Sulla presunta disonestà del popolo italiano (cioè mia e di quasi tutti voi)
di ENRICO BONFATTI (FSI-Riconquistare l’Italia Vicenza; candidato presidente Regione Veneto)
Il caso dei 5 mentecatti in parlamento che hanno chiesto il bonus riservato alle partite IVA e delle 234mila imprese italiane che hanno usufruito della cassa integrazione senza aver registrato cali di fatturato ha riportato in auge – se mai ne fosse uscito – il tema del presunto malcostume italiota, causa di ogni nostra difficoltà secondo la lettura suggerita dai grandi media sempre pronti a dare in pasto al livore dell’opinione pubblica le magagne che si registrano a qualunque livello della pubblica amministrazione e al contempo ad alimentarne il senso di colpa già ben radicato da due millenni di cattolicesimo.
“Siamo in crisi? Con una classe politica così cosa pretendete? Quelli che dovrebbero dare il buon esempio sono i primi ad approfittarne. Ed evidentemente chi li vota non è molto diverso, altrimenti gente del genere non siederebbe nemmeno in un consiglio circoscrizionale: ci sono ben 234 mila aziende che hanno approfittato delle maglie larghe delle disposizioni anticrisi per il Covid per arraffare tutto l’arraffabile. Poi non lamentatevi se mancano i soldi per le pensioni, per la sanità, per il welfare, per chi ne ha davvero bisogno. E non lamentatevi se i nostri partner europei pretendono spiegazioni.” Questo è un po’ il mantra che ormai da decenni ci sentiamo ripetere. C’è un’intera generazione ormai adulta che non ha mai potuto utilizzare altre chiavi di lettura della realtà.
In realtà, un’altra chiave di lettura suggerirebbe che la disonestà accompagna da sempre i comportamenti umani ad ogni livello e che se 5 parlamentari su quasi 1000 si sono comportati in modo disonesto la notizia vera è che sicuramente molti ma molti di più non li hanno imitati potendolo fare legalmente. Lo 0.5% di disonesti è una cosa assolutamente fisiologica.
In secondo luogo se 234mila aziende hanno approfittato delle misure anticrisi per intascare aiuti di stato non destinati a loro, viene da chiedersi quante di queste aziende lo hanno fatto spinte solo da interessi meschini e quante invece non si siano trovate davanti un’insperata scialuppa di salvataggio in una situazione che le vedeva in grandi difficoltà ben prima del COVID. Il tessuto produttivo italiano è fatto sostanzialmente di piccole e medie imprese, molte delle quali in tempi normali non hanno accesso alla cassa integrazione. In una situazione in cui galleggiavano a malapena, a prescindere dalla crisi sanitaria hanno colto l’occasione al balzo per tornare a far quadrare i conti con maggior serenità.
Ma come mai il legislatore non ha previsto questo uso illegittimo della cassa integrazione, mettendo a punto degli strumenti per evitare che i fondi andassero a vantaggio di chi non ne avesse i requisiti? Una spiegazione potrebbe essere quella del bassissimo livello della nostra classe politica attuale, fatta di persone che sostanzialmente votano secondo le direttive delle segreterie di partito, senza mai fare la fatica di leggere ed analizzare i testi delle proposte di legge. Potrebbe essere, ma non è una spiegazione sufficiente. Qualcuno i testi li deve pur scrivere e, nel farlo, deve utilizzare una cosa chiamata pensiero.
Una spiegazione più convincente potrebbe essere che chi ha scritto le disposizioni di legge in questione fosse ben consapevole della possibilità che andava offrendo al tessuto produttivo italiano, messo duramente alla prova dalla concorrenza delle grandi multinazionali. I vincoli europei impediscono di mettere qualunque tipo di argine all’agire del grande capitale, in nome di quella “libera concorrenza” chiaramente in contrasto con lo spirito e la lettera della nostra Costituzione, ma il Covid ha sollevato uno stato di eccezione di cui ha approfittato il legislatore per introdurre surrettiziamente una forma di aiuto di stato che i Trattati Europei vietano esplicitamente.
In sostanza, un governo sostenuto dal partito più unionista d’Italia ha agito consapevolmente contro i principi enunciati dai trattati senza dichiararlo apertamente, per venire incontro alle necessità del paese che, in una situazione normale, nessun governo è in grado di affrontare proprio a causa della nostra adesione alla UE. In poche parole, in Italia oggi la Costituzione non può venire applicata se non clandestinamente. Questo ci mette ancor più nel mirino dei tromboni di regime pronti a ragliare contro la nostra “disonestà” e ad offrire comodi ganci alle classi dirigenti tedesche per chiedere maggior rigore nei nostri confronti.
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