Coronavirus in Africa: primi casi anche in Camerun e Togo in Camerun Togo
di SICUREZZA INTERNAZIONALE (Chiara Gentili)
In Africa, altri 2 Paesi hanno confermato i loro primi casi di coronavirus. Si tratta del Camerun, il quale ha specificato che il paziente risultato infetto è un cittadino francese, di 58 anni, arrivato a Yaounde il 24 febbraio, e del Togo, dove è risultata positiva una donna di 42 anni, in viaggio tra la Germania, la Turchia, la Francia e il Benin durante il mese di febbraio. Sale così a 9 il numero degli Stati del continente dove è stata accertata la presenza del virus. Oltre al Camerun, ci sono Algeria, Egitto, Tunisia, Nigeria, Senegal, Marocco e Sudafrica.
“Il paziente è stato messo in isolamento presso un centro di cura dell’ospedale di Younde”, ha affermato il ministro camerunense della Salute, Manaouda Malachie, aggiungendo: “Grazie alla sorveglianza attiva esercitata dalle autorità del Camerun è stato possibile identificare il prima possibile il caso”.
Nel frattempo, l’Egitto ha dichiarato, venerdì 6 marzo, che ci sono 12 persone affette da coronavirus su una nave da crociera di passaggio sul Nilo e diretta da Assuan a Luxor. Fino al 5 marzo, il Paese nordafricano aveva registrato solo 3 casi di virus, uno dei quali era completamente guarito, dopo il trattamento. I nuovi 12 casi registrati sono tutti asintomatici, secondo quanto ha riferito l’Organizzazione Mondiale della Sanità in una dichiarazione congiunta con il Ministero della Salute del Cairo. Gli individui infetti fanno tutti parte dell’equipaggio della nave e sono tutti egiziani. Al momento, quindi, il totale delle persone che hanno contratto il coronavirus in Egitto sale a 15. Tuttavia, dato che gli ultimi casi scoperti sono asintomatici, saranno necessarie ulteriori misure per accertare chi è stato in contatto con queste 12 persone.
Nel resto dell’Africa, continua a rimanere stabile il numero dei contagiati. In Algeria, da mercoledì 4 marzo, sono 17. Di questi, uno è un italiano e 16 sono membri di una stessa famiglia residente nella provincia di Blida, a Sud della capitale. In Senegal, nella serata di mercoledì, le autorità hanno contato altri 2 nuovi casi, portando a 4 il totale delle persone infettate dal virus nel Paese africano. Uno dei 2 è la moglie dell’uomo francese di 80 anni, anch’egli positivo al virus, proveniente da Parigi e arrivato a Dakar il 29 febbraio. Il primo caso ad essere confermato in Senegal era stato un altro francese, arrivato nel Paese africano il 26 febbraio. Il presidente senegalese Macky Sall ha annunciato, lunedì 2 marzo, un piano di emergenza da 2 milioni di dollari. Il Ministero della Salute, dal canto suo, ha detto che sta lavorando a stretto contatto con i leader religiosi per promuovere misure igieniche emergenziali in vista di una serie di pellegrinaggi in programma a marzo. In Marocco i casi risultano 2, mentre in Nigeria e in Tunisia continua ad esserci un solo caso in ciascuno dei due Paesi. Il Sudafrica ha annunciato il suo primo paziente infetto il 5 marzo e, al momento, sono in corso tutte le procedure per cercare di risalire alle persone entrate a contatto con l’uomo.
Nelle prossime due settimane, ha assicurato l’Organizzazione Mondiale della Sanità, tutti i Paesi africani avranno la capacità di testare il coronavirus. “Ci aspettiamo nei prossimi 14 giorni che tutti e 47 i nostri Stati membri disporranno delle strutture idonee a diagnosticare questo virus”, ha affermato Matshidiso Moeti, direttore dell’OMS Africa. Il Centro africano per il Controllo e la Prevenzione delle malattie infettive ha detto di aver attivato il suo nucleo operativo di emergenza per aiutare i Paesi del continente, soprattutto quelli dove le capacità del sistema sanitario sono limitate, ad individuare in tempo i casi e a fornire la dovuta assistenza ai pazienti risultati positivi.
Secondo uno studio della rivista medica Lancet, l’Egitto, l’Algeria e il Sudafrica sono i Paesi africani a più alto rischio di diffusione del virus, in particolare per l’elevato numero di viaggi e le intense relazioni commerciali con la Cina. Le misure adottate dai Paesi africani includono lo screening della temperatura nei punti di ingresso, le raccomandazioni a evitare viaggi in Cina e la diffusione di informazioni sanitarie avanzate sia al personale medico sia al pubblico generale. Tuttavia, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’Africa risulta mal equipaggiata per affrontare la minaccia e i governi devono cercare di fare di più per aumentare i controlli e identificare rapidamente i casi sospetti. La maggior parte dei sistemi sanitari risulta obsoleta e priva delle strutture necessarie a gestire casi di pandemia influenzale.
Il direttore generale dell’OMS, Tedros Ghebreyesus, ha detto di essere seriamente preoccupato per la diffusione del virus in Paesi con sistemi sanitari deboli, come molti Paesi africani. Il timore è che, nonostante la percentuale di letalità del coronavirus sia bassa, questa possa aumentare viste le condizioni in cui vive più del 40% della popolazione africana, ovvero sotto la soglia di povertà. Una caratteristica peculiare del nuovo virus è infatti la velocità di contagio elevata. A gennaio, l’organizzazione ha dichiarato il coronavirus un’emergenza sanitaria mondiale. L’OMS ha poi identificato 13 Stati africani che rischiano di più a causa del volume dei loro collegamenti con la Cina. Tra questi ci sono l’Algeria, l’Etiopia, il Sudafrica e la Nigeria.
Il coronavirus, confermato il 7 gennaio nella città cinese di Wuhan, si è ormai diffuso in più di 80 Paesi. Secondo l’OMS, si tratta di un’emergenza di dimensioni mondiali.
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