Immigrazione o nuova emigrazione
di GIANLUCA BALDINI (FSI Pescara)
Io se fossi al governo sarei ossessionato dall’emigrazione più che dall’immigrazione, che ormai è un fenomeno decisamente mitigato.
Se mi guardo intorno degli amici con cui sono cresciuto o studiato non rimane che una sparuta minoranza. Sono tutti fuggiti al nord o all’estero. Viviamo la situazione di un’area depressa, come se fossimo un paese del terzo mondo o in guerra dal quale fuggire.
La disoccupazione e l’inoccupazione generano questo fenomeno, che comporta non solo costi sociali notevoli, ma ingenti costi economici.
A fuggire infatti sono in larga parte i lavoratori più qualificati, più giovani, quelli che dovrebbero contribuire a rilanciare l’economia del paese. Così al costo sociale si somma la distruzione del capitale umano, la depatrimonializzazione dei giacimenti di competenze e conoscenza.
L’emigrazione forzata condanna l’Italia a un futuro senza speranze e va combattuta con tutte le armi a disposizione, in primis attraverso la leva della spesa pubblica.
Ecco perché è necessario slegarsi dai vincoli dei criteri di convergenza imposti dai trattati europei che impongono una politica fiscale recessiva che aggrava la disoccupazione e gli effetti nefasti ad essa correlati.
Lo Stato deve dare lavoro ai giovani infermieri, medici, avvocati, economisti, funzionari amministrativi nei vari comparti della PA, a coloro i quali aspirano ad entrare nelle forze dell’ordine, agli insegnanti, ai milioni di giovani disoccupati formati per fare lavori di cui c’è estremo e urgente bisogno.
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