I deficit americani e l’impero americano
Su Zero Hedge troviamo il seguente articolo sull’impero statunitense che, sebbene esageri oltre il lecito la sua capacità o volontà di mantenere la pace mondiale e termini con una nota nostalgica difficile da condividere, chiarisce bene il dilemma di Triffin, cioè i vantaggi e gli svantaggi del poter pagare le importazioni con i dollari anziché con le esportazioni, e le attuali difficoltà in cui si dibatte il presidente Trump.
Proposto da Bryce McBride
Traduzione di Paolo Di Remigio
Articolo originale disponibile al seguente indirizzo:
https://www.zerohedge.com/news/2018-07-22/trade-deficits-and-american-empire
I deficit americani e l’impero americano
Un paio di mesi fa, per attuare meglio la sua visione degli interessi americani, Donald Trump ha cercato di cambiare gli impegni di sicurezza (soprattutto la Nato) e gli accordi commerciali (soprattutto il Nafta) dell’America. Osservando questi accordi come isolati e immaginando gli USA come se fossero un paese uguale agli altri, sembrerebbe che gli Stati Uniti, accollandosi più della sua quota dei costi della Nato e tollerando decenni di deficit commerciale, abbiano ricevuto un trattamento iniquo. Tuttavia la supremazia militare americana dipende dal dominio globale del dollaro che a sua volta implica deficit commerciali persistenti. Sono tre aspetti essenziali dell’impero globale americano. Se ne togliete uno, minacciate la sopravvivenza degli altri due e l’esistenza durevole dello stesso impero americano.
Nelle parole di John Perkins, autore dei libri “Confessioni di un sicario economico” e “La storia segreta dell’impero americano”, l’impero americano è il primo impero veramente globale, e il primo impero basato su una potenza economica indiretta anziché militare diretta. Tuttavia, nella sua struttura di base somiglia nondimeno a ogni impero che la terra ha conosciuto.
Imperi come quello romano esibiscono certe caratteristiche che spesso, almeno all’inizio, migliorano le vite dei loro assoggettati.
Primo, gli eserciti imperiali mantengono la pace all’interno e difendono dall’invasione esterna.
Secondo, le nazioni conquistate sono obbligate ad accettare e usare la moneta dell’impero.
Terzo, pace e stabilità e l’uso della valuta comune causano la fioritura del commercio.
Infine, questo incremento del commercio e dell’attività economica permette in generale all’impero di raccogliere le tasse e i pagamenti fiscali necessari a pagare gli eserciti imperiali da cui dipende la sicurezza dell’impero.
Confrontando l’attuale impero americano agli imperi del passato possiamo vedere che le prime tre caratteristiche dell’impero sono presenti.
Primo, la potenza militare americana è dispiegata in tutto il mondo; 170 000 uomini in servizio sono attualmente impiegati in 150 nazioni fuori dagli Stati Uniti a sostegno dei loro obblighi verso la Nato e gli altri alleati.
Secondo, il dollaro USA è la moneta mondiale. Come osserva il noto commentatore economico Jim Rickards nel suo articolo “Il dollaro USA: una vittima del proprio successo”, il dollaro è usato per circa il 60% delle riserve globali di valuta estera, per l’80% dei pagamenti globali e almeno per il 100% delle transazioni globali di petrolio.
Terzo, dalla fine della seconda guerra mondiale il commercio globale e la prosperità globale si sono estesi enormemente sotto la protezione delle armi americane e sotto la guida delle istituzioni economiche internazionali guidate dagli americani e basate sul dollaro come l’Organizzazione per il Commercio Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.
Mentre tuttavia i Romani potevano finanziare i loro eserciti imponendo tasse sul crescente commercio del loro impero, gli USA non possono fare lo stesso perché attualmente non governano le nazioni che dominano. Tuttavia, l’uso mondiale del dollaro statunitense permette all’America di raccogliere la ricchezza necessaria per finanziare il suo esercito in una maniera che ricorda i tributi pagati comunemente dalle nazioni dominate dagli antichi imperi mediorientali degli Assiri, dei Babilonesi e dei Persiani.
Avendo bisogno di dollari USA per comprare petrolio e altri beni di importazione, le altre nazioni hanno anche bisogno di detenere dollari USA come riserve di valuta estera. Il modo più semplice di acquisire dollari è di vendere beni e servizi agli Stati Uniti accettando dollari (che non saranno mai usati per comprare beni americani) in pagamento. Osservando il flusso di beni e servizi, possiamo facilmente scoprire un modello di stati tributari che mandano tesori alla potenza imperiale. Petrolio dal Medio Oriente, elettronica e apparecchiature dall’Asia Orientale, minerali dall’Africa, frutta tropicale dall’America Latina e componenti d’auto dal Canada, dal Messico e dalla UE, tutto fluisce negli USA da tutto il mondo in cambio di dollari che saranno d’ora in poi usati soltanto fuori dagli USA. Come ho scritto in un precedente articolo, gli USA sono il solo paese al mondo capace di firmare assegni (emettere dollari) che non saranno mai riscossi (usati per comprare beni e servizi americani).
Osservato nel suo insieme il sistema funziona. Gli Stati Uniti provvedono sicurezza e una valuta comune al mondo e in cambio il mondo, reso prospero dalla protezione americana e dalla integrazione finanziaria, provvede agli Stati Uniti beni e servizi.
Tuttavia, esaminati con le lenti dei conti nazionali, questi flussi di beni e di servizi sono identificati come deficit commerciali. Per Trump e per molti suoi sostenitori, questi persistenti deficit commerciali hanno provocato la de-industrializzazione dell’America e l’eliminazione di milioni di posti di lavoro nell’industria americana. Per riportare indietro questi posti di lavoro, Trump è determinato a rinegoziare i trattati commerciali dell’America per cercare di riportarne in equilibrio i conti commerciali.
Come potenza imperiale e come emittente della valuta di riserva mondiale, l’America non può avere però una bilancia commerciale in equilibrio. Questo dilemma fu notato per la prima volta da un economista belga, Robert Triffin, negli anni ‘60. Se la bilancia commerciale americana fosse in equilibrio, gli stranieri non potrebbero accedere ai dollari addizionali necessari per pagare le importazioni dagli altri e come riserve. Senza un accesso affidabile ai dollari, il commercio mondiale diventerebbe molto difficile dal momento che l’80% dei pagamenti globali sono fatti in dollari. Se collassasse il commercio globale, altrettanto farebbe la prosperità globale. Infine, senza i pagamenti tributari rappresentati dai suoi persistenti deficit commerciali, come potrebbe l’America continuare a finanziare i suoi impegni militari?
Fondamentalmente Trump sembra voler gettare in mare alcuni aspetti dell’impero americano salvandone altri, ma il problema è che questo impero è un pacchetto unico. È semplicemente impossibile per gli USA eliminare i suoi deficit commerciali senza anche rinunciare ai benefici che fluiscono negli USA (e nel resto del mondo) dall’accettazione del dollaro come valuta di riserva mondiale.
Nel frattempo altri paesi che capiscono il danno che gli obiettivi incompatibili di Trump possono infliggere al commercio e alla prosperità globali sono impegnati a costruire alternative al dollaro USA per i pagamenti internazionali e le riserve.
Soprattutto i cinesi sono impegnati a dare una maggiore presenza internazionale alla loro valuta, lo yuan. Tuttavia, consapevole del dilemma di Triffin, la Cina non vuole che lo yuan diventi una valuta di riserva globale. Invece, secondo il recente articolo di Jim Rickards, sembra che lavorino con i russi, gli iraniani e altri paesi per creare un sistema in cui il commercio sia condotto e i bilanci siano registrati usando qualche forma di libro mastro tecnologico (simile al bitcoin), con i bilanci netti saldati in oro (la valuta di riserva globale originaria) alla fine di ogni trimestre.
In alternativa, il Fondo Monetario Internazionale è anche al lavoro per creare una versione in cripto-valuta della sua valuta di riserva esistente (chiamata “diritto speciale di prelievo” o SDR) che può essere usata in modo simile per denominare, registrare e saldare il commercio internazionale.
Qualunque sistema di regolazione commerciale finisca per essere adottato, sembra che la scritta sia sulla parete per il dollaro USA come valuta mondiale di riserva. Se iniziano a vedere i dollari diventare o difficili da ottenere o meno utili per il commercio, i detentori esteri di dollari non li vorranno detenere come riserve. Se, di conseguenza, gli stranieri diventano refrattari ad accettare il pagamento in dollari che perdono rapidamente valore, il governo americano non potrà più permettersi una presenza militare globale. La conseguente incertezza economica e geopolitica disturberà senza dubbio il commercio mondiale, minacciando sia la prosperità che la sicurezza globale. Sul lato dei vantaggi, però, la bilancia commerciale americana sarà di nuovo in equilibrio perché gli americani, detenendo dollari di nuovo svalutati, non potranno più permettersi beni esteri proprio come i beni americani prodotti con risorse americani di nuovo a buon mercato troveranno compratori pronti all’estero.
Tutto sommato, sarebbe probabilmente meglio per tutti gli interessati continuare a tollerare persistenti deficit commerciali americani.
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