Libertà o inganno?
di CLAUDIA VERGELLA (FSI-Riconquistare l’Italia Roma)
Il capitalismo ha la capacità di evolversi per continuare ad imporsi, volgendo a suo favore persino le tensioni critiche contro di esso. Questo avviene con il controllo sulla cultura e la manipolazione, ma modificando strumenti e contenuti.
Mi spiegherò meglio. Considererò come spartiacque che ha reso necessario un forte cambiamento, il movimento del’68, con particolare riferimento alla messa in discussione, da parte del movimento stesso, del principio di autorità. Ricordo che in particolare si stigmatizzava il moralismo cattolico e borghese teso a reprimere le pulsioni fin dall’infanzia. In questo si ravvisava il fine di forgiare un futuro adulto pavido e sottomesso.
In proposito, tra gli intellettuali amati dal movimento, cito Wilhelm Reich (1897-1957) che individuava un nesso tra potere e repressione sessuale, nel convincimento che l’imposizione di un’ideologia sessuofobica favorisse l’attitudine ad un’acritica e passiva sottomissione. L’intento del potere di favorire l’attitudine alla sottomissione è tuttora forte, ma i contenuti usati sono diversi. Il cambiamento è stato necessario essendo venuto meno il supporto culturale all’autoritarismo. La colpevolizzazione delle pulsioni è stata sostituita con l’opposto miraggio della loro liberazione.
Attraverso l’intento dichiarato di proteggere la decantata libertà di “essere quello che ci si sente”, il potere in realtà continua a forgiare a proprio piacimento l’essere umano, con il beneplacito dei cosiddetti progressisti, incapaci di cogliere l’inganno. Ad esempio le teorie gender, a ben vedere, non liberano affatto, come decantato, il bambino da inutili fardelli culturali per farne un adulto dotato di capacità critica, in quanto esse stesse sono portatrici di un preciso contenuto ideologico, imposto come verità scientifica indiscutibile. Il fatto che si insista affinché vengano presentate a bambini in tenera età, dimostra la prepotente pretesa di imporre un contenuto che preceda, e quindi conculchi, la libera elaborazione personale, instillando per di più un’idea di “incertezza” sulla propria identità, prodromica ad un adulto remissivo.
A ciò si aggiunge l’inganno del recente progetto di legge Zan che, dietro un finto obiettivo protettivo della libertà nella diversità, nasconde un intento censorio e repressivo. La discrepanza tra l’intento dichiarato e quello perseguito si evince dalla presenza di una normativa già adeguatamente protettiva contro le discriminazioni. La caduta dell’ autoritarismo, nella famiglia e nella scuola ha determinato una modalità subdola di imposizione dall’alto che non era presente nel dopoguerra, in cui si dichiarava apertamente come necessario il ruolo di “autorità” degli adulti a scopo educativo. La messa in discussione dell’autoritarismo ha portato a concentrare l’impegno dell’educatore nel liberare le potenzialità del minore, a discapito della mano ferma della correzione ritenuta, a torto, limitativa della creatività.
L’educazione permissiva che ne deriva, genera personalità emotivamente fragili e, in controtendenza rispetto al giovane del’68, poco portate ad un autonomo impegno culturale, soprattutto su tematiche socio-politiche. È significativo che, nonostante i passi indietro consigliati da alcuni pedagoghi, le “politiche” scolastiche continuino a spingere in questo senso.
In conclusione: le lotte del’68, travalicando gli intenti dei suoi giovani protagonisti, stanno favorendo il capitalismo selvaggio, che è riuscito, con falsi miraggi, a pilotare a proprio vantaggio l’evoluzione culturale derivante.
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