Il modello costituzionale, il modello imposto dai trattati europei e perché iscriversi al FSI
di MASSIMILIANO CAPRIUOLI (FSI Forlì-Cesena)
Il modello di società disegnato, previsto e, vorrei ricordarlo, imposto dalla nostra Costituzione è basato sulla piena occupazione. La Repubblica è infatti fondata sul lavoro (articolo 1), garantisce il diritto al lavoro (articolo 4) e garantisce anche al lavoratore un salario in grado di assicurare una vita dignitosa al lavoratore stesso e alla sua famiglia (articolo 36).
Non solo: la Repubblica promuove le condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro (sempre articolo 4) e rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana (articolo 3). Dunque la Repubblica non si limita a sancire sulla carta il diritto al lavoro, ma ha il compito di renderlo effettivo, e gli strumenti di cui la Repubblica si dota per rendere effettivo il diritto al lavoro sono chiariti sempre dalla Costituzione nel Titolo terzo, denominato “rapporti economici” (articoli dal 35 al 47), questi articoli prefigurano un importante intervento dello stato in economia.
Durante la prima repubblica la banca d’ Italia (che dipendeva dallo stato) comprava titoli del debito pubblico e finanziava lo stato, che spendeva a deficit creando cosi quel risparmio che viene tutelato dall’articolo 47. Infatti il deficit dello stato è l’attivo del settore privato essendo la differenza fra i soldi che lo stato immette nell’economia tramite la spesa pubblica, e i soldi che preleva dall’economia tramite le tasse. Questi soldi che lo stato metteva nelle tasche dei cittadini tramite il deficit, creavano la domanda di beni e servizi grazie alla quale le imprese private potevano vendere i loro prodotti e quindi prosperare (e quindi assumere lavoratori). Dunque lo stato creava lavoro direttamente tramite la gestione di interi settori e servizi pubblici (pubblica amministrazione, sanità, giustizia,scuola, autostrade,poste, telefonia,energia ecc.), ma anche tramite tantissime aziende pubbliche che facevano capo all’IRI; e creava lavoro indirettamente tramite il deficit.
Non solo, lo stato indirizzava anche il risparmio privato verso gli investimenti produttivi volti a creare occupazione, e lo faceva reprimendo la rendita finanziaria: infatti lo stato vincolava la circolazione dei capitali, che non potendo uscire dovevano essere investiti nell’economia reale, oppure convogliati nei titoli di stato; diversamente questi capitali sarebbero stati erosi dall’inflazione che a quei tempi era abbastanza alta grazie agli elevati livelli di occupazione.
Questo sistema era perfettamente sostenibile per diversi motivi, ad esempio perché la banca centrale potendo stampare moneta era sempre in grado di rifinanziare il debito; perché la parte di debito che lo stato ha con la propria banca è in pratica un debito che lo stato ha con se stesso; perché la spesa pubblica non aumenta solo il debito ma aumenta anche il PIL e di conseguenza il rapporto debito PIL migliora essendo il PIL al denominatore; perché lo stato decidendo i tassi di interesse si finanziava complessivamente a tassi inferiori all’inflazione e di conseguenza il debito in termini reali, non cresceva ma diminuiva.
Tutto questo è vero a tal punto che l’Italia, uscita distrutta dalla guerra, in soli 30 anni aveva costruito infrastrutture all’ avanguardia, un industria pubblica che primeggiava in tantissimi settori, era diventata una delle prime potenze industriali del mondo e nel 1981 aveva un rapporto debito PIL al 58% e perfettamente sotto controllo. Poi cosa è successo?
Poi è successo che Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi, rispettivamente ministro del Tesoro e governatore della Banca d’Italia hanno deciso tramite una semplice lettera che la banca centrale doveva essere indipendente dal tesoro e dunque non era più tenuta ad acquistare i titoli del debito pubblico. A questo punto lo stato non aveva più un acquirente sicuro per i suoi titoli, e dovendoli piazzare sul mercato, per invogliare i compratori era costretto ad offrire tassi di interesse più elevati. Il debito pubblico passò dal 58% al 120% del PIL in dieci anni, e il motivo di questa esplosione non fu la spesa pubblica che rimase sostanzialmente invariata, ma fu appunto la crescita esponenziale dei tassi di interesse.
Si calcola che dal 1980 abbiamo pagato oltre 3000 miliardi di interessi sul debito (una cifra superiore al debito stesso, che abbiamo pagato principalmente ai grandi colossi finanziari). Il cosiddetto divorzio fra il Tesoro e la Banca d’Italia fu un tradimento della nostra Costituzione e applicò in Italia il principio liberale della banca centrale indipendente, principio oggi cristallizzato nei trattati europei che sono in insanabile contrasto con la nostra Costituzione ed impongono agli stati membri dell’unione europea il liberalismo più estremo.
Il trattato di Maastricht, ovvero il trattato fondativo dell’unione europea, impone all’Italia dei vincoli che la costringono a fare avanzo primario (il contrario del deficit): da 26 anni l’Italia sottrae alla collettività attraverso le tasse più di quanto immette con la spesa pubblica. Il principale obbiettivo dell’unione europea è la stabilità dei prezzi, e dunque la lotta all’inflazione: questo obbiettivo però contrasta con l’ obbiettivo costituzionale della piena occupazione, infatti l’inflazione cresce al crescere dei livelli occupazionali, e questo è talmente vero che Bruxelles calcola per ogni paese il N.A.I.R.U. Si tratta di un acronimo traducibile come il tasso di disoccupazione non accelerante l inflazione. Questo tasso di disoccupazione per l’Italia è a 2 cifre, ed è un tasso di disoccupazione che per i nostri padri costituenti sarebbe stato ovviamente inaccettabile.
L’inflazione non piace ai liberali perché costringe i grandi capitali a entrare nel circuito produttivo invece di rimanere a rendita, e perché abbatte i debiti (debito pubblico incluso), mentre è sufficiente indicizzare salari e pensioni per renderla accettabile ai ceti più poveri, che spesso sono anche debitori e avendo il salario indicizzato vedono la loro rata alleggerirsi sempre di più grazie all’inflazione.
Adottando l’ euro l’Italia non ha più il potere di emettere moneta (potere riservato alla BCE), e quindi non può più finanziare autonomamente il suo debito pubblico, che ora è denominato in moneta straniera. Questo fatto pone i cosiddetti mercati (meno di una ventina di colossi finanziari)nella posizione di ricattare l’Italia, chiedendo riforme, liberalizzazioni, privatizzazioni e quant’altro per non strozzarla con i tassi di interesse.
L’unione europea impone la concorrenza in tutti i settori e vieta gli aiuti di stato, mentre abbiamo visto che la Costituzione impone allo stato di intervenire in economia. L’ unione europea impone la libera circolazione di merci servizi persone e capitali, impedendo di fatto all’Italia di avere una politica commerciale e doganale a tutela della produzione nazionale e dell’occupazione, i grandi capitali, essendo liberi di circolare, sono anche liberi di ricattare gli stati minacciando di andarsene (o di delocalizzare nel caso si tratti di capitali investiti nella produzione) qualora l’Italia ad esempio attui la Costituzione e imponga un sistema fiscale progressivo e giusto nel quale chi guadagna di più deve essere tassato di più, oppure nel caso che riconosca ai lavoratori la stabilità del posto di lavoro o altri diritti non graditi al capitale, o per fare un ultimo esempio, nel caso in cui imponga norme sulla tutela dell’ambiente che rappresentano un onere per il capitale (ma anche un diritto alla salute per i cittadini). L’unione europea si basa sulla forte competizione, alla faccia della retorica che la vedrebbe portatrice di pace. L’unione europea è un mostro. Un mostro che sta soffocando la nostra repubblica democratica fondata sul lavoro.
Il Fronte Sovranista Italiano (FSI) è un partito che ha lo scopo sociale (articolo 4 dello statuto) di recedere dall’unione europea e di applicare fedelmente la nostra costituzione del 48. Io mi sono iscritto, se anche tu vuoi liberare l’Italia da questa morsa letale, se anche tu ami la Costituzione, unisciti a noi.
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