Il “transumanismo”? Un trucco per farsi belli agli occhi del Progresso
di IL GIORNALE (Corrado Ocone)
L’ibridazione fra corpo umano e macchine è il frutto di un illuminismo illiberale
Si intitola Della bellezza dei corpi. Il risveglio della sensualità pagana, il nuovo libro di Riccardo Campa, appena uscito per D editore (pagg. 227, euro 14,90). Per inquadrare il volume è però necessario spendere due parole sull’autore, professore di sociologia all’università Jagellonica di Cracovia, ma soprattutto fondatore (nel 2004) e presidente onorario dell’Associazione Italiana Transumanisti.
Che cosa sia il transumanismo è presto detto: la più radicale delle correnti filosofiche che, non ancora molto studiate e frequentate in Italia, vengono collocate sotto la più comprensiva etichetta di «postumanismo». Esso non solo si pone il problema del rapporto dell’uomo con le nuove tecnologie (biotecnologia, intelligenza artificiale, bioinformatica, nanomeccattronica, ecc.), ma addirittura auspica e lavora per la trasformazione e l’ibridazione dell’essere umano con le nuove e potenti protesi che la scienza ci mette a disposizione. Se a noi questa prospettiva sembra inquietante, per i transumanisti essa rappresenta una riappropriazione da parte dell’uomo del suo destino evolutivo: un destino da cui ci avrebbe distratto il dominio bimillenario del cristianesimo. Parafrasando il titolo di un suo precedente libro, quella a cui oggi assisteremmo, secondo Campa, è una vera e propria «rivincita del paganesimo», cioè di un universo mentale e morale che, senza la zavorra del Dio unico dei monoteismi, permetteva all’uomo di esprimersi veramente, cioè in senso compiuto. Gli impediva, detto altrimenti, di castrare le sue possibilità in nome di un’etica del sacrificio soprannaturale e soprattutto «innaturale». Aver posto l’uomo al centro dell’universo, di cui egli è invece da considerarsi solo una parte marginale, averlo poi considerato addirittura come «figlio di dio», lungi dall’essere stato un momento di emancipazione, è stato il momento della più completa abiezione. Per fortuna gradualmente, prima nel nostro Rinascimento e poi sempre più nella modernità, Dio è stato sempre più abbandonato al suo destino. «Secolarizzatosi», cioè pronto a non considerarsi diverso o superiore rispetto alle bestie o alle stesse cose immateriali, l’uomo può ora finalmente, con la consumata «morte di Dio», tendere ad altro da sé e immergersi nella continuità immanente del mondo.
Questo discorso transumanista è da Campa sviluppato nel libro in ambito estetico, ove egli vede in azione in questa nostra tarda modernità quel «culto del corpo» che i Greci e i Latini avevano e che, in un’ottica cristiana, era stato ripreso nel nostro Rinascimento. Di qui l’odierna esaltazione della fisicità, per tanti secoli sacrificata sull’altare dello «spirito», nonché l’edonismo sensuale che pervade l’estetica di massa delle nostre società e la stessa volontà di «rimodellare» i corpi che la natura ci ha dato attraverso le tecniche di lifting e secondo canoni estetici di nostra continua creazione.
Ora, a parte il fatto che Campa sembra non fare i conti con la rinascita in ambito islamico di una concezione che il corpo, e quello femminile in particolare, tende costantemente a mortificarlo, ciò che proprio non regge nel discorso transumanista sono due elementi: da una parte, la lettura di comodo del cristianesimo; dall’altra, l’adesione a una sorta di illuminismo radicale che considera la storia come una lotta tra forze del bene alla fine trionfanti (il paganesimo) e forze del male dopo lunga lotta finalmente sconfitte (le religioni monoteistiche). Il tutto alla luce della più vetusta delle ideologie: quella del Progresso. La storia si svolge in verità in modo meno diritto e più dialettico e già solo pensare di poter eliminare la conflittualità, che è l’essenza del nostro mondo, è ingenuo e pericoloso. Il cristianesimo sin dall’inizio, in quanto religione di un Dio che si è incarnato, conteneva un’idea del corpo assolutamente non negativa; così come il naturalismo dei pagani non regge ad una riflessione filosofica seria: se tutto è natura, come può esserlo quell’ente che la natura la pensa e col suo pensiero la fa essere? Perdere la dimensione cristiana, e cioè umana, dell’esistenza, significherebbe una sola cosa: passare dall’imperfetto mondo umano esistente all’armonico mondo della pace perpetua, cioè in sostanza a quello della morte.
Quella transumanista è un’ideologia, e nemmeno delle più innocue. Una ideologia illiberale, perché il liberalismo, che è la dottrina filosofica che più aderisce all’essenza umana, si muove in una dimensione chiaroscurale. Che le nuove tecnologie cambieranno radicalmente il mondo è innegabile, così come è indubbio che sarà necessario governarle con strumenti che oggi nemmeno immaginiamo. Ma ciò da un punto di vista storico non significa molto. Tante volte nel passato abbiamo dato per finita la storia e non è successo: non accadrà nemmeno questa volta col postumanismo!
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