Il compito che ci spetta: formare Italiani che “non sanno cantare”
di STEFANO ROSATI (FSI-Riconquistare l’Italia Rieti)
Dal discorso tenuto il 4 dicembre 1961 per l’apertura dell’anno accademico della Scuola di studi superiori sugli idrocarburi di San Donato Milanese (in E. Mattei, Scritti e discorsi, Rizzoli 2012)
“Noi ci siamo trovati, sedici anni fa, in una situazione tragica. Sapevamo che c’era qualcosa da fare, ma solo un piccolissimo numero di uomini erano preparati per coadiuvarci. Non avevamo le esperienze necessarie nella ricerca degli idrocarburi e gli altri ne approfittavano. Quando ci siamo messi al lavoro siamo stati derisi, perché dicevano che noi italiani non avevamo né le capacità né le qualità per conseguire il successo. Eravamo quasi disposti a crederlo perché, da ragazzi, ci avevano insegnato queste cose. Io proprio vorrei che gli uomini responsabili della cultura e dell’insegnamento ricordassero che noi italiani dobbiamo toglierci di dosso questo complesso di inferiorità che ci avevano insegnato.
Ma per fare questo è necessario studiare, imparare, conoscere i problemi. E noi ci mettemmo con tanto impegno, e abbiamo creato scuole aziendali per ingegneri, per specialisti, per operai, per tutti e dappertutto. Con questo sforzo continuo ci siamo formati i nostri quadri. Oggi abbiamo, solo nel gruppo ENI, circa 1300 ingegneri, 3000 tra periti industriali e geometri, 300 geologi, 2000 dottori in chimica, in economia e in legge, migliaia e migliaia di specialisti. Conosciamo i problemi, li sappiamo discutere e riusciamo a vedere che niente va bene, niente di tutto quello che ci hanno insegnato sulle nostre inferiorità.
Erano tanto accettate queste false conoscenze che avevano diffuso sugli italiani: sul dolce far niente, su questa razza pigra che non è pigra, che ancora oggi ce le sentiamo ripetere come verità. Voglio raccontarvi un episodio. Ritornavo tre anni fa dalla Cina, da Pechino. Rimasi bloccato una settimana in Siberia per il cattivo tempo. Ero con quattro giovani miei collaboratori, quattro tecnici, ed eravamo andati in quel lontano Paese per rapporti di affari. Era la vigilia di Natale; finimmo per passare il Natale in Siberia perché non fu possibile ritornare.
L’aeroporto era pieno di gente; arrivavano aerei da tutte le parti e scaricavano passeggeri che non potevano ripartire: coreani, indocinesi, mongoli, sovietici, europei. Mi ricordo che i cecoslovacchi erano dodici ed erano tecnici che tornavano dalla Cina: ci domandarono se volevamo passare il Natale insieme e noi rispondemmo che lo avremmo gradito. Ci trovammo così intorno ad un lungo tavolo, pieno di fiori, la vigilia di Natale, nella Siberia orientale, noi cinque italiani, i dodici cecoslovacchi, cinque polacchi, cinque ungheresi, quattro della Germania orientale, tre sovietici e un cinese. Si mangiò caviale e si bevvero vodka e champagne.
Alle undici di sera i cecoslovacchi si mossero dai loro posti, si riunirono in gruppo e nella notte di Natale in Siberia incominciarono a cantare le canzoni cristiane della vigilia. Dopo i cecoslovacchi cantarono i polacchi; anche loro cantavano benissimo, erano bravissimi; erano tutti tecnici sulla via del ritorno a casa per passare il Natale. Poi gli ungheresi cantarono le czarde. Infine cantarono i tedeschi orientali. Nessuno di noi conosceva gli altri, gli altri non conoscevano noi, ma sapendo che eravamo italiani vollero che ci mettessimo a cantare. Eravamo cinque italiani e nessuno di noi sapeva cantare. Al primo momento si offesero e dissero: ‘Voi non siete italiani’. Tirammo fuori i nostri passaporti. ‘E allora voi dovete cantare!’. ‘Noi siamo degli italiani che non sanno cantare’.
Amici miei, mi riallaccio a quello che dicevo prima: per gli altri non solo non conoscevamo i problemi, ma meritavamo le umiliazioni. Io vi dico questo per far risaltare l’importanza che ha per voi lo studio di questi problemi, il conoscerli a fondo, perché la cosa più importante per un Paese, e cioè l’indipendenza politica, non ha valore, non ha peso, se non c’è l’indipendenza economica. Avere l’indipendenza economica significa avere il controllo delle proprie risorse, significa per voi, che vi addestrate per lavorare in uno dei maggiori settori dell’industria mondiale, avere la possibilità di scambiare direttamente le proprie fonti di energia. Con esse si controllano i più importanti settori lanciati verso il domani, i settori nei quali tutti voi potete dire una vostra parola, potete diventare qualcuno.”
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