Abd Ar-Razzaq Yahya (Charles-André Gilis): Le illusioni dell'integralismo
Le riflessioni di un sufi contemporaneo sull’islam “politico” (dal libro L’integrità islamica. Né integralismo né integrazione, trad. it. Casa della Pace di Pavia, 2007) [gm]
Partendo dall’idea che la comunità islamica non possa essere governata che da musulmani, l’integralismo cerca di conquistare il potere con mezzi politici. I partigiani di questa ideologia sperano così di promuovere l’islam, da una parte garantendo la pratica della religione nei paesi che essi controllano, dall’altra gettando per il mondo una specie di “testa di ponte” con il fine di difendere gli interessi dei musulmani dovunque essi si trovino e di preparare l’espansione progressiva dell’islam.
A confronto con gli equivoci e le derive delle politiche di integrazione, l’idea integralista ha di che sedurre i buoni musulmani, in virtù dell’indipendenza che promette loro, praticando un autogoverno che mette fine a quello altrui.
Un esame più attento mostra il carattere illusorio di questo apparente vantaggio. Per cominciare, la conquista del potere implica, ai nostri giorni, che ci si organizzi in partito e che si adottino i metodi profani della vita partigiana, tutte cose che si trovano agli antipodi dell’universalità islamica. In caso di vittoria, succede anche di peggio. Come preservare l’integrità dell’islam nella gestione di uno Stato moderno, che si autoproclami o meno “islamico”? In tutti i campi si va verso impasse e contraddizioni.
Innanzitutto, non vi è Stato senza territorio. Uno Stato islamico è, per sua essenza, uno Stato universale, vale a dire uno Stato senza frontiere. Uno Stato il cui territorio è definito da frontiere non può pretendere di essere uno Stato islamico. Citiamo qui semplicemente le parole di un saggio del nostro tempo che diceva: “Nell’istante stesso in cui il Mahdi [nell’escatologia islamica il Mahdi è un governante giusto e saggio, discendente del Profeta, che apparirà sulla Terra alla fine dei tempi, precedendo l’avvento di Gesù, ndr] sarà confermato nella sua missione davanti alla Kaaba della Mecca, gli Stati e i regimi del mondo islamico crolleranno come castelli di carte”.
Nel campo economico, si ritrova la questione inevitabile del prestito a interesse. Si vuol parlare del risparmio privato? Raccolto senza interesse dalle banche, non sarebbe nient’altro che denaro a buon mercato che, per i giochi delle compensazioni finanziarie, potrebbe essere messo a disposizione dei peggiori nemici dell’islam. Sarebbe il colmo! Parliamo, invece, del potere pubblico? Quale è lo Stato moderno che, salvo circostanze eccezionali e aleatorie, può fare a meno del prestito?
Nell’ambito militare la sola legge è quella del più forte, e la forza militare non è sicuramente dalla parte islamica, come ovunque i musulmani sperimentano amaramente.
Nel campo cosiddetto “culturale”, le esitazioni dei dirigenti integralisti sono talvolta divertenti. Ora decidono di proibire la musica che viene chiamata classica, e che in realtà è squisitamente moderna; ora la autorizzano, offrendo lo spettacolo ammaliante di giovani ragazze in chador che suonano il violoncello!
Questi pochi esempi mostrano l’impossibilità di governare uno Stato moderno in maniera tradizionale. Gli integralisti, che accettano compromessi in tutti questi campi, non sono qualificati per rappresentare l’integrità islamica. In definitiva, le posizioni apparentemente incompatibili dell’integrazione e dell’integralismo sono più vicine di quanto non appaia: la prima accetta la dominazione del mondo moderno in maniera diretta, la seconda in maniera indiretta, tramite la mediazione di musulmani la cui mentalità è condizionata dal modernismo e che, contrariamente a quanto pretendono, non possono parlare a nome dell’islam.
Quanto ai musulmani che vivono nei paesi occidentali, essi devono necessariamente accettare dei compromessi. Il Profeta stesso non ha detto che verrà un tempo in cui nulla potrà sfuggire alla “polvere del prestito a interesse (riba)” in maniera più o meno diretta? L’essenziale, per i credenti, è che non vi sia “integrazione dei cuori” e che questi compromessi siano accettati in uno spirito di pazienza e saggezza.
L’invasione del modernismo, i mezzi potenti di cui dispone, rendono vano ogni tentativo di restaurare esteriormente la grandezza dell’islam. La forza dell’islam non è nella sua potenza esteriore, che appartiene al dominio delle realtà contingenti, ma nella sua verità e nel suo diritto, che sono universali e indipendenti da ogni manifestazione visibile della potenza divina: Dio è “l’Indipendente dai mondi” (ghaniun ‘an al-alamin).
Ciò che conta affermare oggi è l’essenza unica e incomparabile della luce profetica da cui scaturisce l’islam nella sua purezza e integrità. Proprio questo è richiesto alla comunità islamica nella sua fase attuale, che corrisponde a una situazione di guerra santa. La spada impiegata per condurla non è un’arma nel senso ordinario del termine; non serve ad altro che a combattere l’errore, l’illusione e la cattiva fede. E’ la spada del sidq, termine al quale Michel Valsan attribuiva una molteplicità di sinonimi: “sincerità, fedeltà, convinzione, forza di decisione”, pur precisando che bisogna “aver sempre davanti agli occhi tutti i significati qui indicati”.
La presenza del sidq nel cuore dei credenti si accompagna alla discesa della “presenza pacificante” (sakina), secondo l’indicazione del versetto in cui è detto: “Egli è Colui che fece discendere la presenza pacificante nei cuori dei credenti, per aggiungere fede alla loro fede; ed è a Dio che appartengono gli eserciti dei Cieli e della Terra” (Corano, LXVIII, 4).
Il sidq è precisamente questa fede aggiunta, mentre il riferimento agli “eserciti dei Cieli e della Terra” conferma che qui si tratta di una guerra santa: la “piccola guerra santa” viene condotta con gli eserciti della Terra, la “grande guerra santa” viene portata avanti dagli eserciti invisibili dei Cieli. Quest’ultima è oggi la sola possibile, ma anche la più efficace, a condizione che sia guidata con scienza e saggezza. D’altronde il versetto si conclude con le parole “Dio è Sapiente e Saggio”.
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