Limitazioni, cessioni o distruzione?
di CLAUDIA VERGELLA (FSI Roma)
L’art. 11 della Costituzione recita: “L’ Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni”. Come più volte è stato notato, qui si parla di “limitazioni” e non di “cessioni” di sovranità (dai paesi europei all’UE). Immaginiamo che la sovranità sia come una molla e che la limitazione della sovranità sia come una compressione della molla. Se cessa la compressione, la molla, automaticamente, si espande. Stessa cosa accadrebbe per le limitazioni di sovranità.
Al venir meno dei presupposti (ed in particolare dei presupposti dell’art. 11), le limitazioni di sovranità potrebbero essere eliminate e lo Stato potrebbe liberamente riespandere il suo potere. L’UE invece ha intrappolato gli Stati rendendo arduo e molto difficoltoso il recupero della condizione di partenza.
A ben vedere neanche la parola “cessione” è idonea a rappresentare la realtà: è troppo morbida, dà l’idea che il potere dello Stato venga trasferito ad un altro soggetto. Chi auspica gli Stati uniti d’Europa li immagina come un grande Stato dotato di una sovranità politica che dovrebbe risultare da una sorta di somma delle varie sovranità cedute dagli Stati. Non è così: la sovranità politica non viene trasferita, ma distrutta.
Questo dipende anzitutto dal fatto che il potere di controllare l’emissione di moneta negli Stati Uniti d’Europa verrebbe esercitato dalla BCE, ORGANO INDIPENDENTE DA OGNI POTERE POLITICO (come già accade per gli Stati dell’Eurozona). Il processo di intensificazione dell’ integrazione tra gli Stati europei fino alla formazione degli Stati Uniti d’Europa da tanti auspicato, comporta che i vari Stati perdano progressivamente gran parte della sovranità e delle individualità che ancora conservano: il potere politico non verrebbe ceduto, ma distrutto.
Lo scopo infatti non è quello millantato di costruire uno Stato tanto grande da poter competere con la Cina, ma di liberare i potentati economici da quei “fastidiosi” vincoli che gli Stati dotati di potere politico possono porre per il benessere della collettività. Non nascerebbe un vero grande Stato, ma proseguirebbe la formazione di un grande mercato sempre più assoggettato all’arbitrio del capitale.
La mia rabbia sale e pensando ai vili e menzogneri traditori del popolo che ci raccontano del “sogno europeo”, mi viene in mente un vecchio slogan: “Pagherete caro, pagherete tutto”.
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