Le riforme scolastiche, la “sinistra” ed i giovani
di ROBERTO RENZETTI
La scuola di riferimento a cui si sono ispirati tutti i riformatori europei negli ultimi 30 anni è quella americana. L’operazione è stata acritica, senza tener presenti tutte le critiche anche pesanti che su di essa erano state mosse dagli stessi americani. Gli USA sono il Paese che ha oltre 60 milioni di semianalfabeti, un quarto della popolazione! Ed è il Paese più ricco e potente del mondo, è quello che si chiama il Paese egemone, la capitale dell’Impero. E questo gigantesco deposito di eccellenti consumatori discende dai piani di studio del tipo look and say.
I nostri riformatori credevano di poter fare una scuola libera e democratica, ma facevano la scuola funzionale al sistema liberale, al sistema del mercato globalizzato. Solo più recentemente le riforme sono state mirate più ad un ambito europeo, ma sempre con lo spirito che si è abbondantemente discusso e questa volta ben chiaro. Si è così passati dalla ingenuità libertaria derivata dal 1968 al cinismo liberale.
E mentre vi sono forze che spingono per accelerare il processo descolarizzante, paradossalmente è la destra conservatrice cattolica quella che frena, volendo legare l’educazione ai valori tradizionali, eccetera, eccetera. È la destra che “venera il mercato ma maledice la cultura che esso implica” (Russel Jacoby). La sinistra o ciò che resta di essa in Occidente, autodefinendosi progressista ha aperto le braccia al nuovo che avanza e che, in definitiva, è la cultura del mercato con la sua concezione della scuola.
Questi progressisti hanno paura di “proibire” (accompagnati dalla gran parte delle famiglie, che la scelgono per questo e non in quanto propositiva di qualcosa), anche quando l’oggetto della proibizione è oggettivamente pericoloso o sbagliato. Si tratta solo di riflettere ancora una volta sul ruolo della “sinistra”, quella che ha il compito storico di far digerire ai ceti meno abbienti le riforme più antipopolari. Naturalmente il tutto sarà rivestito da aggettivi come “popolare”, “egualitario”, “non selettivo”, “democratico”, … una serie di aggettivi che continuano a ipnotizzare i militanti più ottusi dei vari apparati, che non aiutano mai a ridiscutere i termini di fondo dei problemi.
C’è comunque da osservare che le cose non sono così lineari e, per quanto vi sia profuso ogni impegno, la scuola pubblica ha ancora, nonostante molte cose assurde e deleterie, ampi spazi in cui non è entrato il mondo liberale, quello del mercato. È ancora l’unico luogo, all’interno della società che ci circonda, in cui si possono trasmettere conoscenze e valori tali da rendere il mondo non completamente invivibile.
Ad intervalli regolari i giovani che frequentano la scuola secondaria protestano. La scuola non va bene. Molti hanno una vera insoddisfazione, anche se non sono chiari i termini di tale insoddisfazione. Una scuola più “democratica”? Una scuola più selettiva? …cosa chiedono? La sinistra accetta queste lotte perché liberatorie e da non proibire. In fondo, dai contestatori, loro tireranno sempre fuori un solerte funzionario.
Oppure deve farsi strada una visione molto più pessimista che vuole i ragazzi già completamente conquistati al mercato, e quindi richiedono alla scuola “prestazioni” più adeguate al divertimento, alla non fatica, alla soddisfazione di ogni voglia, di ogni necessità esistenziale. In fondo è ciò che il mondo dirompente, rivoluzionario e libertario del rock gli ha insegnato. La protesta li fa liberi ma esercito di automi tutti uguali, incapaci di riprendersi quella cosa che la scuola modestamente dava: la costruzione di una logica.
È lo spettacolo in tutte le sue forme che educa oggi. E non esiste concorrenza possibile da parte della scuola che, tra l’altro, fa del tutto per avere anche luoghi fatiscenti, bui, scomodi, obsoleti (e qualche volta pericolanti ed assassini). Niente luci, sfavillii, successo, mondanità, soldi, bellezza corporea… solo quella fatica che occorre ricondurre a festa, a chiacchiera, a divertimento.
Sembra ai più pessimisti (io lo sono) che ormai il mondo è irreversibilmente in mano del mercato. Ad esso aspirano anche masse sempre più grandi di persone e soprattutto di giovani dei più svariati Paesi e culture del mondo. Come fermare la distruzione ambientale che va di pari passo con quella delle coscienze?
Il neoliberismo viene da F.von Heyek , da Milton Friedman , non dalla critica all’autorità di sinistra del ‘68 . Marx criticava l’autorità .
la demonizzazione dell’ autorità (in primis quella paterna, la più importante dal punto di vista simbolico tanto che anche la chiesa l ha utilizzata, e a cascata quella dello stato che è il vero obbiettivo) è funzionale (io direi addirittura necessaria e imprescindibile) alla costruzione non solo della società liberista, ma anche e soprattutto dell’ uomo liberista. la sinistra e il 68 sono oggettivamente complici di questo processo antiumano.