Senza Mondiali, ritroviamo l’autostima
di SIMONE GARILLI (FSI Lombardia, Mantova)
C’è solo una cosa seria da dire: non è che Ventura ha sbagliato tanto (è vero), non è che siamo crollati a terra dopo il 3-0 contro la Spagna (è vero, ed è un’altra responsabilità di Ventura e della Federazione), non è nemmeno che siamo privi di grandi talenti (è vero solo in parte, i talenti in attacco ci sono e in difesa hanno giocato dei vecchietti che si sono contesi finali di Champions e scudetti fino a pochi mesi fa), la fonte di questo fallimento è ben altra, ed è speculare a quella del paese nel suo complesso: abbiamo deciso, in preda all’odiosa esterofilia e al gretto conformismo, di rinunciare alla nostra storia, alle nostre eccellenti scuole calcio, al primato assoluto dei nostri allenatori delle giovanili, in poche parole al movimento calcistico più vincente di tutti se si sommano competizioni per club e per nazionali.
Sotto spinte esterne abbiamo vigliaccamente accettato di rimuovere la regola aurea di ogni movimento calcistico che abbia un minimo di amor proprio: il limite di stranieri per squadra (fissato a 3 fino alla sentenza Bosman del 1990, e addirittura a 2 fino al 1988). Così abbiamo gettato i nostri giovani calciatori in una competizione senza regole, importando centinaia e poi migliaia di calciatori stranieri più avanti con l’età, fra i quali una manciata di fenomeni e una caterva di mediocri che hanno soffocato nella culla i nostri aspiranti e più giovani debuttanti, spediti in massa in panchina, all’estero o nelle serie inferiori.
Abbiamo accettato la concorrenza di colossi finanziari ed economici, del fiume dei petroldollari e del calcio inglese iper-spettacolarizzato e privo di ogni rispetto per la programmazione di lungo periodo e il duro lavoro. Tutto e subito, in questa corsa folle non potevamo che perdere, come nell’economia e nella politica degli ultimi 30 anni abbondanti. Pensare che calcio e politica non dialoghino è da ingenui, e nel calcio come nella politica internazionale chi non rispetta se stesso e la propria storia perde anima e corpo.
La metastasi liberalizzatrice dopo il calcio inglese ha conquistato quello francese e adesso si affaccia minaccioso alla frontiera italiana. Abbiamo già consegnato alla speculazione finanziaria e alle logiche di breve periodo Inter e Milan, mentre gli unici campionati di livello che ancora in parte si oppongono, quello spagnolo e soprattutto quello tedesco, producono nazionali e club vincenti da un decennio, sulle spoglie dell’Italia dei 4 mondiali.
La scelta è radicale ma semplice. O si continua su questa via, e allora non ci sarà Conte o Spalletti o Ancelotti che tenga, scompariremo ogni anno di più dal vertice, e bruceremo definitivamente un enorme patrimonio calcistico. Oppure impareremo la lezione prima che sia troppi tardi, seguiremo il modello che in questi anni ci ha indicato la Juventus e in parte il Napoli, ci riprenderemo Milan e Inter, torneremo a proteggere il nostro calcio accompagnandolo ad una nuova maturazione, come solo noi abbiamo dimostrato di saper fare.
È una scelta, calcisticamente parlando, di vita o di morte.
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