L’egemonia tedesca in Europa (prima parte)
di GIANFRANCO COSTANTINI (FSI Pescara)
La Germania Ovest per distruggere e ricomprare a prezzi di magazzino l’industria dell’Est ha convertito con cambio alla pari il Marco est con il proprio. Questa conversione, che ha raddoppiato il valore della moneta più “debole”, ai più ingenui è apparsa come una elargizione benefica dei più ricchi verso i più poveri, un vero gesto di fratellanza privo di interesse.
In realtà questa “cortesia” è stata una vera e propria polpetta avvelenata perché da un lato l’equiparazione del valore ha creato milioni di nuovi consumatori, felici e capaci di acquistare le merci prodotte in occidente, dall’altro ha automaticamente annientato l’industria dell’Est con un aumento del 350% dei suoi listini.
È vero che si trattava di una industria arretrata rispetto agli standard occidentali ma aveva punte di eccellenza mondiale e un grande mercato rappresentato dalle Repubbliche Sovietiche.
Questo aumento in estrema sintesi ha significato che una qualsiasi merce prodotta nell’ex Repubblica Federale Tedesca, acquistata da un qualsiasi cliente estero, dopo aver raddoppiato il valore della moneta, ha subito un aumento di prezzo di circa il 350%, quindi è uscito fuori dal mercato per eccesso di rincaro. In breve tempo, Il sogno dell’unificazione si è trasformato in un incubo; licenziamenti di massa, povertà e migrazioni hanno stravolto le vite degli ignari cittadini.
Attualmente, nonostante siano trascorsi ventisette anni dalla riunificazione, nonostante i media nazionali continuino ad esaltare il modello economico-culturale tedesco, in Germania est il PIL pro capite, al netto degli stipendi statali, è poco più del 60% rispetto all’Ovest. Questo accade nonostante il contributo eccezionale sopportato dall’intera Europa che con il rialzo dei tassi d’interesse e con la cancellazione quasi totale dei debiti di guerra, ha finito per finanziare un riassetto territoriale tedesco che è ancora lontano dall’essere compiuto.
Addirittura l’ex Governatore della Bundesbank, Karl Otto Pöhl, attuatore in campo monetario delle direttive politiche dell’ex Cancelliere Helmut Kohl, in audizione alla Commissione Parlamentare d’inchiesta ha dichiarato: “La Germania Est ha subito una cura da cavallo che nessuna economia al mondo è in grado di sostenere”. Mentre al Parlamento Europeo, interrogato sulla fattibilità di una futura Unione monetaria (l’Euro), ha sostenuto che: “La nostra unificazione è stata un disastro, non fatela”.
Dietro il nobilissimo spirito di unità nazionale, dietro la necessità di riunificare popoli accomunati dalla stessa cultura, le classi dominanti hanno attuato una vera e propria aggressione politica, economica e sociale, in grado di drenare a proprio vantaggio enormi ricchezze e un solido potere capitalistico. le oligarchie dominanti hanno ottenuto: un nuovo mercato di sbocco per le merci prodotte; manodopera a prezzi inferiori da utilizzare nelle fabbriche, approfittando dei connazionali ridotti in miseria.
Una situazione molto simile a quelle finora descritte, con toni solo apparentemente meno drammatici, si vive in Europa a causa dell’Euro e dei trattati sciagurati e incostituzionali che lo accompagnano. A differenza degli esempi fin qui illustrati, quella “europea”, è stata un’aggressione economica e sociale anomala, apparentemente senza un “aggressore” in cerca di territori da annettere, subdola nella dinamica perché i suoi effetti catastrofici si sono manifestati solo a distanza di alcuni anni dalla unificazione monetaria, in concomitanza con una crisi internazionale. Proprio per questo fattore e per la grande disinformazione che accompagna l’argomento, la comprensione del fenomeno è ancora confusa.
Chi viaggia e osserva i luoghi, non può non notare che alcuni territori sono tornati a spopolarsi. Alcuni stati europei sono addirittura “falliti” e hanno avuto una devastazione economica inferiore solo al secondo conflitto mondiale, al contrario, altri sembrano prosperare, ma perché?
Grecia, Spagna e Portogallo sono state salvate con trucchi monetari (fondo salvastati-salvabanche, emissioni monetarie illimitate o Quantitative Easing) che hanno allungato la miccia e gonfiato ulteriormente la Germania, ma di nuovo dico: perché si sta creando questo dualismo economico così simile a quello avutosi tra nord e sud dopo l’unificazione dell’Italia e tra est e ovest dopo la riunificazione della Germania? La risposta ovviamente è complessa, richiederebbe un intero libro per essere descritta in tutte le sue sfaccettature, ma si può ricondurre a due concetti fondamentali: economico-monetario e politico-ideologico.
Nel momento in cui è crollato il muro di Berlino, la grande regia americana ha dato una forte accelerazione al disegno di unificazione europea iniziato decenni prima, alla fine del secondo conflitto mondiale.
La Germania ha dovuto accettare l’imposizione dell’Euro da parte della Francia come condizione inderogabile per la riunificazione politica della nazione; la paura di una Germania nuovamente unita, attraversava l’intera Europa. Ingenuamente i francesi pensarono che privandola della sua moneta, il Marco, la si sarebbe potuta controllare senza grande difficoltà. La Germania dal canto suo per accettare l’Euro ha imposto la deindustrializzazione dell’Italia, suo principale competitor, attraverso l’ingresso nella moneta unica.
Successivamente, negli anni in cui sono stati elaborati e sottoscritti i trattati europei, la Germania, che già aveva le idee chiare sul da farsi, vantava un’enorme esperienza nel campo monetario avendo da poco affrontato la propria unificazione; oltretutto aveva un peso politico accresciuto per l’aumento di popolazione. La forza e l’esperienza che esprimeva in quegli anni le hanno consentito di imporre nei trattati il proprio modello economico di stampo ordoliberista, incentrato sul modello di economia sociale di mercato “fortemente competitiva”. Il concetto della forte competizione era ben chiaro in Germania, mentre nel resto d’Europa no.
Negli stessi anni in Italia la classe politica era in cerca d’identità, dopo tangentopoli e il crollo del blocco comunista russo, per legittimarsi agli occhi dell’elettorato, in maniera acefala, si è aggrappata al sogno europeo trasformato in ideologia dalle oligarchie dominanti. Quindi mentre i politici italiani ed europei, sognavano la pace, la fratellanza e un seggio molto ben retribuito al Parlamento Europeo, i politici tedeschi attuavano il proprio disegno di aggressione economica all’intero Continente.
Tutto però è avvenuto gradualmente perché si è iniziato con la creazione del Sistema Monetario Europeo nel 1979 (SME) che aveva come accordo una struttura di cambi fissi tra le valute aderenti, non totalmente vincolanti ma sempre più stringenti (ECU, serpente monetario, SME credibile ecc.) e si è arrivati al 1999 (anno di fine SME) all’ingresso nel sistema Euro con un blocco definitivo del cambio tra gli Stati aderenti. Nel 2002, inaugurata ufficialmente la moneta unica, la Germania, a suon di mazzette ai sindacalisti, ha realizzato la riforma del mercato del lavoro passata alla storia come riforma Hartz.
In pratica, senza dichiarazioni di guerra, ha aggredito commercialmente gli altri stati europei con una svalutazione salariale. In concreto, mentre in tutti gli Stati europei si aumentavano gli stipendi per adeguarli all’inflazione, in Germania gli stessi si bloccavano. Le conseguenze di questa mossa mercantilista sono state principalmente due: la prima è stata il raffreddamento del mercato interno tedesco che ha portato i consumatori ad avere sempre meno reddito disponibile per gli acquisti costringendo le imprese a cercare all’estero nuovi consumatori; la seconda è stata la continua diminuzione dei prezzi delle merci prodotte in Germania, ma perché?
Perché il costo del lavoro, che è uno dei fattori della produzione, incide direttamente sul prezzo finito di un prodotto: quindi, se in Europa tutti gli Stati aumentano salari e stipendi per far mantenere il potere d’acquisto e la Germania no, banalmente il costo delle merci tedesche sarà anno dopo anno più basso rispetto le concorrenti. Come già detto, le imprese hanno trovato più conveniente esportare le proprie merci all’estero perché nel mercato interno il diminuito potere d’acquisto dei consumatori riduce i margini di profitto.
Questa strategia colonizzatrice è stata affiancata da ulteriori azioni altrettanto offensive che sono: creazione di una cerchia di Stati satellite nell’est Europa, a riparo dalle conseguenze nefaste dell’Euro ma inseriti nel mercato comune, quindi liberi di approvvigionare l’industria tedesca con semi lavorati a basso costo, violazione continua senza conseguenze del trattato che impone un limite massimo all’export intraeuropeo.
Questa strategia ha avuto successo solo perché alla base c’è stato un blocco dei cambi delle monete nazionali, sostituite dalla Moneta Unica.
Per farvi capire il trucco, cerco di spiegare, semplificando al massimo il concetto. Quando l’Italia, la Germania, la Francia ecc. avevano le proprie valute, ogni moneta esprimeva con il proprio valore, la forza dell’economia che rappresentava. Quando ad esempio uno stato europeo entrava in crisi economica perché l’industria non era competitiva sul mercato globale, la minore richiesta di merce pervenuta a quello stato provocava una minore richiesta della sua moneta, necessaria per acquistare le merci da essa prodotta. Avvenuto ciò, la minore richiesta di moneta sottostava alla legge del mercato che ne decretava una diminuzione del valore ovvero la svalutazione della moneta verso i mercati esteri: conseguentemente i prodotti tornavano ad avere un prezzo più basso rispetto agli omologhi fabbricati nello Stato concorrente non in crisi.
A questo punto le merci tornavano a competere perché il prezzo per i clienti esteri, con un valore più basso della moneta, scendeva e così via. Implicitamente oltre ai prodotti tornavano a competere gli Stati che con questo gioco di valute, a prezzi più bassi trovavano sempre un mercato di sbocco per le proprie merci, senza dover necessariamente tagliare gli stipendi ai lavoratori.
Al contrario, nelle economie più forti quando le esportazioni crescevano troppo vedevano rivalutare (aumentare di valore) la propria moneta e i rincari conseguenti raffreddavano le esportazioni. Per fare un esempio concreto, prima del 1997 le auto tedesche avevano un prezzo maggiore rispetto alle auto italiane, francesi, spagnole ecc. proprio perché c’era il gioco delle monete che funzionava, ogni nazione riusciva ad avere una propria industria.
Rotto questo meccanismo di riequilibrio, in Europa, la Germania ha invaso il continente di automobili, sempre più economiche in ogni segmento e siamo al paradosso che oggi sono ovunque le più economiche sul mercato e le case automobilistiche concorrenti, per sopravvivere, sono costrette a spostare le sedi nei paradisi fiscali o sottopagare i lavoratori. Senza l’Euro tutti gli Stati del Continente avevano una parità di chance nel mercato globale e nessuna di esse soccombeva sotto i colpi sleali dell’altra.
Ma perché dal 2002 al 2010 nessuno si è accorto di niente? Principalmente per due motivi: il primo è stato il credito al consumo, finanziato dal surplus commerciale tedesco, francese ecc. il famoso “compra oggi paga domani” e il domani alla fine è arrivato; il secondo è stato l’effetto valore dell’Euro che ha raddoppiato il prezzo degli immobili.
La bolla del mercato immobiliare poi si è gonfiata quando i capitali impiegati nell’industria nazionale, definitivamente messa all’angolo dalla concorrenza sleale tedesca, hanno smesso di generare profitti. Per cercare di recuperare le perdite subite nei settori esposti non si è potuto far altro che investire nel mattone, unico (o quasi) settore economico a riparo dalla concorrenza estera e all’epoca, ancora capace di generare utili favolosi.
Oggi la Germania per la terza volta in meno di un secolo ha messo in ginocchio un continente, l’Europa, e proprio come una nazione vincitrice di una guerra cerca di ricavare il massimo dalla sua posizione di dominio. Così, dopo aver reso debitore l’intero continente (o quasi), impone le sue regole economiche a tutti gli altri Stati, Francia compresa; acquisisce porti, aeroporti greci, ardisce e minaccia le nazioni che vogliono sottrarsi ai suoi diktat, come con l’Inghilterra fuggita per tempo con la Brexit.
Poche sono le certezze in questa fase del conflitto commerciale intraeuropeo: una è che la Germania non si fermerà mai, neanche davanti alla devastazione o alla miseria altrui, l’altra è che solo un intervento deciso di distruzione della moneta unica e dei trattati europei può svincolare il Continente da questo aggancio mortale.
[continua]
Commenti recenti