Consumo, dunque non sono
di MARCELLO VEZZOLI (FSI Brescia)
La sostituzione progressiva della figura antropologica del cittadino produttore pensante con il suddito consumatore depensante, pervenuta nella fase del suo estremo parossismo è la strada maestra dell’irresponsabilità politica generalizzata e della irresponsabilità tout court, in cui pare che l’infantilismo dilagante sia divenuta la cifra comune, contropartita naturale della cessione delle armi al dio mercato e alla sua schiavitù del desiderio ossessivo.
E così abbiamo folle sterminate di individui, che agiscono e sentono analogamente, omologati nel modello planetario del consumatore compulsivo, categoria terminale dell’alienazione umana il cui marchio di distinzione è nel fanatismo.
Tale diagnosi trova conferma, quando una considerevole parte della massa del corpo elettorale evapora, smaterializzandosi, in una nube gassosa di fanatismo puro, abdicando a qualsivoglia pretesa di giudizio di valore, esigenza di vigilanza e criterio di responsabilità, fino a sdoganare le menzogne stesse e le patenti strumentalizzazioni/ manipolazioni, inscenate dai propri paladini, dall’ambito delle condotte socialmente deprecabili…
Così, l’etica del discorso e dell’esempio virtuoso, cedono il passo alla cosmetica dell’idolatria, al delirio dell’abbandono estatico dell’autoannullamento di sé nell’oggetto momentaneo della propria adorazione.
Salvini e altri demagoghi, soltanto pallidi e incoscienti scimmiottatori di un passato che spesso non conoscono, né rispetto ad oggi né rispetto a ieri inaugurano alcuna novità, ma si inscrivono a pieno titolo in una stagione in cui politici e maitre à penser si sentono, adesso più di ieri e non senza buone ragioni, padroni assoluti del discorso, tanto da poter sparare liberamente e a proprio capriccio sugli spalti mediatici, raccontando con serena faciloneria tutto e il suo contrario, finanche mentendo platealmente con la più spudorata disinvoltura, invulnerabilmente ammantati nel favore acquiescente e incondizionato di legioni di supporters idiotizzati, che sanno con certezza ne giustificheranno, perfino asseconderanno, in ogni caso e senza riserve, le condotte, immunizzati dall’assegno in bianco a fondo illimitato di una universale presunzione di buona fede e mitologica infallibilità, addirittura controfattuale.
Per l’intero periodo dell’innamoramento, o se preferite dell’accoppiamento, lungi dal pagare pegno, attraccati in un porto sicurissimo, ogni loro scempiaggine e chiacchiera buttata lì, ogni spergiuro, ogni tweet contraddittorio, si dissolverà come bruma, neutralizzandosi in una sorta di zona franca ideale nella cui regione le scorie si riconvertiranno in controvalori positivi, spendibili alla stregua di crediti al consumo.
Nell’epoca consumistico pubblicitaria attuale, dove, in forza della demolizione controllata delle agenzie educative, prima tra tutte l’istituzione della scuola pubblica, la temperie dominante ha favorito ferocemente una diffusa inidoneità al ragionamento, alla riflessione, alla problematizzazione, alla messa in ordine del quadro sentimentale, tesa all’equilibrio statico e dinamico dell’edificio umanistico; ebbene, in questo scenario pare che sempre più le fluttuazioni emotive tendano, e tenderanno, a prevalere con progressione incrementale sugli assetti razionali e, quindi, relazionali di ogni livello, fino a quello facente perno nell’habitat della pubblica opinione.
In questa cornice di senso, peraltro, è bene rilevare come alla figura autentica e matura del rivoluzionario, sia andata subdolamente sostituendosi la figura illusoria, inautentica e immatura del disobbediente, che, al pari del bambino, nega nega nega, convulsamente e senza costrutto alcuno, senza progettualità, al più minacciando scompostamente decostruzioni a colpi di piccone.
Da queste poche considerazioni, si evince chiaramente come la natura autentica della guerra in corso sia culturale, avendo il sistema ultra liberista affondato le proprie infeste radici subculturali nelle fondamenta stesse della civiltà, e debba perciò essere combattuta in virtù di una controffensiva, o per meglio dire controrivoluzione, anzitutto da giocarsi sul terreno culturale.
Una risposta
[…] dunque non sono di Marcello Vezzoli (pubblicato su appelloalpopolo.it il 27 dicembre […]