Se vostro figlio deve espatriare per lavorare
di GIANLUCA BALDINI (FSI Pescara)
Tra amici e conoscenti rilevo un numero crescente di giovani espatriati per ragioni di lavoro. In molti casi si tratta di figli di amici che hanno trovato opportunità di impiego in Inghilterra o in Germania subito dopo la formazione accademica o nell’ambito della stessa e che non tornerebbero in Italia perché non avrebbero oggi alcuna speranza di trovare altrettanta gratificazione.
L’emigrazione di necessità, dal punto di vista del decisore pubblico responsabile di attuare politiche di investimento finalizzate alla crescita economica e al benessere della collettività, dovrebbe essere interpretata come un male da combattere. Il giovane italiano che emigra, infatti, costituisce una perdita netta di capitale umano e di patrimonio intellettuale e culturale, un investimento a perdere per la collettività e un altro pezzo d’Italia che se ne va.
Al contrario, negli ultimi tre decenni, la nostra classe dirigente prostrata agli interessi della grande industria europea, ha promosso e incentivato l’emigrazione. In un mercato unico il lavoro deve spostarsi rapidamente dove serve. Si chiama “allocazione ottimale dei fattori produttivi” ed è la ragione per cui si è reso necessario eliminare i vincoli alla circolazione di capitale, persone, merci e servizi. Non a caso, nella letteratura scientifica di settore non viene mai utilizzata la locuzione romantica a noi cara “libera circolazione di persone”, ma “factor market”, mercato dei fattori produttivi, che sono il capitale e il lavoro.
Le frontiere non vengono abbattute per non esibire il passaporto, ma per agevolare la grande industria a spostare masse di lavoratori da un luogo all’altro, in funzione del ritorno dell’investimento garantito dai diversi scenari globali. Le persone sono fattori produttivi e la loro circolazione serve a questo, all’efficienza allocativa.
Se volete che i vostri figli trovino un lavoro vicino casa e non siano più costretti ad emigrare dobbiamo abbandonare questo modello di sviluppo e riprendere la strada tracciata dal nostro dettato costituzionale. Il lavoro è un diritto, qui, sulla nostra terra, vicino alla nostra famiglia, per contribuire alla crescita economica e sociale della nostra collettività.
Commenti recenti