È iniziato l’assedio contro l’Iran: Usa e Israele preparano lo scontro
di GLI OCCHI DELLA GUERRA (Lorenzo Vita)
Gli ultimi sviluppi in Medio Oriente indicano che è iniziato l’assedio contro l’Iran. E che ci si potrebbe preparare allo scontro finale. Proprio quando tutto sembrava orientato verso una vittoria di Teheran su scala regionale, il vento ha iniziato a cambiare. Israele e Stati Uniti hanno serrato le fila. E le monarchie del Golfo, loro partner principali in Medio Oriente, hanno preso parte a questo piano attivandosi sui fronti di loro interesse.
L’Iran da assediante ad assediato
Fino a meno di un anno fa, l’Iran sembrava avesse preso il controllo della situazione. La guerra in Siria volgeva (come ora) a favore di Bashar al Assad, grazie all’imprescindibile supporto russo e alla controffensiva dell’esercito siriano. In Yemen, gli Houthi sembravano destinati a ottenere quantomeno un equilibrio delle forze. E attraverso il blocco di Astana e il sollevamento delle sanzioni internazionali, l’Iran appariva in grado di estendere la sua influenza e riappropriarsi della libertà di manovra.
Ma l’inizio di quest’anno, in particolare con l’avvio dei raid israeliani in Siria, la situazione è mutata. Gradualmente, ma in maniera sensibile. Le certezze iraniane hanno iniziato a essere erose da un costante attacco politico, mediatico e militare di tutto il blocco che si contrappone all’Iran. La controffensiva di Stati Uniti, Israele, Arabia Saudita ed Emirati ha colpito a 360 gradi la politica iraniana. Che adesso si trova costretto a indietreggiare o ristabilire i suoi parametri se non vuole perdere quanto di guadagnato in questi anni di guerra al terrorismo ma anche di enorme lavoro di influenza politica.
Attacchi israeliani e equilibrio con la Russia
I bombardamenti di Israele in Siria sono stati, come detto, lo scatto della controffensiva del blocco anti Iran. C’è un prima e un dopo i raid. Israele ha colpito da sempre in territorio siriano, facendolo in modo del tutto arbitrario e, evidentemente, senza alcuna autorizzazione da parte di Damasco.
Ma se prima lo faceva quasi in maniera clandestina, colpendo qua e là i convogli di Hezbollah o alcuni movimenti di milizie sospette, nel 2018 la sua strategia è cambiata. I suoi attacchi sono sempre stati verificati. E quei pochi raid non confermati da Tel Aviv sono stati tacitamente confermati attraverso interviste o dichiarazioni di vertici della Difesa o degli alleati. Come l’ultimo sulle milizie irachene legate all’Iran ad Abu Kamal.
Questi attacchi hanno fatto vacillare l’Iran non solo per aver colpito l’infrastruttura miliare in Siria, ma perché hanno imposto alla Russia la scelta, difficilissima, si farsi da parte o intervenire a sua difesa. Vladimir Putin ha difeso sempre l’alleato iraniano dagli attacchi politici. Ma dal punto di vista militare, colpire un aereo israeliano avrebbe significato rompere le relazioni con un Paese storicamente amico della Russia.
Benjamin Netanyahu ha imposto a Putin una scelta: noi o loro. Mosca ha scelto entrambi, cercando limitare i danni. Lo ha fatto per salvare soprattutto la sua strategia in Siria, evitando il peggio per Assad e le sue forze. Ma adesso l’Iran si trova nella difficile condizione per cui a Mosca ha un amico che non può (e non vuole) difendere sempre.
L’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare
L’annuncio di Donald Trump di far uscire gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano ha colpito l’Iran sia a livello politico ma soprattutto a livello economico. Vero è che gli Stati Uniti si sono isolati rispetto alle grandi potenze, tutte concordi nel mantenere vivo l’accordo. Ma questo ha comportato per l’Iran un problema enorme di natura economica, che va a incidere sul delicato equilibrio della casse dello Stato ma anche della borghesia iraniana.
Le aziende americane, europee e internazionali hanno timore a investire in Iran dopo che la fine delle sanzioni aveva permesso al Paese di attrarre soldi, tecnologie e imprese utili a migliore un Paese costretto a sopravvivere a anni di durissima repressione economica.
Ma la rinnovata imposizione delle sanzioni ha anche un obiettivo politico: riportare la politica estera iraniana indietro di anni. Isolare di nuovo Teheran, quantomeno dall’Occidente, portandolo a formare un blocco economico forse con l’Oriente. Ma di sicuro ha creato una grossa frattura con le aziende europee e quindi con i partner economici.
La guerra in Yemen e l’offensiva su Hodeidah
La guerra in Yemen, altro grande campo di battaglia tra i due poli che si contendono il Medio Oriente, è molto complessa. Le milizie Houthi per anni hanno messo in scacco la coalizione a guida saudita e la pessima strategia di Mohammad bin Salman. L’Arabia Saudita ha perso uomini e credibilità, spendendo miliardi per devastare la popolazione yemenita.
Ma negli ultimi mesi, la coalizione ha ripreso ad avanzare. L’esercito governativo controlla adesso la maggior parte dello Yemen, mentre gli Emirati, dopo aver occupato molti porti-chiave in mano agli Houthi, hanno iniziato a cingere d’assedio Hodeidah, il bastione della resistenza sciita nel Mar Rosso.
In questo, le monarchie del Golfo sono supportate dagli Stati Uniti, dalle potenze europee e da Israele. Tutti concordi nel ripristinare il governo yemenita e sconfiggere le milizie ribelli legate a Teheran.
Il Libano e l’Iraq
Il Libano e l’Iraq, fino ad ora, sembrano i due Paesi in cui l’Iran può ancora dire la sua. E non sono Paesi secondari: rappresentano due dei tre Stati fondamentali che compongono la cosiddetta mezzaluna sciita da Teheran al Mediterraneo.
Ma bisogna fare attenzione a catalogare Beirut e Baghdad come vittorie iraniane. L’Iraq non ha mai spezzato i legami con le forze occidentali che hanno preso parte alla guerra allo Stato islamico. E i legami fra partiti e milizie sciite con l’Iran sono stabili ma non privi di contraddizioni. Lo stesso Moqtada al Sadr è personalità complessa, con legami oscuri ma allo stesso tempo certi con l’Arabia Saudita.
Mentre il Libano, dove Hezbollah ha vinto le ultime elezioni imponendosi come prima forza del Paese, è un Paese complesso e con un governo sempre legato all’Occidente. Saad Hariri è legato a doppio filo ai sauditi. E le forze armate libanesi hanno fortissimi legami con le potenze occidentali, in primis gli Stati Uniti. E nessuno vuole una guerra con Israele che possa devastare il Libano.
FONTE: http://www.occhidellaguerra.it/iran-assedio/
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