Per l’Unione Europea il piccolo imprenditore deve morire
di GIANLUCA BALDINI (FSI Pescara)
Stamattina sono passato in un negozio di elettronica per verificare se avesse a disposizione un adattatore video, che serviva con urgenza in ufficio, irreperibile presso la GDO. Mi hanno risolto il problema in un nanosecondo per un costo irrisorio.
Ho scambiato due chiacchiere col titolare, un signore cortese e paziente che mi ha raccontato con gli occhi lucidi la travagliatissima storia della sua avventura imprenditoriale, che sta sperimentando le medesime difficoltà condivise da tutte le piccole attività economiche di prossimità.
Il rapporto umano, la flessibilità, la disponibilità del piccolo negoziante di fiducia non possono competere con l’omologazione spersonalizzante della grande distribuzione organizzata.
Il piccolo commercio di prossimità va tutelato con lo strumento fiscale: dobbiamo sollevare artigiani e commercianti che esercitano nel perimetro urbano da ogni tipo di onere, incentivandoli, anzi, con sgravi, e limitando la regolamentazione al rispetto del decoro degli spazi pubblici.
Per converso, dobbiamo massacrare di tasse il grande capitale, che può permettersi di pagare e deve contribuire alla raccolta fiscale degli enti territoriali in maniera più che proporzionale, essendo in grado di sostenere il peso di spese aggiuntive, grazie ai lauti ricavi realizzati in forza delle economie di scala conseguibili dalla GDO.
È il grande che deve pagare per il piccolo, non viceversa; così come sono gli individui più facoltosi che devono contribuire con criterio di progressività all’equilibrio finanziario dei servizi erogati in favore dei meno abbienti. In questo sistema malato promosso dall’Unione Europea accade il contrario.
Le politiche pubbliche nell’UE promuovono le aggregazioni, le concentrazioni, il grande capitale, ritenuto l’unico in grado di conseguire la migliore allocazione delle risorse, mentre il piccolo deve morire. È il discorso che abbiamo sentito tante volte ripetere da soggetti politici che esprimono le posizioni più-europeiste, che attribuiscono la perdita di competitività del nostro Paese al “nanismo” delle imprese italiane.
Costoro ritengono che la piccola industria ed il piccolo commercio siano una patologia, e promuovono quelle politiche la cui attuazione è sotto gli occhi di tutti.
Così accade che in Abruzzo, terra di orsi, lupi e centri commerciali, si metta sul piatto la realizzazione dell’ennesimo scempio megagalattico. Sempre nelle aree di esondazione del fiume (tanto poi la Regione finanzierà con decine di milioni di euro pubblici gli interventi di messa in sicurezza idraulica), regalando terreni e concedendo sgravi fiscali ad iniziative imprenditoriali che avranno verosimilmente dietro la malavita organizzata (solo la mafia può investire centinaia di milioni di euro, alle condizioni attuali di mercato, in un’area a così elevata concorrenza), mentre al negozietto del centro o della periferia il Comune chiederà di pagare una tassa sulla proiezione dell’ombra della tenda da sole.
ESO ES…
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