Il potenziale per fronteggiare l’emergenza
di DAVIDE IEZZI (FSI Torino)
Un aspetto fondamentale da comprendere in questi giorni di crisi è che al momento vi sono tre fronti di lotta aperti.
1. Il fronte sanitario
Salvo i pochi dati che stiamo collezionando e le previsioni che, sulla base di questi, ci è possibile fare, abbiamo la ragionevolissima speranza che l’epidemia sarà contenuta. I tempi e i modi sono fattori in costante evoluzione, ma non c’è alcun elemento che faccia sospettare di a) un acuirsi e un espandersi dell’emergenza nella maggior parte delle strutture sanitarie nazionali; b) un aumento drastico e incontenibile delle vittime causate dal virus COVID-19. Da quel che emerge nei bollettini diramati dalla Protezione Civile e dall’Istituto superiore della sanità, è tuttavia difficile dire, con certezza, quando sarà possibile allentare la durezza dei provvedimenti cui il Governo è dovuto ricorrere.
2. Il fronte politico
L’emergenza sanitaria ha mostrato le debolezze dei sistemi politici, sia italiano che europeo. Dal lato interno abbiamo appreso che il regionalismo non è un buon modo per organizzare le funzioni di Stato sul territorio; abbiamo compreso che liberalizzare e privatizzate le attività strategiche ed essenziali non comporta né un miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria né della sua responsività e infine abbiamo compreso che esiste una “spesa incomprimibile” nel bilancio di Stato, vale a dire quella spesa riferita alla garanzia dei diritti costituzionali. In altri termini non è saggio fare di certe spese una pura questione economica, altrimenti questa scelta potrebbe inaspettatamente ritorcersi contro, proprio nel momento del bisogno, imponendo esborsi e dispiegamenti immediati e ingenti.
Dal lato estero, abbiamo compreso che l’Unione europea è un soggetto prepotente e fragile, incapace di esercitare solidarietà ma altrettanto incapace di impedire che i particolarismi e gli interessi divergenti prendano il sopravvento. Non solo si è dimostrata inefficace ma altresì dannosa, per due questioni principali: a) una questione storica, ossia legata alle chiare politiche di deprivazione e austerità che ha imposto ai Governi italiani sotto la minaccia di pesanti ritorsioni finanziarie; b) una questione contingente, ossia legata alla cattiva gestione della politica sanitaria internazionale e soprattutto dell’atteggiamento intollerabile da parte delle Istituzioni (Banca centrale europea, in primis) che dovrebbero avere il dovere di proteggere i Paesi europei.
3. Il fronte economico
Il pesante rallentamento dei consumi e delle attività produttive sarà foriero di ingenti danni economici, chiaramente proporzionali al tempo di sospensione imposto dai provvedimenti di Governo (nei fatti sine die). Il buon senso chiederebbe al Governo di ricorrere ad ampi e sostanziosi benefici fiscali, nonché assistenza diretta di quei nuclei familiari che non potranno mantenersi senza lavorare. Sappiamo molto bene che questo buon senso potrà esercitarsi solo parzialmente perché le regole europee non saranno sospese neppure in un momento di profonda difficoltà per la nostra Repubblica. E l’Italia non ha un’autonoma capacità di spesa.
A questo punto la domanda viene lecita: per quale ragione, se è possibile evitare i fattori complicanti li ricerchiamo? Se in un momento di difficoltà, la partecipazione della Repubblica italiana a un’organizzazione internazionale, come l’Unione europea, rende ancora più insopportabile il suo peso, perché non abbandonarla?
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