Sul logos
di Tino Di Cicco
Dal punto di vista della natura, le cose sono separate le une dalle altre. E forse è così anche dal punto di vista di Dio.
Dal punto di vista dell’uomo, invece, le cose stanno diversamente.
L’uomo è l’animale che mette-in-relazione una cosa ad un’altra; e questa relazione, questo collegamento, è stabilito non per un astratto bisogno di verità, ma in base alle esigenze dello stesso uomo.
E’ il nostro inter-esse che de-cide perché collegare una cosa ad un’altra, e anche quale tipo di relazione stabilire.
In natura un albero è solamente un albero; come una nuvola è solamente una nuvola. Dal punto di vista dell’uomo però, è difficilissimo vedere l’albero come se fosse solamente un albero,e la nuvola come se fosse solamente la nuvola. Il nostro inter-esse lega la nuvola all’albero, perché speriamo che dalla nuvola scenda la pioggia per far crescere l’albero: albero che poi darà ombra, frutti e legna a noi.
E’ il nostro bisogno di ombra, cibo e legna che mette in relazione nuvola e albero, non la natura.
A questa capacità di stabilire relazioni , contatti, collegamenti tra cose che in natura stanno ognuna per sé, l’uomo ha dato il nome di logos : “alla domanda che chiede cosa sia il logos, c’è una sola risposta adeguata……esso lacia-stare-insieme-dinnanzi” (tutte le cose)(M. Heidegger, Saggi e discorsi, Mursia, pag. 150).
Già Eraclito evidenziava l’importanza del mettere in connessione del Logos, quando diceva che “sapienza è riconoscere che tutte le cose sono una sola”.
Naturalmente la parola “logos” è più nota come sinonimo di ragione, discorso, : “Chi può negare che nella lingua dei greci leghein (- da cui logos -)significhi parlare, dire, narrare? Però, in un tempo ugualmente antico e in modo ancora più originario,..leghein significa anche ……..: posare, mettere dinnanzi. In questo senso si fa sentire il senso di riunire, mettere insieme”( M. Heidegger, Saggi e discorsi , Mursia pag. 142).
La “logica” perciò è anche la capacità degli uomini di creare una relazione tra entità che altrimenti sarebbero separate. Ed è la prospettiva originata dal nostro inter-esse a stabilire il tipo di relazione.
Ma se la capacità di mettere-in-relazione le cose ha generato quel Logos che ha reso potente l’uomo sulla terra, quella stessa capacità è stata anche il suo limite : gli ha impedito, infatti, di guardare oltre la roccaforte antropomorfa generata dal logos; gli ha impedito di incontrare le cose del mondo così come sono, senza la violenza deformante del nostro inter-esse.
L’uomo è perciò essenzialmente un animale “logico”, capace cioè di mettere in relazione cose che in natura sarebbero separate.
Ma non dovremmo mai dimenticare che questa connessione “logica” tra gli enti è stabilita da noi per i nostri inter-essi. La “verità” è un’altra cosa. E possiamo cominciare ad intuirla quando ci allontaniamo da noi , dal nostro interesse e dalla nostra “logica”.
Quando la grazia” o il caso ci consentono di passare dalla presuntuosa gravità dell’io, alla lieve fede nel nulla.
I due significati di logos mi sembrano correlati, perché discorrere e ragionare significano collegare. Colui che ragiona collega causa ed effetto; genere e specie; e così via.
Tu parli di una verità che sta al di là della realtà. La realtà noi la costruiamo, sia materialmente, sia attraverso il logos. Anzi attraverso un infinito processo circolare di pensiero e di azioni. La realtà è artificiale; è costruita dall'uomo; e non esisterebbe senza l'uomo – senza l'uomo la natura sarebbe un immane deserto, ha detto qualcuno.
Che cosa è questa verità che sta al di là della realtà? Che cosa è la "lieve fede nel nulla?. E' altro che una condizione di allontanamento dalla realtà? E' altro da una scelta di estraniamento? E' altro dalla scelta dell'eremita? E' una scelta di una verità contro la realtà o è una semplice scelta di negazione della realtà?
Allego il commento che Tino mi ha inviato via email, scritto in risposta all'interrogativo che ponevo
"Caro Stefano
Cerco di seguire il tuo ragionamento : è evidente che i due significati della parola “logos” sono correlati; ma mentre il significato relativo al discorrere e ragionare è assodato e totalmente acquisito, quello che mi sembra precedere il discorrere e ragionare, no.
Per risalire a quest’ultimo significato occorre poter considerare le cose indipendenti da noi. Ma questa considerazione forse è accessibile solo per via “mistica” ( ma attenzione : la mistica per alcuni è la massima espressione della “ragione”; di una ragione però depurata , per quanto è possibile, dall’interesse dell’uomo).
E’ vero poi che la realtà la costruiamo noi : per Protagora era l’uomo che misurava la realtà; per Platone l’unità di misura del reale era il divino. Chi aveva ragione ?
Bisogna essere molto attenti a non fare confusione tra il materiale e il reale. La gioia e il dolore non sono tangibili, ma chi potrebbe dire che sono irreali ‘
Non si tratta di toccare una “verità che sta al di là della realtà”; ma si tratta – forse – di non dimenticare la realtà che sta oltre il visibile. Noi siamo quello che siamo e anche quello che non siamo; e forse quello che non siamo vale più di quello che siamo.
La “lieve fede nel nulla” è forse un poco il superamento del timore della morte. A quanta verità rinunciamo per timore della morte. A quante viltà, menzogne, ipocrisie diamo il nome di “valori”, solo perché fanno vivere meglio l’animale in noi ! Più ci liberiamo dell’antropomorfismo, più ci avviciniamo al “nulla”. Ma questo “nulla” può essere più pieno del pieno dell’uomo.
a presto"
Tino
L'articolo inizia con tesi non dimostrabili (la Natura e Dio vedono le Cose separate) per finire con una dichiarazione assoluta: " L’uomo è perciò essenzialmente un animale “logico”, capace cioè di mettere in relazione cose che in natura sarebbero separate."
Chiaramente, partendo da premesse sbagliate non si può che giungere a conclusioni sballate.
Occorre innanzitutto chiarire che NESSUNO è in grado di chiarire cosa "pensino" Natura e Dei. Ammesso che esistano. Quali interessi abbiano e quali scopi perseguano va ben oltre il piano razionale che l'articolo tenta di abbozzare, e sfido chiunque a dimostrare che tali scopi e interessi esistano tout-court.
Nell'eventualità sono disposto a tirare fuori l'arma segreta della patafisica, su cui mi riprometto di scrivere qualcosa.
Quindi, dato che non esiste prova alcuna che "in Natura le Cose sono separate" non ha senso parlare di Logos come sistema relazionale riferito alla Natura.
Sarebbe molto meglio riferire il Logos all'attività umana, lasciando da parte Dei e Natura, e cominciare a ragionare sui motivi per cui crediamo necessario tirare in ballo entità metafisiche quando tutta la questione rimane nell'alveo della Cultura, ovvero della percezione di Sè e del Reale.
Abbiamo necessità di comunicare. Forse non è sempre stato così, ma adesso le cose stanno proprio così. Questo è il punto di partenza. Non c'entrano Dei o Natura. Siamo NOI UMANI a percepire tale necessità, e per soddisfarla abbiamo creato il Logos, archetipo minimo senza il quale tutta l'impalcatura comunicativa crollerebbe.
Apprezzo l'invito a non dimenticare la realtà che sta oltre il visibile.
Viceversa trovo imbarazzante l'affermazione secondo cui Noi siamo quello che siamo e anche quello che non siamo Parmenide avrebbe da reclamare che "ciò che è, è. Ciò che non è, non è", mettendo una seria ipoteca su tale schizofrenica affermazione.
Io sono le mie relazioni, i miei affetti, la mia storia, le mie conquiste e le mie sconfitte. Tutto ciò sono IO, e non riconosco NULLA al di fuori di ciò.