Banca dello Spirito Santo
di Tino Di Cicco
Banca dello Spirito Santo sembra solo una locuzione, uno dei tanti nomi del Potere Temporalizzato; invece è l’archetipo che ha originato la storia della civiltà Occidentale.
Si parte dal Vangelo secondo Giovanni, quello che ha testimoniato che solo nello spirito è il regno di Dio, per approdare ai Rothschild, ai “banchieri di Dio”; fino all’attuale crisi economica mondiale generata dalle cartolarizzazioni e dai subprime americani.
Dovendo scegliere tra Cesare e Dio, l’Occidente ha finito con lo scegliere Cesare e Dio. Gesù non fu capace di una simile unificazione, forse perché era un integralista; forse era solo un ingenuo, e pensava che contaminandosi con il potere , l’uomo avrebbe perso Dio. Noi invece con il “progresso” siamo diventati più “realisti”; più abili a mediare ; più “un colpo al cerchio e uno alla botte”.
Per qualche secolo il denaro era rimasto “lo sterco del diavolo”; poi piano piano la Chiesa è diventata più “matura”, più attenta alla “città terrena”, ed è iniziata una fornicazione con l’esistente che ancora oggi produce le sue opere.
Ma chiamando dello “Spirito Santo” una Banca, non si è realizzato solamente una sintesi perfetta tra il Denaro e lo Spirito; tra la terra e il cielo; tra l’immanente e il trascendente; si è legittimato quel lento bradisismo semantico e culturale che ci consente oggi di chiamare “valore”, quasi solo quello traducibile in valuta. E che condiziona pesantemente l’idea del Bene. Quell’idea dalla quale tutto , ma proprio tutto, discende. Perché essa crea il riferimento trascendente che educa gli educatori nella e della società.
Se lo Spirito Santo ha bisogno di materializzarsi in una banca per ex-sistere nella nostra comunità, significa che abbiamo perso ogni relazione con l’invisibile. Significa non solo che “Dio è morto”, ma che è morta anche la sua morte. La sua assenza non è più una mancanza per noi. Stiamo benissimo con il solo Cesare!
La Banca dello Spirito Santo ha radici cristiane antichissime; parte dall’In Hoc Signo Vinces costantiniano, e arriva ai titoli nobiliari riconosciuti alle gerarchie ecclesiastiche. Un vescovo, per esempio, non può essere chiamato per nome come succede ai poveri cristi; deve invece essere preceduto da titoli sfarzosi e prestigiosi che avrebbero fatto impallidire il buon Gesù. Ad un vescovo ci si può rivolgere solo facendo precedere il nome da : Sua Eccellenza Reverendissimo Monsignore Vescovo. Al Padreterno si può dare del tu, ad un Vescovo mai. D’altronde mai visto Gesù in prima fila nelle riunioni dei Potenti. Prima fila che un Cardinale non si nega mai.
Forse perché memore delle parole di Gesù, la prima fila sulle poltrone della terra serve per assicurarsi l’ultima nei cieli. E’ un atto di umiltà che gli uomini non capiscono: le Gerarchie dell’Ecclesia scelgono la prima fila sulla terra, per lasciare ai poveri le prime file nei cieli. Scelgono una felicità limitata nel tempo terreno, per garantire agli ultimi della terra “latte e miele” per l’eternità nel Paradiso.
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