […] Gli strumenti principe che la criminalità organizzata utilizza per penetrare i circuiti affaristici e ingerirsi nei processi decisionali pubblici e nel libero mercato sono, da una parte, lo scambio di reciproche utilità e il raggiungimento di un comune interesse economico, dall’altra, la corruzione, soprattutto nei confronti di pubblici amministratori e burocrati. In tal senso, la riforma del codice degli appalti, varata nell’aprile 2016, potrà contribuire a contrastare i fenomeni di ingerenza criminale nello specifico settore».
Fonte: http://www.lookoutnews.it/servizi-segreti-italiani-dis-relazione-governo-2016/
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