Strategia politica: la nostra controffensiva digitale
di ALBERTO MICALIZZI
Quello delle “fake news” di cui al noto disegno di legge “Gambaro” è solo uno dei terreni sui quali si orchestra l’attacco all’informazione indipendente, non certo l’unico né, alla lunga, il più pericoloso. Il DDL Gambaro introduce elementi soggettivi nella valutazione della veridicità delle informazioni, e questo lo rende potenzialmente pericoloso e adatto a colpire selettivamente le voci fuori dal coro che acquisiranno consenso in rete (vedi il mio articolo “Per i miei post rischierò la reclusione”).
Ma c’è qualcosa di più pericoloso che sta accadendo, e riguarda il sistema di pubblicità che sta sviluppandosi in rete, originatore di nuovi equilibri politico-sociali e portatore di una vera e propria neo-schiavitù digitale.
Dando per acquisito che TV e carta stampata stanno gradualmente uscendo di scena, la partita commerciale e quella pubblicitaria si sposta in rete. Oggi in Italia meno del 25% degli acquisti di beni di consumo avviene online, ma il trend ci orienta verso Paesi come Germania, Inghilterra e Svezia dove si viaggia già oltre il 70%… Dunque, la quantità di flussi commerciali e pubblicitari che in Italia si riverserà online nei prossimi anni è stimabile in decine di miliardi di Euro. E’ nella rete che si scriverà la nuova geografia, che si determineranno i nuovi assetti di potere tra categorie, lavoratori, inserzionisti, aziende produttrici e consumatori.
Dietro le grandi sigle che controllano i budget pubblicitari, come Adsense, Wordads etc, aleggia lo spettro di una nuova forma di schiavitù forse più deleteria di quello che stiamo conoscendo in conseguenza della diffusione intenzionale del precariato sul lavoro.
Infatti, le grandi centrali di pubblicità online hanno intrapreso una partita impari con i singoli bloggers e produttori di contenuti digitale. Esse, da grandi corporations quali sono, peraltro dotate di algoritmi potentissimi, impongono in maniera unilaterale le proprie regole a ciascun operatore, regole mai scritte, mai formalizzate né tantomeno contrattualizzate.
Ma, si sa, non c’è schiavo peggiore di quello che ama il proprio aguzzino…ed allora ecco che si va formando una filiera di sfruttati che per qualche centinaio di euro al mese offrono i propri contenuti alla mercé dei grandi budget pubblicitari. Il meccanismo in atto è subdolo quanto efficace. Il singolo blogger ha costi ridottissimi, non chiede tutele sociali, non ha ferie, ha aspettative limitatissime. Il suo compito è di massimizzare il traffico a qualsiasi costo, la qual cosa aumenta di qualche decina di euro il proprio guadagno e quindi egli intensifica la propria azione perché fiuta il denaro.
Del resto, i budget pubblicitari premiano questi comportamenti, e così le grandi corporations invadono capillarmente le nostre case con le proprie logiche, ed i settori domestici, i produttori locali, la qualità, il “chilometro-zero” subisce ulteriori contraccolpi non avendo i mezzi per gestire una presenza così capillare in rete. Si tratta di una minaccia concreta ed attuale che è molto maggiore della repressione del dissenso architettata con il decreto Gambaro.
Ecco dunque che l’azione combinata di precariato sul lavoro, monopolio degli spazi on-line e repressione del dissenso formano un nuovo sistema economico e di controllo integrato del consenso, che sta sostituendosi al ruolo sinora giocato dai media main-stream tradizionali.
Per approfondimenti su queste analisi suggerisco il riferimento agli scritti di Glauco Benigni, Presidente di Web Activist Community, dal quale ho personalmente tratto gli spunti fondamentali per comprendere le dinamiche in atto nel settore digitale di cui a questo articolo (uno dei contributi più significativi di Benigni è in questo video: “Quando Google-AdSense diventa il padrone cattivo“).
C’è però una buona notizia: il sistema è in fase di consolidamento, ed esistono ancora spazi di manovra.
E’ qui che si gioca un tassello decisivo di una più ampia strategia politica che stiamo costruendo. Stiamo infatti organizzando un canale di comunicazione alternativo indipendente, che intendiamo gestire su più dimensioni:
i) quella della libertà di informazione, creando una polizza assicurativa che protegga i singoli divulgatori che sono potenzialmente esposti a provvedimenti repressivi;
ii) quello della negoziazione dei budget, creando un vero e proprio sindacato economico che negozi la vendita degli spazi pubblicitari a nome di decine di migliaia di bloggers, di aziende, di professionisti e di associazioni civiche e d’impresa;
iii) ed infine, soprattutto, quello della difesa della produzione locale, del “made in Italy”, del “chilometro zero”, andando ad organizzare il canale dei produttori italiani ed offrendo loro di costituirsi in gruppi di vendita per acquisire in blocco spazi pubblicitari presso il sindacato di bloggers indipendenti.
Tutto questo non è solo un progetto ma in parte è già una realtà.
Il sindacato di bloggers indipendenti è stato costituito due mesi fa e si chiama Web Activist Community (WAC), e l’altro giorno si è presentato pubblicamente a Roma riscuotendo un successo oltre le nostre aspettative. Agli associati che stanno aderendo a centinaia proponiamo di continuare a fare il proprio lavoro, senza rinunciare alla propria indipendenza, a parte il fatto di affidare al canale WAC il mandato esclusivo di gestire gli spazi pubblicitari (per iscriversi o chiedere informazioni occorre contattare: segreteria@wac.world).
I canali di produttori nazionali sono diversi, alcuni già formati e altri in via di formazione. WAC sta interagendo con uno di essi in modo da iniziare subito con la gestione dei primi budget pubblicitari che consente di far circolare flussi finanziari di cui i bloggers necessitano per emanciparsi al più presto dal giogo degli inserzionisti main-stream.
Ricordo che WAC è aperta a tutto il popolo dei bloggers e divulgatori online, che scrivono di politica, di arte, di sport, di cultura, di alimentazione e di altri temi socialmente rilevanti, tramite Facebook, Twitter, siti internet, Linkedin, e altri social network, ma è anche aperto alle aziende, ai professionisti, alle associazioni civiche ed alle reti d’imprese.
Inutile sottolineare la valenza multipla di questo progetto: acquisire spazi economici; contrastare il modello digitale main-stream con un modello alternativo dotato di un proprio baricentro socio-economico; rilanciare l’industria nazionale ed il made in Italy; difendere e potenziare le voci che canalizzino il dissenso in ottica politica.
Su questa frontiera si gioca un’altra delle partite decisive che alimenta in maniera concreata l’obiettivo di ricostruire sovranità popolare e nazionale. E’ un progetto economico, ma è anche e soprattutto parte integrante di un più ampio progetto politico ambizioso ed innovativo.
Fonte: https://albertomicalizzi.com/2017/04/21/strategia-politica-la-nostra-controffensiva-digitale/
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