Perché dico che sta crollando la Seconda Repubblica?
di ALDO GIANNULI
Una serie di sintomi grandi e piccoli indicano come, ormai, il processo di sfaldamento della Seconda Repubblica sia in atto: il disfacimento del Pd, l’atonia del governo Gentiloni, il ritorno degli scandali che “puntano in alto” e che ormai coinvolgono non solo la politica ma anche il giornalismo (e si pensi al penosissimo caso del “Sole 24 ore” le cui azioni ormai valgono carta straccia), ancora una volta i magistrati vengono a far da becchini al sistema e i sondaggi segnalato la caduta rovinosa della fiducia dei cittadini in tutte le istituzioni. La macchina dello stato è in panne con ogni evidenza, e la politica è un motore fuso.
Ma tutto questi, appunto, sono i sintomi, non sono le cause del crollo. Il malessere profondo, lo abbiamo detto, è iniziato anni addietro, dal 2013 che, per la Seconda Repubblica, è stato quello che il 1987 è stato per la Prima. La rovina di un sistema politico non si verifica in un solo momento, ha sempre un processo che inizia molto prima e diventa più veloce alla fine.
Il 2013 ha segnato la rottura dell’equilibrio bipolare con l’irruzione sulla scena del M5s, poi la prima sentenza della Corte Costituzionale che metteva limiti al sistema elettorale maggioritario, quindi l’ondata di processi che sconvolgeva la testa di classifica delle imprese italiane, il conseguente scioglimento del “salotto buono”, eccetera.
Dopo la breve e poco seria parentesi renziana (che ha rallentato, ma assolutamente non bloccato la decadenza del sistema e del paese), le tensioni hanno preso nuovamente ad addensarsi per esplodere il 4 dicembre 2016.
Nessun sistema politico è eterno ed ha una durata più o meno lunga: ma ce ne sono di durata maggiore come l’Italia liberale (che durò dal 1861 al 1922, 51 anni) o la Prima Repubblica (1946-1993, 47 anni) e di breve come il fascismo (1922 al 1943, 21 anni, 23 se includiamo anche l’occupazione nazista), o la Seconda Repubblica (1993 2016, 23 anni più o meno quella del fascismo). Ovviamente la durata dice anche della solidità di un sistema e, se la durata è troppo breve, significa che c’erano fragilità costitutive che non hanno retto alla prova del tempo.
Peraltro, nessun regime crolla senza ragioni, e ciascuno ha le sue patologie finali. Nel caso della Seconda Repubblica siamo di fronte ad un crollo relativamente prematuro e questo rinvia alle ricerche delle cause più o meno prossime.
Circa quelle più vicine, è evidente l’impatto della crisi finanziaria e di quella, parzialmente intrecciata, dell’Unione Europea. Così come la Prima Repubblica non resistette all’impatto della globalizzazione neo liberista, oggi la Seconda non regge alla crisi di quell’ordinamento. La crisi finanziaria si è riversata sull’economia, con la perdita di milioni di posti di lavoro in tutto l’occidente, un abbassamento generalizzato di salari e consumi.
Ormai questo dura da quasi 10 anni e, salvo brevi e poco significativi saltelli che si cerca pietosamente di spacciare per ripresa, non si vede ancora la luce dell’uscita dal tunnel. E’ questa la principale ragione dell’esplosione dei cosiddetti populismi, che poi sono moti di protesta diversi fra loro, ma che puntano tutti ad una rivolta generalizzata anti sistema.
L’Italia ha pagato anche un prezzo più alto di altri e, dunque è abbastanza normale che il suo sistema politico sia squassato dalla tempesta più che altrove.
E questo ci fa capire che c’è un “difetto di progettazione” nella Seconda Repubblica. Essa sorse da una curiosa “emulsione populista liberista” per la quale, ad una retorica fondamentalmente ipo-politica (se non antipolitica) corrispondeva un disegno sostanzialmente elitario oligarchico, attraverso la liquidazione degli istituti della democrazia di massa e l’emergere di partiti-azienda raccolti intorno ad un leader più o meno carismatico. Questa pasticciata mescolanza ha funzionato per qualche tempo, ma, come ogni emulsione, alla fine ha separato “l’acqua dall’olio” e non funziona più.
L’inganno populista, che in qualche modo è stato tentato non solo in Italia, ha finito per ritorcersi contro i suoi stessi artefici, che oggi devono affrontare la rivolta populista che essi stessi hanno suscitato.
Il punto è che, piaccia o no, la democrazia ha messo radici, pur con tutte le sue carenze ed il popolo non rinuncia a dire la sua.
Un personaggio sostanzialmente estraneo alla democrazia come Giorgio Napolitano (come dimostra il suo giovanile stalinismo, il suo appoggio all’invasione sovietica dell’Ungheria, poi la sua lunga adesione alle regole disciplinari del Pci, infine, in età senile, la sua adesione toto corde all’elitarismo neoliberista) può anche pensare che ci siano materie come l’adesione agli organi internazionali da sottrarre alla decisione democratica, perché il popolo non è in grado di capire e che questo è stato l’errore di Cameron. Ma, per fortuna, è una posizione destinata ad infrangersi contro la solidità dei fatti.
Dunque, dissoltosi l’inganno dell’emulsione, è venuto fuori il carattere genuinamente antidemocratico ed oligarchico del neoliberismo, rivelato dall’urto della crisi. E questo sta travolgendo anche la costruzione iper tecnocratica della Ue. E con questa sta venendo meno un altro pilastro dell’ordine neoliberista e, di riflesso, del sistema politico italiano.
Al pettine stanno venendo, uno dietro l’altro, i nodi intrecciati in questo quarto di secolo ed a questo si aggiungono le specifiche ragioni italiane.
Non una delle promesse della Seconda Repubblica ha trovato attuazione: non il bipartitismo, non il governo di legislatura, non un ceto politico più corrispondente alla volontà popolare (anzi…), non la fine della corruzione, non la fine della grande criminalità organizzata, non un ordinamento più moderno e funzionale della pubblica amministrazione, non la riduzione del debito pubblico, non la riqualificazione della spesa pubblica e minore pressione fiscale, non servizi pubblici migliori e ci fermiamo qui. Nessuna delle “riforme” tentate ha prodotto gli esiti promessi e spesso ha comportato pesanti effetti controintuitivi.
Con un bilancio così negativo, c’è da meravigliarsi del come la protesta abbia tardato tanto. Ma adesso siamo al redde rationem.
Fonte: http://www.aldogiannuli.it/crollo-seconda-repubblica/
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