L’incontro Trump-Kim a Singapore
di GLI OCCHI DELLA GUERRA (Lorenzo Vita)
Sono le 9:00 a Singapore, le tre in Italia quando all’hotel Capella di Singapore, Kim Jong-un e Donald Trump si sono incontrati per la prima volta. Si può immaginare l’emozione e la tensione che aleggiava in quelle stanze. Dopo mesi di escalation militare, insulti, minacce, tensioni, sono arrivati quell’incrocio di sguardi e quella storica stretta di mano che forse cambieranno il corso della storia.
Il rischio che tutto saltasse e le speranze appese a un filo
L’incontro sembrava destinato a non avvenire fino a poche settimane prima. Le esercitazioni congiunte in Corea del Sud delle forze aeree americane e quelle di Seul avevano fatto propendere Kim Jong-un per l’annullamento dell’incontro fra le delegazioni delle due Coree. E molti avevano temuto per l’annullamento del summit da parte di Pyongyang.
Poi è arrivata la lettera di Donald Trump in cui l’inquilino della Casa Bianca affermava di essere stato costretto a cancellare il vertice. Troppi i dissidi su questioni di primaria importanza. In ultimo, lo scontro fra il vicepresidente Mike Pence e il viceministro degli Esteri nordcoreano, Choe Son-hui. E quel “modello Libia” apventato a Washington che aveva fatto infuirare il governo nordcoreano.
Tutto sembrava destinato a finire nel nulla, ma per molti si trattava di un grande bluff di Trump a cui piace giocare al rialzo. Così è stato, almeno all’apparenza. I canali diplomatici non si sono mai interrotti e il viaggio di Kim Yong-chol negli Stati Uniti ne è stato la prova. C’era ancora speranza.
Il ruolo della Cina e della Corea del Sud
In questa fase di stallo, due Paesi hanno avuto un ruolo sicuramente fondamentale: Cina e Corea del Sud. Xi Jinping ha riaperto tutti i canali diplomatici con Kim Jong-un, l’ha ricevuto in Cina e ha disposto la riapertura delle rotte aeree fra Pechino e Pyongyang. La Cina resta il dominus della Corea del Nord: difficile che Pyongyang si muovesse senza il semaforo verde di Pechino.
Un esempio della volontà cinese di sostenere l’incontro di Singapore e allo stesso tempo di mostrarsi come artefice del vertice il fatto che Kim abbia raggiunto la città del vertice con un aereo Air China e sorvolando quasi elusivamente lo spazio aereo cinese.
Ma non va sottovalutato il ruolo, fino ad ora fondamentale, di Moon Jae-in. Il presidente della Corea del Sud è stato eletto anche per il suo programma di disgelo nei confronti del Nord e si è prodigato costantemente per la riapertura del dialogo con il suo omologo settentrionale.
Non era facile, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Un percorso iniziato con le Olimpiadi invernali di Pyeongchang e finito con quell’abbraccio durante l’incontro a sorpresa nella zona demilitarizzata, quando Trump aveva appena inviato la lettera per annullare il summit di Singapore.
L’incontro Kim-Trump
Le parole di Kim Jong-un mentre firma il documento finale con Trump sono cariche di significato. “Abbiamo avuto un incontro storico, abbiamo deciso di lasciarci il passato alle spalle, abbiamo firmato un documento storico, il mondo vedrà questo importante cambiamento”. E consegna al mondo un’immagine di speranza.
Ce ne vuole, in questo momento della politica internazionale in cui il caos sembra regnare sovrano. Ma è un caos che trova una sua direzione nel disordine. Non è anarchia: è un altro ordine rispetto a quello cui siamo abituati. Trump ha squarciato un velo. E questo modo di fare, unito alla strategia a lungo termine degli altri leader coinvolti, ha per adesso disinnescato una vera e propria bomba a orologeria.
L’incontro fra Trump e Kim è durato 38 minuti. Trentotto, come il 38esimo parallelo che divide la Corea del Nord dalla Corea del Sud. C’è chi vedrà una scelta precisa concordata tra le parti. Potrebbe essere anche un caso. ma è affascinante credere che il 38 ritorni, come se Singapore si fosse trasformata nella nuova Panmunjeom, il villaggio della zona demilitarizzata dove è iniziato il disgelo.
Le conseguenze dell’incontro
Difficile capire oggi le conseguenze che avrà l’incontro sulle future relazioni bilaterali. Trump è sembrato entusiasta, idem Kim Jong-un. Ma la carta ha un valore che poi deve essere messo in parallelo con i fatti. E i critici già affermano che il documento non sia esaustivo.
Secondo il presidente degli Stati Uniti, l’incontro con il leader nordcoreano è andato “meglio di quanto chiunque potesse immaginare”. E la firma su quel documento finale rappresenta, sotto qualunque punto di vista, un passo in avanti nelle relazioni bilaterali.
In queste relazioni bilaterali, è chiaro che la denuclearizzazione della Corea del Nord sia centrale. È nel programma nucleare coreano che è nato e continua a persistere il vero snodo della crisi nella penisola. Gli Stati Uniti ne chiedono una fine veloce, verificabile, completa e definitiva. A Washington la definiscono con l’acronimo Cvid, complete, verifiable, irreversible denuclearization.
Dalla Corea del Nord hanno chiesto garanzie sulla sicurezza e più tempo per smantellare l’infrastruttura nucleare. Una scelta che trova l’appoggio della Cina e della Russia, che si prodigano da tempo per una denuclearizzazione graduale. E che adesso vogliono essere coinvolte.
Il documento finale
Sono quattro i punti chiave della dichiarazione congiunta firmata da Kim Jong-un e Donald Trump.
- Stati Uniti e Corea del Nord si impegnano a stabilire nuove relazioni bilaterali;
- I due Paesi uniranno gli sforzi per costruire uno stabile regime di pace nella penisola coreana;
- La Corea del Nord s’impegna a lavorare per una completa denuclearizzazione della penisola coreana;
- i due Stati si impegnano per la consegna delle spoglie dei caduti americani nella Guerra di Corea.
FONTE: http://www.occhidellaguerra.it/incontro-trump-kim-singapore/
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