Forbes – Caro Macron, l’Euro è già fallito. L’unica domanda è: cosa vogliamo fare?
di VOCI DALL’ESTERO
Un articolo di Tim Worstall su Forbes, pubblicato a gennaio di quest’anno, spiega la vacuità di Macron, probabile prossimo Presidente della Repubblica francese, e di tutto il mainstream sul tema euro. Fingere di riconoscere l’insostenibilità dell’ “attuale” sistema della moneta unica invocando dei generici cambiamenti è un inganno. Discutere perché realmente la moneta unica è insostenibile significa dover ammettere che non c’è alcuno spazio per migliorarla.
di Tim Worstall, 12 gennaio 2017
Emmanuel Macron è candidato alla carica di prossimo Presidente francese. E in questo suo ruolo ha la necessità di definire rapidamente i principi della sua politica economica. Lui afferma che l’euro potrebbe fallire nel corso dei prossimi 10 anni se non verrà fatto qualcosa per evitarlo. Questo è un errore, un errore grave, perché l’euro è già fallito. L’unica questione utile o interessante che resta da porsi è: cosa vogliamo farci?
L’euro potrebbe non esistere più da qui a 10 anni se Parigi e Berlino non si affrettano a rafforzare l’unione monetaria, ha detto Emmanuel Macron, candidato alla presidenza francese, questo martedì. Macron afferma di ritenere che l’attuale sistema porti beneficio alla Germania a spese degli stati membri più deboli. Macron è stato Ministro dell’economia sotto il Presidente socialista Francois Hollande fino alle dimissioni presentate lo scorso anno per creare un proprio movimento politico e concorrere come candidato indipendente alle elezioni presidenziali di quest’anno.
In realtà, l’euro non avvantaggia la Germania. Una valuta tedesca indipendente avrebbe un valore molto più alto dell’euro attuale—perciò l’euro sta rendendo i cittadini tedeschi più poveri in termini di potere di acquisto verso l’estero della propria valuta.
“La verità è che dobbiamo tutti quanti riconoscere che l’euro è incompleto e non potrà durare se non si faranno delle grosse riforme”, ha detto Macron in un discorso alla Humboldt University di Berlino.
Nel suo discorso in inglese ha aggiunto: “[L’euro] non ha fornito all’Europa una piena sovranità internazionale rispetto al dollaro e alle sue regole. Non ha dato all’Europa una naturale convergenza tra i diversi paesi membri”.
Non potete e non riuscirete a promuovere la convergenza se costringete tutti a stare in un un’unica valuta e dunque in un unico regime monetario. Non è così che funziona—potete avere una moneta unica che funziona solo dopo che le economie che ne fanno parte hanno raggiunto una convergenza. Cosa più importante, dato che una moneta unica significa una politica monetaria unica, è necessario che tutti i paesi membri abbiano delle economie correlate, che attraversino le fasi del ciclo economico nello stesso momento e con la stessa velocità. Questo semplicemente non è il caso dell’economia dell’eurozona, e molto probabilmente non lo sarà mai. Pertanto è stata tutta una pessima idea introdurla [la moneta unica].
Come notava Milton Friedman diverso tempo fa, prima che tutto avesse inizio:
Se un paese viene colpito da uno shock negativo che richiede, per esempio, un abbassamento dei salari relativi rispetto ad altri paesi, questo si può ottenere cambiando un unico prezzo, cioè il tasso di cambio, anziché pretendere di cambiare contemporaneamente migliaia e migliaia di salari, o costringendo all’emigrazione dei lavoratori. Le sofferenze imposte alla Francia dalla sua politica del “franco forte” dimostrano il costo della decisione ispirata da motivi politici di non usare il tasso di cambio per correggere l’impatto della riunificazione tedesca. La crescita dell’economia britannica dopo l’uscita dal sistema monetario europeo qualche anno fa e il ritorno ad una sterlina fluttuante, dimostra l’efficacia del tasso di cambio come meccanismo di aggiustamento.
Da allora abbiamo avuto grosse bolle immobiliari (con i conseguenti inevitabili crash) in Irlanda e in Spagna. A causa dell’euro i tassi di interesse erano troppo bassi per le loro economie, a vantaggio esclusivo dell’economia tedescoa, allora in difficoltà. Dopo il crash la BCE ha mantenuto tassi di interesse troppo elevati e troppo a lungo. L’Italia non ha avuto praticamente alcuna crescita economica per due decenni, la disoccupazione giovanile in Spagna è ancora vicina al 50%. La Grecia è ovviamente un disastro e perfino la Finlandia si trova stritolata nel mezzo di una svalutazione interna.
Ciò che è peggio è che nessuno dei presunti benefici economici che erano stati prospettati è mai arrivato. Si diceva che ci sarebbe stato molto più commercio tra i paesi—e questo non si è visto affatto. Ciò che è successo è che le stime erano basate su combinazioni di precedenti unioni monetarie, unioni monetarie che coincidevano anche con unioni doganali. E ciò che abbiamo scoperto è che l’importante erano le unioni doganali (sarebbe a dire, nel nostro caso, il mercato comune), non le unioni monetarie.
Ci sono in definitiva solo due processi politici percorribili dopo aver preso atto che l’euro è un fallimento. Potremmo cercare di introdurre l’unione fiscale. Sarebbe a dire fare una cosa tipo il sistema degli Stati Uniti d’America—il denaro affluisce a Washington DC e da lì viene redistribuito. Questa redistribuzione mitigherebbe gli effetti della politica della moneta unica. Ma questo richiederebbe che i paesi europei facciano affluire il 20% del loro PIL a Bruxelles lasciando che siano i burocrati a spenderlo. In altre parole, vorrebbe dire che i tedeschi dovranno pagare per davvero le pensioni ai greci.
Ecco. Questo – Non – Succederà.
L’altra strada è quella di ammettere il fallimento, smantellare il tutto e dichiarare vittoria. Questo è ciò che dovremmo fare. L’euro è fallito. L’unica strada per migliorarlo non è politicamente percorribile. Dunque è meglio che lo smantelliamo prima che siano gli eventi a farlo per noi, in mezzo al caos che si produrrebbe forzando la situazione.
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