Mandiamo Benigni e Meloni al confino a Ventotene e liberiamo l’Europa
di OTTOLINATV (Giuliano Marrucci)
Oltraggioooo! Anatemaaaa! Urla, capelli strappati, valle di lacrime: trollare un piddino è la cosa più facile del mondo, e tra le più divertenti; e la nostra Giorgiona c’avrà tanti difetti, ma nell’arte del trolling è una vera maestra. Il colpo di ieri è pura maestria; in mezzo al terremoto che è scoppiato a livello internazionale, il governo italiano e la premier sembrano un gruppo di vecchi con l’alzheimer in mezzo a un mega-rave illegale: non ci stanno a capì un cazzo e sono alla disperata ricerca di un angolino buio appartato dove nessuno si accorga della loro presenza, in attesa che l’effetto della chetamina passi e arrivi il personale delle pulizie. Per scatenargli una crisi di panico basterebbe la capacità dialettica di un bimbo di 5 anni, tonto, ma mai tonto quanto un parlamentare piddino medio; ed ecco allora che arriva l’attimo di lucidità di Giorgia, perché quando non c’hai niente da dire sulle cose serie – o, comunque, di quello che dici e che pensi non frega una seganiente a nessuno, come accade ai domestici che si vogliono introdurre nelle discussioni tra padroni – l’arma migliore rimane sempre e solo quella di buttarla in caciara: trovare l’argomento che per la gente comune è il più inutile e ininfluente possibile immaginabile, ma che però fa chiude la vena a quei 4 disconnessi che vuoi fare imbestialire.
Ed è difficile trovare un argomento allo stesso tempo più inutile e che fa chiudere più le vene del Manifesto di Ventotene, la vera, unica bibbia del piddino, il testo sacro, anche se, tendenzialmente, non l’hanno manco letto e, se l’hanno letto, non l’hanno capito – e forse manco quelli che l’hanno scritto – e quel poco che c’hanno capito, se c’hanno capito, per essere trasformato in un europeismo compatibile col trattato di Maastricht va inteso come pura astrazione, idealismo inconcludente allo stato puro. D’altronde, che c’è di meglio per un piddino che dice di volere la pace e che, per ottenerla, bisogna tagliare sanità e scuola per comprare gli F-35, per un piddino che dice che è contro i nazionalismi e poi pensa che tutte le civiltà che non sono quella europea di Cartesio e Shakespeare, sono beduini lanciatori di banane?
D’altronde, il Manifesto è stato ritirato fuori dagli scaffali una ventina d’anni fa proprio apposta: come ricordavano i Wu Ming già in tempi non sospetti, per decenni il testo “rimase sconosciuto ai più” e poi, d’incanto, tornò ad essere un testo sacro quando la mitologia “della costruzione europea ha cominciato a sfumare e si sono rese visibili le magagne che conosciamo. L’ordoliberismo di Maastricht, del trattato di Lisbona e della direttiva Bolkenstein si è concretizzato in un’austerity da mattatoio, scatenando per reazione rigurgiti nazionalisti, di fronte ai quali c’era bisogno di premere sul pedale del mito delle nobili origini, e così si è fatto di Spinelli un santino”. L’europeismo astratto e il santino di Spinelli sono la religione laica del piddino confuso e sconclusionato e le citazioni del Manifesto di Ventotene la formula magica alla Harry Potter che permette di rinchiudere nel cassetto tutte le contraddizioni più aberranti; e ieri Giorgia si è azzardata a fare un sortilegio: “Quella del Manifesto non è la mia Europa” ha dichiarato, e nonostante non è che non sia la sua Europa, ma, molto semplicemente, non è l’Europa dell’Unione europea punto e basta, a prescindere dalla parte che s’è scelto di recitare nella commedia parlamentare.
Apriti cielo… Bagarre in aula sull’Europa titola il Corriere; seduta sospesa. Schlein: oltraggio! L’onorevole Federico Fornaro è addirittura crollato in lacrime; ci dev’essere qualcosa nel nome: prima la Fornero, ora Fornaro, cognomi che fanno piagne. Comunque, mentre quelle di Elsa sono lacrime a comando, quelle di Federico, secondo me, erano sincere ed è comprensibile: se non fosse per la retorica in stile Manifesto di Ventotene, gli sarebbe toccato trovarsi un lavoro. Se lo vedeva già davanti agli occhi: Federi’! Da domani t’ho messo in turno 22-6 allo scarico con Gigi er puzza. So’ traumi, eh? Proveniente dalle fila di uno dei partiti più reazionari e meno votati della prima repubblica – il mai compianto Partito Socialdemocratico – Fornaro, infatti, è stato prima trombato alle elezioni del 2008 e poi, finalmente, eletto al senato alla tornata successiva, ma solo come ultimo degli eletti; e, per prolungare la sua carriera, da allora ha cominciato a interpretare il ruolo del progressista dissidente: nostalgico della sua infanzia, ha aderito a un’altra delle formazioni meno votate della storia repubblicana, Articolo Uno (ex Liberi e Uguali) e così, grazie alla logica delle liste civetta, s’è garantito un’altra rielezione. E ora gli andate a dire che l’Europa non è quella immaginaria di Ventotene? Cosa c’avete al posto del cuore, un cassonetto della monnezza?
Ma la reazione tra le poltrone di Montecitorio è il meno: l’aristocratico Corrado Augias non s’era ancora ripreso dalle figure impietose della piazza di sabato scorso, che ha preso un’altra cardioaspirina ed è tornato a dare battaglia dalle pagine de La Repubblichina: “un’altra buona ragione per la piazza”, ha scritto; tanto la paghiamo con le tasse dei cittadini. Che je frega? La RAI ha pure mandato un bel comizio in prime time; purtroppo se n’è incaricato il dirigente PD in assoluto più noioso e che fa meno ridere di tutti: Roberto Benigni, quello che per vincere un Oscar ha raccontato a mezzo mondo la bufala che a liberare ebrei, rom, omosessuali e comunisti dai campi di sterminio nazisti erano stati gli statunitensi, da migliaia di chilometri di distanza, col teletrasporto, perché gli americani non sono solo dei salvatori, ma pure streghi, e che ieri ha fatto impallidire 30 anni di Cetto La Qualunque. “L’Unione europea”, ha declamato con enfasi, è nientepopodimeno che “la più grande costruzione realizzata dall’essere umano”, non solo “istituzionale” ma anche “politica, economica” e addirittura anche sociale, non solo degli ultimi 50 anni, e nemmeno solo dell’era industriale, e nemmeno solo della modernità: proprio, in assoluto, “degli ultimi 5000 anni”, dice, e non solo del nostro spicchio di pianeta, e nemmeno solo tra le due sponde dell’Atlantico, ma proprio, in generale, “sul pianeta Terra”. E voi che col suprematismo culturale di Vecchioni pensavate di aver toccato il fondo… Poveri illusi! Il primato globale sulla filosofia e la letteratura è il meno: l’Europa di Maastricht è, proprio in assoluto, il punto più alto della civiltà umana; io come fate a non vederlo veramente non lo so… E’ una cosa così evidente, soprattutto se sei Roberto Benigni e continui a incassare 12 mila milioni ad apparizione anche se ormai stai sul cazzo anche ai divanetti dei teatri dove ti esibisci.
Esattamente come la gita per le pentole in acciaio inossidabile di sabato scorso a Roma, la reazione del disagio piddino alle provocazioni della premier, giustamente, non fa altro che coalizzare l’intera opinione pubblica contro questi scappati di casa dissociati dalla realtà; e il fatto che il governo Meloni sia uno dei peggiori della storia repubblicana e stia letteralmente devastando il Paese per fare contento qualche criptofascista rincoglionito e, magia delle magie, entrambe le fazioni delle oligarchie finanziarie in lotta tra loro contemporaneamente, da Elon Musk a BlackRock, sulla pelle di chi lavora e del nostro Stato sociale, passa magicamente in secondo piano, anche perché il sentimento comune (comprensibilmente, visti i contenuti di ‘ste polemiche) non può che essere che per quanto sia impresentabile, se questo governo venisse sostituito da un altro dei 12 mila governi tecnici sostenuti dal PD negli ultimi 30 anni si passerebbe dalla padella alla brace. E, allora, o qualcuno si organizza per bene per mandarli #tuttiacasa (al che ci potrebbero pure fare un pensierino), o sennò – credo sia il senso comune – tanto vale pensare ad altro e tenesse questi; almeno fanno ride.
D’altronde, che al di là dei teatrini montati ad arte, sulle cose che contano non ci siano differenze sostanziali è un fatto piuttosto appurato. Lo ammette pure Augusto Scodinzolini sul Giornanale: quando, ad esempio, si parla della risoluzione sul riarmo europeo, scrive Scodinzolini, è “inutile stare appresso alle dispute lessicali dentro la maggioranza e l’opposizione”; quello scontro è tutto “sulle parole, non sui fatti”. Il punto, anche se Augusto non lo dice espressamente, è che l’Italia è un Paese a sovranità limitata e chi vuole governarlo deve accettare i vincoli esterni. Anzi, non basta accettarli: bisogna proprio che si genufletta in modo vistoso e reciti l’intramontabile Com’è umano lei… altrimenti, come per incanto, si ritrova tutta l’informazione, quella serie e indipendente come quella dei pescivendoli antisistema, contro; e dopo un po’ di macchina del fango bipartisan, come per incanto, cade. E per innescare il meccanismo basta veramente poco, eh? Talmente poco che è riuscito a innescarlo pure un mite riformista di buona famiglia come daddy Conte. T’immagini? Ora, sinceramente, ma quanto devi essere messo male per lasciarti intimorire da daddy Conte? Un po’ tipo come se la più grande costruzione istituzionale, politica, sociale ed economica di 5000 mila anni di storia umana in tutto il globo si facesse spaventare da un Paese che c’ha il PIL della Spagna e che combatte a cavallo dei muli con le pale. Come? L’hanno fatto? Ah, scusate! Comunque… Il punto è che sono abituati al pilota automatico: cioè, non è che lo dico io, eh? Lo teorizzano proprio!
San Mario Pio da Goldman Sachs l’ha detto esplicitamente: rega’, famo i seri! Voi mo’ non lo vedete, ma qui accanto a me c’è un personaggio di fantasia coi superpoteri, un po’ come quelli che salutava sempre Biden: noi lo chiamiamo mercato. Ecco: se voi governa’, non solo nun je devi caca’ r cazzo, ma se vedi qualcuno che je vole caca’ r cazzo, je devi mena’. E qui, bisogna ammetterlo, daddy Conte un paio di volte ha toppato di brutto: prima, è stato il turno del superbonus; eresia allo stato puro (non quanto affermare che Spinelli avesse sembianze umane, ma quasi). Il punto è che sì, è vero: i vincoli di Maastricht e dell’Unione europea sono un’invenzione delle oligarchie finanziarie per impedire ai Paesi europei di esercitare una qualsiasi forma di sovranità democratica e per rapinare i cittadini comuni, ma è anche vero che la politica italiana, alla fine, li ha sempre usati anche come una scusa e la colpa del superbonus è averlo dimostrato platealmente. Il superbonus, infatti, stringi stringi è una forma di moneta fiscale: in soldoni, significa che pure se non puoi stampare euro crei comunque una cosa che più o meno funziona come una moneta, che entra nell’economia e l’aiuta a crescere. Insomma: il contrario di quello che fa l’austerità; e il bello è che lo fa senza violare nessun regolamento. Il superbonus, così, ha dimostrato che le forze politiche che hanno sostenuto tutti gli altri governi, che si sono ben guardati dal fare qualcosa di simile, più che semplici vittime di Bruxelles erano veri e propri complici. L’informazione democratica e indipendente allora è corsa in aiuto: non c’era euro andato sprecato a causa del superbonus che non venisse passato al vaglio di ogni principale testata italiana; giornalisti che per 20 anni non si sono accorti di miliardi su miliardi fottuti con il MOSE e con la TAV e di decine di miliardi fottuti con le triangolazioni dalle multinazionali, passavano giornate su giornate a controllare fatture da poche migliaia di euro della signora Pina per doppi vetri e caldaie a condensazione. Una campagna talmente assillante che è riuscita a convincere anche numerosi aspiranti rivoluzionari, che erano andati a letto Giuseppe di Vittorio e si sono risvegliati Carlo Cottarelli: l’allarme del debbidooo! E chi ce lo ripaga adesso il debbidoooo!
Ma il lavoro certosino del resuscitato giornalismo investigativo è stato il meno: la vetta massima l’hanno toccata le istituzioni e le forze politiche e, in particolare, proprio quelle forze politiche che hanno fatto il pieno di voti facendo finta di criticare la dittatura di Bruxelles e che ora ci prendono per il culo trollando il Manifesto di Ventotene; con un colpo di magia, così, il governo degli svendi-patria ha trasformato in debito quello che debito non era, ma solo credito fiscale, che sarebbe potuto continuare a circolare serenamente senza aggravio sulle casse dello Stato. Non so se è chiaro: si sono letteralmente inventati un debito e, con la scusa di quel debito, hanno dato un’altra bella sforbiciata alla spesa pubblica corrente, cioè ai servizi. Cioè, per essere più sanguisughe di Bruxelles guardate che ce ne vuole, eh? Ecco: Giorgetti e la Meloni ci sono riusciti e l’opposizione non è mai stata così d’accordo; o forse sì, quando hanno asfaltato il reddito di cittadinanza. Pure quella era un’eresia che scompaginava un po’ i piani, perché l’Italia dentro Maastricht è un’economia fondata sui lavoretti di merda e il reddito di cittadinanza è una forma di concorrenza sleale. Come nel capitalismo delle origini: ti levavano la terra, dove coltivavi tre patate e due pannocchie, così, per non morire di fame, eri costretto ad accettare di lavorare te e pure i tuoi figli di 8 anni 14 ore al giorno dietro a un telaio per avere in cambio le solite tre patate e due pannocchie e, magari, due lire in più per pagarti il tram che ti portava al lavoro (e lucravano pure su quello); l’abolizione del reddito di cittadinanza sono le enclosure del neoliberismo contemporaneo e, ovviamente, anche in questo caso, per giustificarlo, la propaganda bipartisan ha sparato tutte le cartucce a disposizione: anche qui, non c’era euro sprecato che non venisse passato al vaglio. Quanto diventa efficiente il giornalismo investigativo italiano quando a essere colti in castagna non sono quei 5 parassiti che gli danno lo stipendio, non poi capì.
Ma il vero peccato mortale che ha decretato la morte annunciata di daddy Conte, in realtà, è stato ancora un altro, ed è a quello che si riferisce Augusto Scondinzolini nel suo corsivo sul Giornanale: è l’adesione dell’Italia alla via della seta, primo e unico tra i Paesi del G7. Anche in questo caso, non è che si trattasse esattamente di una rivoluzione copernicana o dell’Italia che si metteva a capo del nuovo movimento dei Paesi non allineati: i memorandum di adesione alla via della seta sono sostanzialmente una scatola vuota, un gesto simbolico che, probabilmente, è proprio quello che ha fatto sbroccare i galoppini di Bruxelles e di Washington. Cioè, anche qua, lo dicono proprio esplicitamente, eh? Così Conte ha legittimato la dittatura comunista di Pechino, come se l’unica superpotenza manifatturiera globale e il primo partner commerciale per la stragrande maggioranza dei Paesi del mondo avesse bisogno del benestare dell’uomo bianco per vedersi legittimata. Il punto è che la civiltà dell’uomo bianco è da un po’ che è superiore solo nei monologhi di Vecchioni e di Benigni, o nelle minchiate sul nazionalismo occidentalista della Meloni e, quindi, per gettarla nel panico basta niente. Daddy Conte non l’aveva capito: pensava, banalmente, di provare a fare un po’ gli interessi dell’Italia in un mondo che sta cambiando, un lusso che una colonia non può permettersi; ora però, denuncia Scodinzolini, da quando è arrivato Trump, quei pezzi di classe politica che non hanno capito l’antifona e non sono convinti che Pechino è il diavolo si stanno un po’ troppo ringalluzzendo. “I filo-cinesi rialzano la testa” scrive “e ora guardano a Pechino”; ma per fortuna ci pensano i meloniani, patrioti sì, ma di Washington: “un suicidio”, dichiarano. “Questi sono dei matti…”
Insomma: mentre il teatrino della rappresentazione politica si polarizza sulle stronzate, cresce il panico che ci sia qualcuno che possa approfittare delle minacce di Forrest Trump per provare a convincere un pezzo di Paese che riprendere un dialogo costruttivo con Pechino non è solo possibile, ma necessario; e quello è il nemico comune che continua a tenere insieme le due diverse sfumature di suprematismo che si azzuffano sulle minchiate. Essere antimperialisti oggi in Italia significa, banalmente, unire il più ampio fronte possibile per mandarli #tuttiacasa contro l’Unione europea, contro la NATO e verso un nuovo ordine multipolare, l’unica possibilità che abbiamo per restituire all’Italia quella sovranità popolare che è la precondizione per impedire alle oligarchie di derubarci, che siano a loro agio sui carri del pride di Tel Aviv o coi saluti romani di Elon apartheid Musk. E per mandarli #tuttiacasa dobbiamo anche vincere la battaglia delle idee contro la propaganda e, per farlo, ci serve un media indipendente, ma di parte, che dia voce agli interessi concreti del 99%. Aiutaci a costruirlo: aderisci alla campagna di sottoscrizione di Ottolina Tv su GoFundMe e su PayPal.
E chi non aderisce è Federico Fornaro.
FONTE:https://ottolinatv.it/2025/03/21/mandiamo-benigni-meloni-confino-ventotene-liberiamo-europa/
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