Cosa abbiamo appreso dalle suppletive di Terni
di STEFANO D’ANDREA (Presidente del FSI)
Nelle suppletive di Terni ha votato il 14,51% degli aventi diritto e le bianche e le nulle sono state lo 0,5% dei votanti.
La lista Riconquistare l’Italia, che candidava Armida Gargani, ha ottenuto lo 0,74% dei voti validi. Abbiamo ottenuto un decimo dei voti del M5S che ha ricevuto il 7,4% dei voti validi. Ogni 10 cittadini che hanno votato M5S uno ha votato per noi.
Non dimentichiamo che a noi interessa arrivare al 3% per poter entrare in Parlamento e parlare al popolo per cinque anni con sufficienti mezzi possibilità e tempo. Poi il resto verrebbe. Con lo 0,21 delle regionali eravamo a un quindicesimo dell’obiettivo. Ora siamo a un quarto. Mai dimenticare l’obiettivo. Mai.
Era la prima volta che partecipavamo ad una elezione suppletiva e ciò ci ha permesso di apprendere qualche caratteristica di questo tipo di elezioni. Ma una delle esperienze fatte ci ha consentito di imparare qualcosa di importantissimo, che metteremo a frutto già nelle prossime elezioni regionali.
Per quanto riguarda le suppletive, abbiamo appreso che, per ragioni varie, sulle quali non è necessario soffermarsi, avendo esse carattere oggettivo, RAI 3, le TV locali, la stampa cartacea locale e la stampa online danno pochissimo rilievo alla competizione politica. Questo elemento è per noi svantaggioso, perché noi ci candidiamo, anche con pochissimi militanti, in primo luogo per farci conoscere e per sfruttare le regole della par condicio, le quali assicurano un minimo di passaggi televisivi e di articoli e interviste sulla stampa, cartacea e online.
Armida Gargani ha avuto, per questa ragione, poche occasioni per mostrare il carattere, le idee, la passione, lo stile che la caratterizzano.
Se si considera che il limitatissimo numero di militanti e l’assenza di denaro non ci offrono grandi possibilità di farci conoscere alla massa dell’elettorato, si comprende come le forme di azione, per far sapere agli elettori che ci eravamo candidati anche noi, erano davvero poche.
Eppure una l’abbiamo messa in atto e ne abbiamo scoperto le grandi potenzialità: il comizio.
Non certo il comizio svolto in un quartiere (salvo che si tratti del “centro” di un quartiere di una grande città),bensì il comizio svolto sulla piazza principale della città, nell’orario di massimo passeggio, durante il quale i giovani sono seduti ai tavolini dei bar a bere birre o prendere un gelato. Attorno alla piazza principale si trovano sempre numerosi negozi. Sommando negozianti, commessi e clienti dei negozi, giovani, uomini di mezza età e anziani che passeggiano e i frequentatori di locali e bar, sulla piazza si trovano o passano, durante il tempo del comizio, centinaia di persone, anche in cittadine di non grandi dimensioni.
Queste persone a tutto sono intente salvo che ad ascoltare i comizi. Sono uscite con altri intenti o soltanto per prendere aria o una birra o un gelato. Eppure è a loro che abbiamo la possibilità (e quindi dobbiamo) parlare, non certo agli amici, conoscenti o scarni simpatizzanti che abbiamo invitato e che eventualmente sono presenti.
Il comizio va rivolto agli assenti non ai presenti, a quegli assenti che tuttavia sono nelle vicinanze e possono ascoltarci.
L’esperienza che abbiamo svolto nella città di Terni è che se ci si rivolge a queste persone sconosciute, se si fa un appello a loro, se li si sfida a interrogarsi su se stessi, se non si teme di offenderne alcuni o di suscitare le risa di altri, pur di conquistare l’interesse o l’attenzione o la simpatia di un terzo gruppo, se si muove dal presupposto che noi e loro dovremmo essere un’unica cosa, se insomma si fa un appello al popolo, se si svolgono considerazioni dure, del tutto inusuali, profonde, tragiche, storiche, epiche, angoscianti, stimolanti, si riesce a farsi conoscere da tutti i presenti nella piazza.
Sotto il palco è venuto un giovane, mio studente ormai laureato, Samuele, che ha ammirato e si è offerto per coinvolgere amici. Passata l’emergenza Coronavirus lo incontreremo
L’amplificazione che avevamo a disposizione era modesta, sicché è stato necessario urlare; ma con una amplificazione migliore, si possono dire le stesse cose, usare gli stessi toni, collocarsi nella medesima prospettiva, senza necessità di urlare, sebbene urlare, nella nostra condizione, non faccia male e sia utile. Forse Pannella, a capo di un piccolo partito, inizialmente urlava non per carattere ma per necessità e poi ha somatizzato la prassi.
Abbiamo appreso, dunque, alcune cose:
i) che i comizi per noi sono importantissimi: sono pressoché tutta la nostra campagna elettorale nella vita reale;
ii) che ci interessano soltanto i comizi da svolgere nelle piazze principali o su strade del centro frequentatissime o in luoghi frequentati dei quartieri delle grandi città;
iii) che per svolgerli basta un solo militante dotato di amplificazione; più la gente vede e sente un pazzo solitario, che sta parlando da solo, che li sta invitando ad ascoltare, che li sta obbligando ad ascoltare (per l’alto volume, per le urla e per il contenuto dell’appello), che è disposto ad urlare, più si avvicina o comunque si tiene lontano ma si ferma e ascolta; e ci conosce;
iv) che quindi in un giorno cinque militanti che faranno campagna nelle elezioni regionali in una provincia possono (e devono, se si hanno più amplificatori) svolgere cinque comizi;
v) che in ogni caso, è necessario, almeno, organizzare 30 comizi, uno per giorno di campagna elettorale in ogni circoscrizione;
vi) che i comizi vanno svolti fin dai primissimi giorni della campagna elettorale (a Terni l’abbiamo svolto l’ultimo giorno), in modo che le persone presenti sulla piazza e che ci stimano possano per un mese parlare di noi e quelle semplicemente incuriosite possano venire a conoscerci in rete o nella vita reale;
vii) che quindi nelle quattro regioni nelle quali stiamo raccogliendo le sottoscrizioni o ci accingiamo a raccoglierle, in ogni provincia bisogna fin da ora munirsi di un amplificatore (trovando un amico che lo presta) e individuare le 30-60 cittadine nelle quali andare a svolgere comizi, prenotando il palco della piazza principale, dalle 18,00 alle 20,00. I partiti tradizionali non svolgono più comizi. Quindi, i giorni facoltativi (in cui lo “spazio” non è assegnato ad altre forze politiche) sono sempre liberi. I comizi ormai esistono soltanto per noi, o quasi;
viii) che per il modo in cui il comizio deve essere svolto è preferibile che esso sia svolto da un militante di un’altra città; sarà senza dubbio più disposto a mettersi in mostra come deve senza remore; due buoni boccali di birra prima del comizio sono raccomandati.
I comizi, se ne svolgeremo tantissimi, e con le caratteristiche che ho indicate, ci faranno fare un bel balzo avanti.
Dopo il mio comizio di Terni, qualche militante e perfino un membro del comitato direttivo ha ipotizzato che io debba trasformarmi nel professore pazzo, in luogo del paziente progettista e costruttore-muratore, che sta pure scrivendo un libro che credo sarà importante.
In realtà, una volta sfondato lo schermo – ma per ora devo scrivere il libro – non è necessario indossare i panni del professore pazzo. Si possono dire le stesse cose, violente, radicali, profonde, totalmente nuove, inaudite, scavare nelle viscere, far tremare le vene nei polsi, suscitare vergogna ammirazione o odio, senza che sia necessario urlare o apparire pazzo.
Ciò che invece sarà molto importante è che, prima che avremo sfondato lo schermo, due o trecento di noi siano disposti, nelle elezioni regionali, poi in altre iniziative estemporanee nelle piazze e poi nella campagna per le elezioni nazionali, a indossare i panni dell’operaio pazzo, dell’avvocato pazzo, dell’artigiano pazzo, dello scienziato pazzo, del commercialista pazzo e in qualche caso del pazzo pazzo.
Un grazie di cuore ad Armida Gargani, Manuel Costanzi, Matteo Natalini, Massimo, Andrea Moretti e Luca Bibi, per la loro generosità e per ciò che ci hanno consentito di apprendere.
Commenti recenti