Una impressione su Vox Italia, sui possibili rapporti tra Vox e FSI e una pacata replica ai giudizi sul FSI di Diego Fusaro e di Francesco Amodeo
di STEFANO D’ANDREA (Presidente Fronte Sovranista Italiano)
- Una premessa
Pur essendo stato invitato da Francesco Toscano, il 14 settembre non sono potuto andare a Roma ma sono andati amici del FSI dei quali conosco la raffinata intelligenza politica e che mi hanno riferito fatti e motivate valutazioni. Ho poi ascoltato alcuni interventi che sono stati svolti e letto commenti che altri presenti intervenuti hanno scritto sulla loro pagina facebook, nonché seguito l’intervista di Messora a Fusaro e Toscano. Infine, in questi ultimi anni ho maturato una certa esperienza sui tentativi di dar vita a piccoli partiti politici da parte di chi ha l’ambizione di farli diventare grandi o almeno consistenti frazioni di future alleanze. Perciò credo di poter dare un ragionevole giudizio, sia pure provvisorio e relativo – una prima impressione – sulla base di quanto ho ascoltato e letto, di osservazioni che mi sono state riferite da persone dotate di intelligenza raffinata, e dell’esperienza maturata sul campo.
L’articolo sarà un po’ lungo ed analitico. Serve a far conoscere meglio il FSI ai militanti e simpatizzanti di VOX Italia ma serve anche a sollevare dubbi su Vox Italia, che potranno essere utili a quest’ultima, come utili sono state alcune critiche sollevate da Fusaro e Francesco Amodeo, alle quali risponderò. Sempre meglio parlarsi che aggredirsi.
- Due errori evitati da Vox Italia.
Il primo errore che commettono alcuni gruppi di poche persone che in genere decidono di tentare di dar vita a una formazione politica è quello di concepire la nuova formazione come un centro di aggregazione di un più vasto movimento preesistente, in parte informe e in parte composto da altre associazioni: nascono e si autoproclamano coordinatori di altri gruppi. E’ l’“errore” che, apparentemente, ha commesso Fassina al momento in cui ha costituito Patria e Costituzione. Non puoi essere l’ultimo arrivato e dire: io sono il centro di aggregazione. Ti seguono soltanto opportunisti e persone prive di buon senso; infatti, arrivare per ultimo ed affermare “io sono il centro di aggregazione” è un modo di agire oggettivamente sospetto per ogni persona minimamente accorta. Devo però precisare che ho inserito “errore” tra virgolette, e aggiunto “apparentemente” perché in realtà non sono per niente sicuro che Fassina abbia commesso un errore. E’ ben possibile e anzi probabile – noi del FSI abbiamo sempre considerato questa strategia come estremamente probabile, se non certa – che egli si sia mosso fin da principio con l’idea di fare un passo verso i sovranisti – per attirare consenso, soprattutto in coloro che, provenendo da sinistra, ingenuamente credono che restino margini per esserlo anche in formazioni e alleanze non sovraniste – per poi farne parecchi verso la tradizionale sinistra, al fine di ritagliarsi un posticino come sinistra eurocritica della “sinistra” europeista.
Comunque, e questa è la cosa importante, le prime dichiarazioni di Fusaro, di Toscano e di altri mostrano che i promotori di Vox Italia non stanno commettendo questo errore: non pretendono ingenuamente e presuntuosamente di essere il centro aggregatore del variegato movimento di opinione sovranista.
C’è un secondo possibile limite che una nuova formazione politica appena nata può manifestare e consiste nell’invitare all’alleanza o alla fusione altre piccole formazioni, sia quelle che abbiano già dimostrato di essere valide – ossia vitali, che abbiano dimostrato di saper durare; solide, che significa essere composte, e soprattutto guidate, da uomini pazienti e sufficientemente omogenei, sotto il profilo morale e caratteriale, in modo da non subire significativi abbandoni o scissioni; e infine capaci agire, secondo una teoria della prassi, in modo da attrarre e far entrare continuativamente uomini di valore e da sapersi candidare in alcune elezioni comunali e regionali – sia quelle che siano anch’esse appena nate e che non abbiano ancora saputo e potuto dimostrare le tre qualità indicate.
L’ingenua richiesta di alleanza rivela che i promotori o, talvolta, gli associati della nuova formazione sanno o almeno credono di essere non idonei all’obiettivo di formare una valida frazione di un’alleanza, per mancanza delle caratteristiche necessarie. Si pensi alle varie formazioni promosse dai gestori del blog Sollevazione o ad ALI (Alternativa per l’Italia), che dopo pochi mesi ebbe la scissione di Mori e di un gruppo di associati, il quale promosse Riscossa (poco dopo estintasi per recesso del promotore), mentre ALI a sua volta si estingueva. Dovrebbe essere ormai chiaro che una formazione che abbia dimostrato di essere valida deve allearsi soltanto con altre formazioni che abbiano dimostrato di avere, poco o tanto, le tre caratteristiche indicate. Infatti, creare un organismo dirigente (per fusione o alleanza) che metta insieme persone che ancora non hanno dimostrato di saper progredire con persone che invece hanno dimostrato di essere in qualche modo capaci significa, se ne sia o meno consapevoli, voler fermare la crescita della formazione che ha già dimostrato di essere in una certa misura valida. E infatti anche nella vita professionale ci si associa soltanto con persone che hanno dimostrato di essere valide.
Stando alle prime dichiarazioni di Fusaro di Toscano e di altri, Vox Italia non propone immediate fusioni o alleanze con le formazioni ad essa simili che già esistono e quindi non ha il limite segnalato.
- Collaborazione e non alleanza
Nell’intervista rilasciata a Claudio Messora, Fusaro, riferendosi al FSI, su specifica domanda dell’intervistatore, dice che il FSI porta avanti “idee in larga parte condivisibili, con il quale non abbiamo ragione di scontrarci e anzi saremmo lieti di collaborare con loro”. Ecco, collaborare è la parola giusta, quella che abbiamo sempre suggerito alle formazioni e ai gruppi che nascevano (e purtroppo poi morivano). E perciò siamo lieti che Fusaro l’abbia utilizzata.
Fin quando Vox Italia non abbia dimostrato, a se stessa prima di tutto, di valere, ossia di durare, essere solida e crescere per numero e qualità degli associati, nonché per livello di azione politica, candidandosi in comuni e regioni, si può e si deve collaborare, non ci si può invece alleare o fondere.
Collaborare può significare organizzare assieme eventi o manifestazioni, con bandiere dell’una e dell’altra formazione.
Collaborare significa soprattutto e direi prima di tutto, che i militanti di una formazione, in caso di richiesta di aiuto, danno una mano ai militanti dell’altra nella realizzazione di un’azione politica significativa. Per esempio, Vox Italia si candida nelle regionali delle Marche nel 2020? I nostri militanti, se c’è richiesta di aiuto, devono aiutarla a raccogliere le firme e a cercare e presentare consiglieri comunali disponibili ad autenticare. E la stessa cosa possono fare i militanti di Vox Italia in una regione o in un comune dove ci candidiamo noi.
Più complesso diventa candidarsi assieme, almeno per un paio di anni.
In primo luogo, perché gli aspetti umani, caratteriali, di serietà di pacatezza di ragionevolezza, di razionalità, profondità, simpatia o invece di inaffidabilità, intemperanza, irragionevolezza, irrazionalità, superficialità e antipatia sono importantissimi quando si tratta di instaurare un rapporto destinato a durare nel tempo: qualunque persona o gruppo, per candidarsi con altre persone o gruppi, li deve aver frequentati e conosciuti a fondo. La politica è fatta di idee e di organizzazione ma anche di uomini.
In secondo luogo, perché candidarsi assieme significa che tutte e due le formazioni abbiano dimostrato di essere sufficientemente valide, ossia vitali, solide e capaci, soprattutto capaci di raccogliere firme, esprimere candidati validi, e candidarsi in un certo numero di elezioni comunali o regionali; abbiano dimostrato, insomma, di essere formazioni politiche, sia pure di piccole dimensioni, non soltanto sulla carta, ma nei fatti.
Credo perciò che tra un paio di anni, nelle elezioni comunali del 2021, se Vox Italia avrà dimostrato nel frattempo di sapersi radicare nei territori (in alcuni territori), di non subire scissioni, di saper crescere per numero di militanti e per livello di azione politica, e se i militanti di Vox Italia non saranno costituiti da casapoundini sbandati e saranno validi (secondo noi: ovvio che anche i nostri militanti saranno valutati da Vox Italia) si potrebbero tentare candidature nelle comunali, con due liste che sostengano il medesimo candidato sindaco o, se non è possibile presentare due liste, con una lista mista. Con la candidatura di liste uniche o alleate, infatti, siamo già a forme e tentativi di alleanza, che, come ho spiegato, è una fase ulteriore e successiva rispetto a quella della collaborazione.
- Perché e in che senso siamo chiusi e perché non abbiamo voluto e tentato di egemonizzare il campo del politico.
Vengo ora ad alcune osservazioni critiche che Fusaro e Amodeo hanno svolto sul FSI, per poi esprimere la mia impressione su Vox Italia.
Fusaro, su domanda di Messora relativa al perché non fossero entrati in realtà “simili”, come il Fronte Sovranista Italiano, e avessero invece deciso di promuovere la nascita di un nuovo partito risponde che il FSI, “con il quale ho avuto modo di collaborare in passato”, “è un gruppo piuttosto chiuso dal mio punto di vista, che non ha mai saputo fare egemonia, per quanto porti avanti idee in larga parte condivisibili , con il quale non abbiamo ragione di scontrarci e anzi saremmo lieti di collaborare con loro. Però bisogna comprendere la distinzione tra partito folclorico e gruppettaro settario e invece il tentativo di egemonizzare il campo della politica in senso gramsciano. Per egemonizzare il campo della politica bisogna compiere l’esodo dalla dimensione ristretta del dibattito e in qualche modo andare al popolo, come dice Gramsci, senza provare una sorta di idiosincrasia propria di certe sinistre demofobiche verso il popolo. Bisogna saper andare al popolo per farlo uscire dalla sua passività. Ecco perché noi ci definiamo populisti mentre invece il FSI non mi sembra mai si definisca populista. Populismo significa nella neolingua ascoltare il popolo cercare una connessione sentimentale con il popolo, anziché prescinderne del tutto…”.
Orbene, a parte espressioni molto poco felici come “folclorico e gruppettaro settario”, sulle quali pure in seguito mi soffermerò, le osservazioni di Fusaro costituiscono l’occasione per spiegare, non soltanto a Fusaro ma ai militanti e ai simpatizzanti di Vox Italia, alcune cose del FSI che a Fusaro non sono chiare, cosa del tutto normale, visto che anche al FSI non tutto ciò che riguarda Vox Italia è per il momento chiaro. Conoscersi più in profondità è infatti condizione necessaria, anche se non sufficiente, per decidere di collaborare.
Quando Fusaro dice che siamo un gruppo piuttosto chiuso perché non abbiamo mai saputo fare egemonia, dice forse una cosa parzialmente vera quando afferma che siamo un gruppo piuttosto chiuso – ma bisogna chiarire in che senso e per quale ragione abbiamo voluto esserlo e tra breve lo farò – ma sbagliata quando dice che non abbiamo saputo fare egemonia. E ciò, non perché noi abbiamo saputo fare egemonia, bensì perché non abbiamo ancora mai voluto e tentato, avendo creduto, in base alla nostra analisi concreta della situazione concreta, evidentemente diversa da quella di Fusaro, che fosse utile prima fare altre cose, anche perché sapevamo fin da principio, e lo abbiamo scritto (nel 2011), che la prospettiva della liberazione e dell’indipendenza dell’Italia già soltanto dall’Unione Europea era non un obiettivo a portata di mano o vicino, come credevano coloro che più volte hanno considerato “imminente” il crollo dell’euro (Bagnai, Borghi, Barra Caracciolo, e tanti altri di ambiente sovranista e sovranari), bensì il destino di una generazione: il patriota italiano che si trovava ad agire nel 1816 o nel 1821 o nel 1831 o nel 1849 non poteva e doveva far finta, o addirittura credere, di essere nel 1860, così come quello che si trovava ad agire nel 1930 non poteva far finta o credere di vivere nel 1943.
Noi abbiamo sempre creduto che chiunque andasse in TV a sollevare critiche nei confronti dell’Unione Europea, si trattasse di Tremonti o di Savona, di Fusaro o di Fassina, di Rinaldi o di Barnard, di Borghi o di Bagnai, di Paragone o di politici pentastellati e leghisti che variamente, e secondo convenienza e ordine dei capi, facevano marketing politico sovranista, lavorasse (anche) per noi – quand’anche non condividessimo una o più affermazioni – nel senso che lavorava per la nostra prospettiva, diffondendo in parte del popolo dubbi o addirittura convincimenti critici o, meglio ancora, volontà di recedere dall’UE. Non c’era dunque nessuna fretta di tentare di fare la stessa cosa, visto che noi volevamo (concorrere con altri, che avremmo incontrato sulla nostra strada, a) costruire il partito del recesso o della liberazione o dell’indipendenza, per il ritorno alla Costituzione democratica sociale e dirigista. Per carità, se anziché 1000, le comparse in TV di euroscettici, eurocritici o sovranisti, fossero state 1030 o 1050 probabilmente nel popolo vi sarebbe stato qualche euroscettico o eurocritico o sovranista in più (sovranista è soltanto colui che vuol recedere dall’Unione Europea, tutto il resto e altro-europeismo, che più finge di essere euroscettico o eurocritico e più è dannoso e nemico) e tuttavia il tempo da dedicare alla militanza è limitato e vi erano altre cose da fare, che gli altri non volevano o sapevano fare, e che noi invece volevamo fare perché credevamo e crediamo che fossero fondamentali.
Noi cercavamo non intellettuali militanti ma militanti intellettuali, che organizzassero nella loro cittadina nel loro quartiere o nella loro contrada iniziative (conferenze, assemblee, riunioni, presentazioni di documenti, o documentari, banchetti, volantinaggi, caffè o cene con simpatizzanti, candidature in alcune elezioni comunali e regionali, articoli pubblicati sulla stampa locale). In sette anni ne abbiamo svolte sicuramente oltre mille (seicento circa, compiute dopo la trasformazione da ARS a FSI, negli ultimi tre anni, sono rendicontate su Appello al Popolo, nella rubrica “Azioni”). Ci siamo già candidati in due elezioni regionali e tre comunali e probabilmente riusciremo a candidarci alle elezioni regionali dell’Umbria tra qualche giorno. Per svolgere queste azioni, soprattutto quando si è soli o si è in pochi, servono particolari qualità, che abbiamo cercato di tirare fuori da noi stessi.
Noi cercavamo persone intelligenti ma pratiche (dotate di intelligenza pratica) o che, non essendolo, e magari essendo intellettualmente raffinate, si ponessero umilmente al servizio di persone pratiche (anche per imparare), per compiere azioni sui territori.
Cercavamo persone pazienti, decise a dedicare al progetto della liberazione dell’Italia dall’Unione Europea la loro intera vita di cittadini e cercavamo persone generose: disoccupati e precari che trovassero la forza di dare un contributo, per quanto minimo, professionisti e docenti che sapessero rinunciare a guadagni per il tempo dedicato alla militanza, e fossero disposti a fornire, anche indirettamente, qualche modesto contributo economico (oltre che di tempo e intellettuale).
In più, andavamo in cerca di persone che potevano essere stimate da coloro che li avrebbero ascoltati nei territori, persone rigorose nel ragionamento e disposte a formarsi e a crescere nel partito, persone dunque che per le risorse intellettuali e morali potessero essere punti di riferimento affidabili nelle città cittadine o contrade.
Insomma andavamo in cerca di (e ci impegnavamo a formare) un tipo di militante, che fosse un tipo di uomo e in fondo un tipo di italiano. Parlavamo all’ambiente sovranista eurocritico o euroscettico e ad amici e conoscenti invitati nelle oltre mille azioni locali e cercavamo di farci stimare, non da tutti ma da quelli che reputavamo migliori come militanti, secondo i nostri criteri di giudizio.
Se Francesco Amodeo ha riconosciuto che i nostri militanti hanno “dedizione e competenza” ciò non è dovuto al caso, bensì a una precisa nostra volontà, che abbiamo realizzato mediante uno speciale progetto, un tipo di organizzazione, specifiche modalità di azione e un tipo di linguaggio. Mediamente, ogni nostro militante vale come un Fusaro un Amodeo o un Mori se si tratta di promuovere e organizzare un gruppo nella sua città o nella sua contrada o di promuovere una lista o di ragionare di teoria della prassi e di applicarla: qualcuno è superiore e qualcuno è inferiore. E nessuno di essi, salvo forse pochissimi, che ancora devono essere formati, ha un divo o un guru del quale è fan: l’unico soggetto superiore è un soggetto collettivo, il partito, il FSI, l’intellettuale collettivo, l’educatore che fa venir fuori il meglio di noi, il formatore e il selezionatore della classe dirigente. Agli ingenui può sembrare poca cosa ma le persone dotate di un minimo di intelligenza pratica sanno che si tratta di un risultato importantissimo.
E’ in errore dunque Fusaro quando afferma che non abbiamo saputo fare egemonia. Non abbiamo ancora voluto. Non abbiamo ancora tentato. La faremo quando, assieme ad altre frazioni che si saranno formate o da soli – se nessuno riuscirà a dar vita a frazioni vitali, solide e capaci – ci candideremo alle elezioni politiche nazionali nel 2023.
- Andare al popolo e invitare ad adempiere i doveri.
Quanto all’andare al popolo, perché abbandoni la passività e si attivi, come ho già osservato noi abbiamo organizzato dal giugno 2012, quando nella prima assemblea dell’ARS (che ha preceduto il FSI) eravamo ventitré associati e una ventina di curiosi, circa mille azioni, più di seicento delle quali sono state rendicontate su Appello al Popolo, essendo state compiute negli ultimi tre anni, ossia da quando è nato il FSI (a naso stimiamo che l’ARS abbia compiuto circa 100 azioni l’anno – forse qualcuna in meno – nel precedente quadriennio).
Il numero dei militanti può apparire basso ed è inferiore a quanto inizialmente sperassimo (ma unito a quello dei simpatizzanti attivi, che ci hanno talvolta dato una mano e che sono presenti alle iniziative comincia a divenire significativo); ma viviamo in tempi nei quali l’individualismo è dominante e non ha bisogno dell’uso della forza per dominare e imporsi. La stessa circostanza che, nell’assemblea fondativa di Vox Italia, due dei sei relatori abbiano pubblicamente dichiarato che non avrebbero preso la tessera, è rivelatrice delle difficoltà che incontra chi tenti di dar vita ad un partito serio o a una frazione di esso e non a meet up o a forme di pigra pseudo-democrazia diretta e telematica, che consentano ad ognuno di esprimere il proprio individualismo e di restarci avvolto.
Quanto ad andare al popolo passivo attraverso la TV, perché ci dia il consenso, l’obiettivo è quello di candidarci nel 2023 e di parlare al popolo come partito a nome del partito e per il partito, o in un’alleanza di partiti sovranisti (di frazioni della futura alleanza) che ci auguriamo nascano e che abbiamo sempre invitato a formare.
Noi siamo popolari per carattere, per frequentazioni, per vizi, per livello di volgarità e violenza verbale, per linguaggio, per estrazione, per educazione e per ideologia ma non indulgiamo al populismo nel senso che non diciamo ciò che i popolo vuol sentirsi dire. Berlusconi, Renzi, Grillo e Salvini sono stati e sono populisti in questo senso e ci hanno condotti al disastro. La politica e la (vera) egemonia sono direzione.
Noi diciamo al popolo ciò che tutti dobbiamo fare, cercando appunto di attivare le anime più nobili e sensibili e chiariamo che i diritti sociali, il modello dirigista italiano e l’Italia stessa, come stato sovrano e unitario, non torneranno se non adempiremo i doveri (prima di tutto, una vita di militanza) ai quali la storia sta chiamando una o più generazioni di italiani.
- Una replica a Francesco Amodeo: il valore sommo dell’appartenenza
Francesco Amodeo si è lamentato che nel sovranismo italiano vi sarebbero “gruppetti in competizione, pronti a mettere il bastone tra le gambe fra di loro” che “tutti avrebbero come unico obiettivo quello di primeggiare all’interno del mondo sovranista” che tutti avrebbero “quel senso di appartenenza che non fa altro che frazionare”, e, per quanto riguarda noi, che i militanti del FSI “in qualsiasi discussione si inseriscono per rimarcare di essere stati i primi in tutto, i primi ad aver inventato la parola sovranismo, i primi ad aver organizzato un convegno sovranista, gli unici ad essere antieuropeisti autentici, e devo dire che alcune cose sono anche vere, sono persone competenti, ma che approccio è questo?”
Ad Amodeo voglio dire che i partiti sono una cosa seria, sono un soggetto collettivo, che si esprime verso l’esterno con delibere dell’organo di vertice, nel nostro caso il Comitato Direttivo, o, se si tratta di comunicare il già deciso e non di decidere, con parole e articoli del Presidente del partito. E se teniamo conto degli uni e degli altri, Amodeo scoprirà che fin dal 2012 noi dicemmo che aspiravamo a voler essere soltanto una frazione della futura alleanza, la quale avrebbe avuto bisogno di noi, perché noi ci impegnavamo ad acquisire, sviluppare e organizzare certe caratteristiche e qualità. Scoprirà anche che io in ogni assemblea nazionale (esistono i video), durante le relazioni introduttive, ho sempre invitato gli studenti e divulgatori della MMT, Fusaro, Scardovelli, Bagnai (a suo tempo) a formare frazioni, perché poi le frazioni (vitali, solide e capaci di crescere) si sarebbero alleate agevolmente in quarantotto ore, osservando però ciò che ho scritto sopra: che ci si allea quando si è dimostrato a se stessi di essere validi, ossia di saper durare di essere solidi e di saper crescere, e soltanto con associazioni che hanno dimostrato di essere valide, ossia di avere le tre caratteristiche indicate.
E’ ingenuo errore attribuire al FSI, che ha ripetuto questa posizione per anni, innumerevoli volte, senza mai modificarla minimamente, l’opinione di militanti che “intervengono nelle discussioni” sui social. Di quanti militanti parla Amodeo? Di 4 o 5? Di 10? Magari sono i più giovani o i più intemperanti. Magari sono urtati con Fusaro perché ci ha definiti folcloristici, magari non riescono a dimenticare l’episodio in cui due nostri militanti operai proposero a Fusaro di rilasciare una intervista, che essi avrebbero effettuata sotto casa dell’intervistato, in qualche bar, ed egli chiese ad essi un compenso. Sono tutti “interventi” irrilevanti, sui quali, razionalmente e ragionevolmente, non si può fondare un giudizio sul FSI.
Nemmeno è condivisibile la critica dell’”appartenenza”. L’individualismo neo-liberale ha proprio voluto distruggere ogni forma, sentimento, esigenza, desiderio e soprattutto capacità di appartenenza. Gli individui sono componenti di un pubblico di atomi (non più di un popolo di cittadini e di appartenenti a classi sociali e categorie) e non completano in un “noi” il senso della loro vita, che invece dovrebbe essere composta sia da un profilo individuale che da un profilo collettivo-comunitario, bensì sperano in guru o intellettuali (veri o creduti tali) che infantilmente i fans elevano a divi, così mostrando il profondo disprezzo che hanno per se stessi. Altri più rari individui cercano di essere essi stessi divi o guru, e di fare spettacolo, possibilmente presenziando nei salotti della TV.
L’appartenenza è l’antidoto. E’ la cura. E’ il valore sommo. E’ la valorizzazione di se stessi anziché di altri, è disciplina, è pazienza, è castrazione dell’ego, e contrazione di un vincolo: associarsi significa vincolarsi, per perdere la libertà e acquistare assieme ad altri un potere, quindi conseguire una possibilità, che altrimenti non si avrebbe.
Il problema è come costruire il grande partito dei (veri) sovranisti italiani, come appartenere un giorno ad un grande partito che diventi anche un partito grande.
Noi crediamo che si debba umilmente dimostrare di saper costruire e far vivere frazioni di valore alle quali appartenere, le quali poi si alleeranno agevolmente; se di frazione ne resterà in piedi una sola, allora essa sarà chiamata dai fatti ad essere un centro di aggregazione.
Altri è legittimato a pensarla diversamente ma poi deve concretamente dimostrare che sa fare ciò che dice che si deve fare: se sostieni che si debba immediatamente dar vita all’intero partito anziché a una frazione, devi dimostrare di saperlo costruire e non imputare infantilmente a chi lavora alla frazione di non unirsi a te e di avere un’appartenenza!
L’appartenenza è il valore strumentale sommo del quale abbiamo bisogno e che dobbiamo promuovere con l’esempio.
- Cosa è folcloristico e altri possibili limiti di Vox.
Siccome Fusaro ha svolto una critica del Fronte Sovranista Italiano, anche ricorrendo alla infelice espressione “partito folclorico e gruppettaro settario”, mi permetto di svolgere alcune osservazioni su Vox, che forse potranno essere utili a Toscano e a chi sarà concretamente impegnato a far si che il neonato partito sia vitale (ossia non muoia precocemente) sia robusto (non subisca scissioni) e cresca (per numero di militanti e livello di azione politica).
Dei sei relatori che mi risulta abbiano preso la parola nell’assemblea fondativa due hanno dichiarato che non si iscriveranno al partito: Fusaro e Amodeo.
Per quanto riguarda Amodeo, che non sarà nemmeno l’“ideologo”, davvero non si comprende il senso dell’invito, se non quello di sfruttare il seguito che egli si è saputo costruire con la sua attività di divulgatore. C’è un’assemblea fondativa di un partito ed è invitato a parlare come relatore un divulgatore che non viene a dire: “mi iscrivo perché…”. Non credo esistano altri casi!
Agli amici di Vox dico di stare attenti allo spettacolo, che è l’essenza del postmoderno che intendono contrastare. Lo spettacolo è finzione. E alla resa dei conti non soltanto inganna ma auto-inganna. Beppe Grillo è uomo di spettacolo e personalmente sono convinto che abbia ingannato (anche) se stesso, ossia che sia caduto nell’inganno che lo spettacolo che ha organizzato ha oggettivamente promosso e, in quanto spettacolo, non poteva non promuovere. E uomini di spettacolo sono anche Berlusconi Renzi e Salvini. Il partito (serio e vero) è carne e sangue, appartenenza, dedizione, pazienza e disciplina. Tutte cose che non fanno spettacolo ma anzi, purtroppo, al pubblico culturalmente neo-liberale fanno orrore.
Quanto a Fusaro, non è chiaro come egli possa essere l’ideologo di un partito al quale non è iscritto. Il partito, man mano che approverà documenti dovrà attenersi a tutti i profili delle idee politiche di Fusaro? Alcuni li potrà ignorare? Altri li potrà smentire o contrastare? E Fusaro che farà in tal caso? Manterrà la libertà di esporre le sue idee, visto che non si è iscritto ma sarà ancora l’“ideologo”? E nei suoi articoli e nelle sue apparizioni in TV parlerà di Vox in terza persona singolare o plurale? Si può promuovere un partito senza dire “noi”: “noi di Vox”? E’ moderno o postmoderno avere un ideologo di un partito che promuove il partito ma non ha la tessera?
Sembra invece che Galloni sia nell’organo direttivo. Non sono sicuro che Galloni sia adatto (ovviamente il mio è un giudizio specifico, che non riguarda il profilo scientifico né tantomeno quello generale umano). Io non lo avrei proposto e mi sarei opposto. Galloni infatti, negli ultimi anni è entrato almeno in tre partiti o aggregazioni politiche che volevano promuovere un partito (in una occasione addirittura in due organizzazioni contemporaneamente): P101, Movimento Roosevelt, e Alternativa per l’Italia (ALI). Ebbene non ho mai letto una riga o ascoltato una frase in cui Galloni parlasse del partito o usasse “noi” anziché l’“io”. Dirigere un partito comporta un impegno notevole, una dedizione e finanche una fede in altro da noi (il partito) delle quali Galloni fino ad ora non ha dato prova. Non dico che si tratti di un elemento di sicura debolezza ma certamente è un elemento di possibile debolezza.
In generale poi mi sembra che al dibattito abbiano partecipato oltre a Fusaro, Amodeo e Galloni, Giulietto Chiesa (che ha fallito il suo tentativo con Alternativa e poi quello con Ingroia), Enzo Pennetta e Matteo Simonetti, tutte persone dotate di intelligenza e una certa competenza specifica nei campi che hanno coltivato ma che sono intellettuali militanti, non militanti intellettuali. Il partito, scrisse Gramsci, si costruisce con i capitani. Non si costruisce con gli scienziati e i sacerdoti, i quali raramente sanno farsi da parte a favore dei capitani e ancor più raramente sanno mettersi al servizio dei capitani.
Ho voluto ascoltare allora la relazione del segretario organizzativo Giuseppe Sottile, che mi è piaciuta, così come mi è rimasta simpatica la sua persona. Sottile tuttavia, pur essendo segretario organizzativo, non ha pronunciato nemmeno una parola sul metodo, ossia sulla strada da percorrere per radicarsi nei territori e formare tecnicamente tatticamente e caratterialmente i militanti (accenno alla scuola di politica invece ha svolto Francesco Toscano).
Ecco, mi sembra che per ora si creda che la strada da percorrere sia mettere insieme personaggi noti che siano intellettuali militanti e usare come ideologo un personaggio noto, un intellettuale militante, che fa apparizioni in TV, per attrarre militanti. Se l’intenzione fosse questa, si tratta di un metodo sbagliato, davvero folcloristico, sia perché gli intellettuali militanti in genere stanno con se stessi e non con il partito – non sono capaci di mediare e perciò appena dissentono da una decisione vanno via o provocano scissioni –, sia perché raramente vogliono studiare la teoria della prassi ed elaborarne una per poi applicarla e, se si sono dimostrati bravi nell’applicarla, dirigerla. Essi sono psicologicamente postmoderni, credendo che si tratti soltanto di fare “comunicazione”.
Mi auguro che a Francesco Toscano possa essere utile riflettere su queste mie impressioni e osservazioni ma soprattutto faccio gli auguri a Vox, sperando che, in un paio di anni, riesca a raccogliere qualche centinaio di militanti di valore, e qualche altro migliaio di simpatizzanti variamente ubicati nella nostra bella Italia, che dobbiamo liberare.
Grazie Presidente! Mi ha chiarito molte cose.
davvero complimenti. ci voleva una delucidazione da parte del presidente.
Ora possiamo dire che ufficialmente FSI ha espresso la sua
Io penso che i limiti di tutte le piccole nuove formazioni politiche siano da una parte la presunzione di considerarsi rappresentanti e capi solo per una questione cronologica o per aver avuto l’idea di far nascere il movimento/partito. Quando invece un’idea ha senso se viene condivisa da una larga base elettorale. Dall’altra la mancanza totale di ragionamenteo circa il problema principale della democrazia rappresentativa, cioè la mancanza di sovranità popolare. Il problema politico italiano risiede nel fatto che il cittadino elettore da una delega in bianco ai suoi rappresentanti che nemmeno sceglie più. Dopodichè non conta più nulla e se quelli che ha votato decidono di cambiare casacca oppure non rispettano le promesse elettorali, non ha nessun potere.