Ridistribuzione e lavoro pubblico
di GILBERTO TROMBETTA (FSI Roma)
Secondo Salvini non c’è un problema di ridistribuzione in Italia. E il lavoro lo creano le imprese, detassandole. Mica lo Stato.
Una balla più grande dell’altra in un unico tweet. Non gli manca il dono della sintesi, sicuramente (foto 1).
Peccato che negli ultimi 40 anni i dati raccontino un’altra storia. La storia del progressivo impoverimento del 90% dei lavoratori italiani, una cui consistente parte di quello che sarebbe dovuto essere il loro reddito, è andata invece a rimpinguare le già gonfie casse del 10% più ricco della popolazione.
E così mentre il reddito del 90% tornava ai livelli dei primi anni 80, quello dell’1% più ricco è aumentato più del doppio. Dal 1985 al 2006 è passato da 114.800 euro a 252.899, un aumento del 120,3% (foto 2).
Non solo, secondo Forbes, la ricchezza netta media dei 10 italiani più ricchi è triplicata negli ultimi 6 anni, passando da 3 miliardi di euro del 2012 ai 9 del 2018 (foto 3).
E mentre ci mancano milioni di dipendenti pubblici rispetto ad altri Paesi europei (come Francia e Inghilterra) per colpa dei tagli alla spesa pubblica e del blocco del turn over, lui insiste col taglio delle tasse alle imprese.
Che è poi un altro strumento per trasferire risorse alla quota profitti. Cioè per ridistribuire dai più poveri ai più ricchi.
Un Robin Hood al contrario.
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