L’incubo delle privatizzazioni
1)IL GIUDIZIO DELLE PROSSIME GENERAZIONI SULLA NOSTRA RESPONSABILITÀ ODIERNA
Piano piano, senza far troppo rumore con meccanismi non cruenti e lastricati di finte buone intenzioni, si muovono i primi passi nella privatizzazione della SANITÀ, in un contesto di ignavia generale e di ricercato caos mediatico, tra questione ex-Ilva, Venezia allagata e paura dei cambiamenti climatici, il tema “sempreverde” dei migranti, qualche caso giudiziario scottante risolto e la solita manfrina calcistica massmediatica italiana che tiene a bada gli spiriti più irrequieti della meglio gioventù e non, italiana.
Si innesta e si applica un sistema di sanità privata a base volontaria, concorrente a quello pubblico, che servirà poi come “ancora di salvataggio” quando per colpa del “debito pubblico brutto e cattivo” dovremo dire addio alle strutture sanitarie pubbliche (ormai rese fatiscenti obsolete e carenti di personale a causa dei continui tagli ai finanziamenti pubblici nella sanità, che la UE da anni ci impone come ricetta salvifica per il benessere della società).
Il neonato sistema di sanità privato diventerà allora necessario, conseguentemente unico gestore della sanità e questo vorrà dire che, in assenza di vera concorrenza (poiché presumibilmente gli attori che opereranno si metteranno d’accordo per formare un cartello oppure si metterà in moto un sistema di fusioni e acquisizioni che porterà alla formazione di un unico attore privato nella gestione della sanità), come ogni ente privato diventato monopolista applicherà costi esorbitanti e servizi inefficienti nel nome del “santo” e “sacro” margine di profitto che mai e poi mai potrà essere “sacrificato” in nome della sicurezza pubblica (ponte Morandi docet).
Così, con lo stesso sistema verranno privatizzati a mano a mano tutti i settori pubblici, partendo dai settori della previdenza, dell’assistenza, dell’istruzione, delle P.A. e per finire alla gestione dei servizi pubblici come l’acqua, oltre naturalmente all’amministrazione pubblica in generale per poter immaginare in maniera oggi ritenuta utopica di una privatizzazione dei settori della sicurezza (forze dell’ordine e parte delle forze armate) e della magistratura (pensiamo al proliferazione già oggi del sistema degli arbitrari) e addirittura una privatizzazione di nuovi settori che oggi ritenuti non commerciabili domani lo diventeranno per la scarsità del “prodotto” in questione (pensiamo alla qualità dell’aria che domani sarà sempre peggiore e scatenerà un mercato per l’aria migliore negli edifici, città eccetera…) che oggi invece abbonda.
Tutto si farà nel nome della efficienza, della razionalità, del progresso, della economicità. Peccato che sarà per le classi medie e lavoratrici un autentico inferno in terra, perché per potersi garantire quei servizi bisognerà sopportare sacrifici che adesso nessuno ritiene necessari e si sognerebbe di poter accettare anche in futuro (negli Usa la situazione sanitaria può aiutare a far capire i nostri scenari futuri, anche se da noi sarà molto peggio perché noi dovremo fare i conti con risorse molto inferiori a quelle esistenti in Usa).
Arrivata in quel “luogo perduto” chiamato mondo neoliberale “perfetto”, la gente delle prossime generazioni si dividerà in una piccolissima percentuale di straricchi che hanno il potere su tutto (magari anche dell’aria e dell’acqua) e una maggioranza di strapoveri malpagati e non garantiti, che dovranno pagare anche per respirare. Tutta questa grande massa di poveri disperati (che saranno probabilmente i nostri nipoti) si chiederà da dove e da quando è partito l’insano progetto della privatizzazione dell’intera società.
Arrivati a comprendere le nostri gravi responsabilità in merito, ci guarderanno con odio, livore e rabbia ormai impotenti di fronte alla schiacciante superiorità del sistema privatistico: la nostra generazione (insieme a quella dei nostri padri forse) verrà vista come la principale responsabile degli accadimenti che ha dato il via alla loro tragedia.
Non ci saranno scuse per noi, la Storia non ci assolverà, se almeno non avremo combattuto e ci opporremo adesso che possiamo, con gli strumenti propri della democrazia e della militanza politica, a questa insana deriva privatistica, e riportare tutto su una dimensione più umana del vivere comune.
Vale sempre la pena combattere per la propria condizione e della propria società ma qui oggi è in gioco il destino e il benessere delle prossime generazioni. Per questo combattere e opporsi a questo sistema vale doppio, vale triplo vale veramente una fortuna!
Ci libereremo
MICHELE PICCOLI (FSI Brindisi)
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2)INTANTO IN ITALIA…
Dal divorzio Banca d’Italia/tesoro abbiamo pagato circa 3.300 miliardi di interessi passivi sul debito. Circa 100 miliardi l’anno. Diamo circa 5 miliardi di euro l’anno di contributi netti alla UE. Soldi a cui dobbiamo aggiungere i 150 miliardi per il MES.
Siamo in avanzo primario dalla firma dei trattati di Maastricht, nel 1992. Solo tra il 1995 e il 2018 ci hanno sottratto 734 miliardi di euro. Una media di 31 miliardi di euro l’anno. Però quando i soldi servono per migliorare le condizioni di lavoro, migliorare i salari, salvare monopoli naturali e industrie strategiche o per migliorare in genere le condizioni di vita degli italiani, incredibilmente non ci sono mai.
O almeno così continuano a ripeterci. Sempre mentre la BCE emette, ogni mese, 20 miliardi di euro dal nulla.
GILBERTO TROMBETTA (FSI Roma)
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