La spesa militare prima della crisi ha registrato il più grande aumento degli ultimi dieci anni
di MARX XXI
( Carlos Torralba e Paula Chouza )
La NATO incrementa gli investimenti nella difesa fino a raggiungere un nuovo record nel 2019
traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it
Questo articolo tratto da ‘el pais’ è basato sui dati del rapporto SIPRI del 2019. Una fonte non di parte, che analizza in modo critico anche il ruolo di Cina e Russia ma che individua nella Nato e negli Stati Uniti i responsabili della corsa al riarmo. Stiamo per affrontare una crisi gravissima che ad alcuni ricorda quella del ’29, la speranza e che non si voglia stimolare la crescita economica investendo in armi. Sarebbe una scelta che aumenterebbe i pericoli di guerra. Dopo anni di aumenti delle spese militari e tagli alla sanità abbiamo pagato un prezzo altissimo nella gestione della crisi provocata dal coronavirus, siamo sicuri che non sia meglio assumere medici ed infermieri?
La spesa militare nel mondo è in costante crescita, sebbene l’incertezza della crisi economica scatenata dal coronavirus metta in quarantena la tendenza al rialzo nei prossimi anni. Nel 2019, l’investimento globale nella difesa ha superato 1,9 trilioni di dollari (1,75 trilioni di euro) e ha stabilito un nuovo record per il terzo anno consecutivo. L’aumento complessivo tra i Paesi della NATO, che rappresentano il 54% del totale, insieme agli aumenti in Cina, India e Russia, porta a un aumento del 3,6%, il più grande dal 2009, secondo i dati del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute).
Gli investimenti militari statunitensi seguono il sentiero della crescita (5,3%) – più che nell’anno precedente (4,6%) – dopo un periodo di forti tagli (2011-2017). Secondo il rapporto pubblicato oggi dal SIPRI, Washington ha dedicato alla difesa 732 miliardi di dollari (il 38% del totale). L’aumento è dovuto principalmente ai costi del personale per l’assunzione di 16.000 nuovi militari e la continua modernizzazione di armi convenzionali e nucleari. Così la somma rappresenta il 15% in meno rispetto a dieci anni fa, quando il Pentagono aveva decine di migliaia di truppe dispiegate in Afghanistan e in Iraq. Anche il suo rivale strategico, la Cina – al secondo posto per l’undicesimo anno consecutivo – ha aumentato la spesa del 5,1% a 261 miliardi di dollari. Pechino ha aumentato i suoi investimenti annuali dal 1994, ad un ritmo simile alla crescita del suo Prodotto Interno Lordo. I I due paesi rappresentano il 52% degli investimenti mondiali.
Ad eccezione del Regno Unito, che mantiene stabile la sua spesa, del Canada e della Grecia, dove è scesa rispettivamente del 2% e dello 0,4%, la spesa per la difesa è in crescita negli altri paesi membri della NATO. Nel complesso, la somma rappresenta il 17% in più rispetto al 2015. Tuttavia, solo nove dei 30 membri dell’Alleanza rispettano l’impegno di destinare il 2% del loro PIL al settore.
Degno di nota è l’aumento in Germania, che lo scorso anno è cresciuto del 10%, raggiungendo i 49,3 miliardi. Tra i primi 25 della lista c’è stato solo un aumento maggiore, quello dei Paesi Bassi (12%). La spesa di Berlino è stata superiore a quella di Londra per la prima volta dal 2000 e inferiore di soli 800 milioni a quella di Parigi. Negli ultimi 30 anni, l’attività delle forze armate tedesche si è trasformata per poter operare in zone di conflitto, generalmente sotto il mandato dell’ONU o della NATO, come ad esempio in Bosnia, Kosovo o Afghanistan.
Senza dubbio “gli eventi legati a Mosca nell’ultimo decennio, la guerra in Georgia nel 2008 e soprattutto l’annessione della Crimea nel 2014, hanno aumentato la percezione della minaccia russa, che all’interno dell’Alleanza è condivisa”, dice Pieter Wezeman, un ricercatore del SIPRI e uno degli autori del rapporto. “La Germania è giunta alla conclusione che è necessario rimodellare il suo esercito per poter difendere meglio il suo territorio e i Paesi alleati”, dice.
La tendenza è simile in altri Stati dell’Europa centrale e orientale. Nel 2019, la Bulgaria ha aumentato la spesa militare del 127% – l’unico Paese al mondo che ha più che raddoppiato l’investimento – soprattutto grazie all’acquisizione di nuovi aerei da combattimento americani. In Romania, nonostante un aumento del 17% rispetto all’anno precedente, il bilancio della difesa è aumentato di oltre il 150% nell’ultimo decennio. Sulla stessa linea si collocano l’Estonia, la Lettonia e la Lituania, che insieme spendono quasi il triplo rispetto al 2010. La Polonia, al ventesimo posto in classifica, dove la minaccia russa è particolarmente sentita – Mosca ha dispiegato missili nucleari a corto raggio a Kaliningrad, un’enclave che confina con il Paese – spende il 51% in più per la difesa di allora.
“Hanno portato avanti un processo di modernizzazione e ristrutturazione delle loro forze armate abbastanza rapidamente”, dice l’esperto del SIPRI. Nell’ultimo anno, Varsavia ha siglato un accordo con Washington per l’acquisto di 32 caccia F-35, il caccia più sofisticato. Si evidenzia anche l’aumento negli ultimi 12 mesi analizzato in Slovacchia (48%) e nella Macedonia del Nord -membro della NATO dallo scorso marzo- (30%).
La Turchia, uno dei principali partner dell’Alleanza, sta consolidando la sua posizione al 16° posto, poco prima della Spagna (17,2 miliardi di euro; 0,9% in più rispetto al 2018). Ankara – che interviene militarmente in Siria e in Libia – ha aumentato i suoi investimenti di oltre il 40% negli ultimi cinque anni. Sfidando il resto dei paesi membri, l’esercito turco – il secondo più numeroso della NATO – ha iniziato a ricevere missili dal sistema di difesa aerea S-400 di fabbricazione russa lo scorso giugno. I primi test, previsti per la fine di questo mese, sono stati cancellati all’ultimo minuto. La Russia, dal canto suo, ha aumentato la spesa del 4,5% nel 2019, dopo averla tagliata del 22% nei due anni precedenti. Il suo investimento è un undicesimo di quello degli Stati Uniti.
Dal canto suo, l’India è diventata il terzo investitore mondiale del settore. Nell’ultimo decennio, Nuova Delhi ha aumentato la spesa del 37%. La ragione principale è stata la perenne rivalità con il Pakistan. L’attrito tra le due potenze nucleari è ripreso negli ultimi anni, con scaramucce e violazioni reciproche dello spazio aereo. “La crescente capacità militare della Cina è percepita come una minaccia anche in India”, dice Wezeman. Mentre Nuova Delhi sta cercando di rafforzare i suoi rapporti con Washington e Mosca, Islamabad è diventata uno dei principali alleati di Pechino.
L’Algeria è un caso particolare. Pur essendo impantanata nell’instabilità politica, economica e sociale, l’anno scorso ha aumentato la spesa del 7,8%, seguendo la tendenza stabilita dall’inizio del secolo. Il budget delle forze armate algerine è oggi quasi il doppio di quello di un decennio fa, ed è pari al 25% del totale dell’Africa (con una popolazione che rappresenta il 3,4% di quella del continente). Algeri giustifica il suo enorme investimento militare nella tensione con il Marocco, nella guerra in Libia e nella lotta contro le cellule jihadiste nel Paese.
Nel complesso, la spesa ha rappresentato il 2,2% del PIL mondiale, pari a 249 dollari pro capite. Molte delle tendenze attuali, tuttavia, sono messe a dura prova dalla recessione economica in cui decine di Paesi sono sprofondati nelle ultime settimane. “È molto difficile da prevedere. Ci potrebbero essere dei tagli alla spesa nei prossimi anni, anche se non devono essere immediati. Potrebbe addirittura aumentare nel 2020, nel tentativo di stimolare l’economia”, afferma l’esperto. “In questo momento tutto è nel limbo”, aggiunge.
Fonte:https://www.marx21.it/index.php/internazionale/pace-e-guerra/30514-2020-05-23-13-03-19
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