Tagli alla spesa pubblica e ruolo dello Stato
di LUCA RUSSI (FSI Arezzo)
L’austerità oggi è figlia di padri ignoti, sembra, ma la mamma, l’UE che ci inchioda ai propri vincoli di bilancio, la conosciamo tutti benissimo, ormai. Oggi il Presidente del Consiglio dei Ministri, degno rappresentante assieme a molti altri – a cominciare dal Ministro della Salute Speranza – della classe politica più vergognosa della storia d’Italia (quella della Seconda Repubblica nata nel ’92 a Maastricht), rilascia interviste in cui dichiara “finita la stagione dei tagli alla Sanità e alla Ricerca scientifica”.
Ecco, a parte l’impudenza di queste dichiarazioni ora, durante l’emergenza sanitaria in corso, la prima cosa che verrebbe da rispondere è: ma i tagli alla Scuola, quelli alla Giustizia, alla Previdenza e allo Stato sociale, i tagli ai Trasporti pubblici, quelli agli Enti locali e a tutti gli altri servizi ai cittadini che continuano a non nominare mentre nessuno che parli più di tornare a nazionalizzare Autostrade, che continua ad essere amministrata da gente che ha preferito incassare «extra-profitti» (lo dice la Corte dei Conti) piuttosto che effettuare la manutenzione di ponti e viadotti che oggi crollano provocando decine di morti, nessuno che dica mai che occorrerebbe tornare a nazionalizzare i settori vitali, le Ferrovie, l’energia elettrica (da Luglio si passerà tutti a Enel “Libero” Mercato, e preparatevi ad un aumento delle bollette della luce), le telecomunicazioni, le acciaierie (solo lo Stato potrebbe mettere in campo le risorse necessarie per bonificare l’area dell’Ilva di Taranto mettendo in sicurezza una produzione assolutamente strategica per un paese fortemente industrializzato come il nostro, e invece la gente del quartiere Tamburi contina a morire di cancro), assieme a tutte le altre produzioni che andrebbero preservate perché di vitale importanza per tutti, quelle che una volta erano considerate, con un’espressione che oggi non usa più nessuno, di vitale INTERESSE PUBBLICO?
E i tagli alla Cultura, alla tutela, al restauro e alla manutenzione del nostro immenso Patrimonio artistico, quelli alla Protezione civile per cui oggi ci forniscono gentilmente l’IBAN con cui fare donazioni, ai VVFF e al Servizio anti-incendi, alle forze dell’ordine per cui negli anni passati gli agenti di polizia si son visti razionare persino i giubbotti anti-proiettile, alla ricostruzione nelle aree terremotate, ai fondi per riqualificare e rimettere in sesto tutto il patrimonio edilizio pubblico e il territorio disastrato da decenni di mala gestione invece, dove li mettiamo?
Per tutto questo la “stagione dei tagli” non sarebbe finita, dunque?
E a cosa serve lo Stato allora, se non a fare tutte queste cose (e non tocchiamo neppure l’argomento in materia di politiche del lavoro, che è meglio)?
N.B.
Solo io trovo significativo che praticamente gli unici settori dove non hanno tagliato in questi anni sono quelli del costo per la partecipazione del nostro Paese al bilancio dell’Unione Europea (visto che era previsto che per il triennio 2018-2021 sarebbe passato da 20 a 23 miliardi), e quello delle spese militari? Già, perchè a fronte dei 37 miliardi di euro che secondo la Fondazione Gimbe sono stati sottratti alla sanità pubblica in dieci anni, secondo il rapporto di Mil€x – l’osservatorio sulle spese militari italiane fondato nel 2016 – la tendenza di crescita della nostra spesa militare nelle ultime legislature sarebbe stata continua: nel 2018 ha toccato quota 25 miliardi di euro, pari all’1,4% del Pil, segnando un aumento del 26% rispetto alle ultime tre legislature.
Per carità, allo stato attuale, la Difesa rende noto di aver reso disponibile – in caso di necessità e su richiesta delle Autorità competenti sull’emergenza coronavirus – un totale di circa 6.600 posti letto distribuiti su tutto il territorio nazionale a favore dei cittadini che debbano eventualmente sottoporsi al periodo di sorveglianza e i nostri militari forniscono supporto non solo attraverso una quota del proprio personale medico ma anche attraverso l’assistenza presso i propri ospedali come quello del Policlinico militare del Celio di Roma. Ma ricordatevi di questi dati quando ascoltate le dichiarazioni dei nostri attuali governanti, che sono gli stessi che fino a poco tempo fa dichiaravano di fare gli interessi dell’Europa “dei 70 anni di pace” e non dei cittadini della Repubblica, visto che sembra che in questi anni siano stati tutti all’opposizione.
Commenti recenti