“La sovranità non è un guscio vuoto”, “Che bella gente” e “Adesso ci iscriviamo tutti al Fronte Sovranista Italiano”: gli incontri con Cesare Salvi, Massimo Pivetti, Aldo Barba e Sergio Cesaratto
Il seminario itinerante del FSI, organizzato nelle città di Roma e di Rieti nei giorni 25 e 26 novembre, è stato un successo: sia perché ha consentito al FSI di farsi stimare da persone e intellettuali che sono collocati su posizioni vicine alle nostre e che, in alcuni casi, non ci conoscevano; sia perché tra i presenti a Roma e i presenti a Rieti ha mobilitato una cinquantina di soci, venuti anche dalle regioni più vicine (Abruzzo, Umbria, Emilia Romagna, Toscana, Campania), soci che hanno tutti mostrato entusiasmo e una fiducia crescente nelle potenzialità del FSI; sia perché a Rieti erano presenti una quarantina di invitati, non iscritti al FSI, i quali, a giudicare dalla quantità e intensità degli applausi che hanno tributato al mio intervento, lasciano ben sperare che accanto a Stefano, Nicoletta, Antonella e al neo-socio Sergio avremo presto qualche altro socio o simpatizzante destinato, prima o poi, ad aderire.
Cesare Salvi ci ha stimati!
Cesare Salvi, a Roma, essendo un giurista, ha svolto un intervento che ha illustrato i tre livelli attraverso i quali il neoliberalismo è riuscito ad imporsi e ad imporre la disapplicazione costituzionale: l’orientameto della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea sulla prevalenza del diritto dei Trattati sulla Costituzione, orientamento a un certo punto accettato dalla Corte Costituzionale italiana, sia pure con l’affermazione di contro-limiti che tuttavia non riguarderebbero i “rapporti economici”; i Trattati e gli atti “esecutivi” posti in essere dagli organi europei, “eseguiti” dal Parlamento e dal Governo; gli altri trattati di libero scambio. Concluso l’incontro, Salvi ha affermato: “adesso ci iscriviamo tutti al fronte sovranista!”, non per esprimere in modo definitivo la sua volontà di aderire, bensì per testimoniare il suo apprezzamento, tanto che mi ha chiesto di inviargli l’atto costitutivo e gli altri documenti ufficiali (programmatici) del FSI, cosa che mi accingo a fare.
Segnalo agli amici sovranisti che Cesare Salvi ha scritto un importante e colto libro, di piacevole e interessante lettura anche per i non giuristi, Capitalismo e diritto civile – Itinerari giuridici dal Code civil ai Trattai europei, Il Mulino, 2015, il quale si conclude con questa frase, che definirei quasi sovranista: “La mia opinione, in conclusione, è che solo una fase di garanzia della sovranità nazionale, che affermi la prevalenza dei principi costituzionali sociali su regole e decisioni europee che con essi contrastino, può tenere aperta la prospettiva di riforma dell’Unione. E questa è, probabilmente, l’unica alternativa alla sua dissoluzione”.
Ad Aldo Barba: la sovranità non è un guscio vuoto!
Massimo Pivetti e Aldo Barba hanno asserito che il “ritorno alla sovranità è condizione necessaria ma non sufficiente” per svolgere una politica economica che soddisfi gli interessi dei ceti popolari e dei ceti medi. Barba, addirittura, ha affermato che la sovranità sarebbe “un guscio vuoto”. Essi, evidentemente, non essendo giuristi, non conoscono a sufficienza il concetto di sovranità, né conoscono i documenti programmatici del FSI, che mi accingo a fargli avere.
La sovranità non è un guscio vuoto, perché se si esce dall’Unione europea, non torna lo stato liberale, bensì torna al vertice dell’ordinamento, anche di fatto, la Costituzione con il programma costituzionale in materia di rapporti economici. Lo Stato e quindi i partiti di governo riacquisterebbero poteri di intervento in economia. Alcuni di questi poteri (in particolare una politica fiscale espansiva ma anche la nazionalizzazione di qualche importante banca in caso di crisi) sarebbero certamente utilizzati, in misura maggiore o minore, da ogni forza politica, almeno per ragioni di mero consenso elettorale. E man mano che l’esercizio di questi poteri darà qualche risultato e sarà chiaro a tutti che Maastricht era semplicemente una trappola e una gabbia, anche le forze politiche liberali e comunque moderate, sia pure per soli fini elettorali, continuerebbero a far uso, più o meno moderato, di alcuni di quei poteri.
Inoltre, il dibattito politico e culturale, sarebbe immediatamente arricchito, perché, per esempio, si potrebbe tornare a discutere sui meccanismi di finanziamento della spesa pubblica e in generale sui possibili mezzi con i quali la banca centrale può “finanziare” il governo. E le proposte di vincolare la circolazione dei capitali o di ricorrere a un moderato protezionismo o di abolire l’IVA e trasferire il prelievo fiscale sulle imposte dirette eventualmente in un piano di reintroduzione della progressività del prelievo tributario, abbandonerebbero il piano astratto dei desideri (bisogna uscire dall’Unione europea per poter applicare determinate politiche economiche, perché l’Unione europea vieta e rende impossibili, di diritto e in parte di fatto, quelle politiche) e si materializzerebbero sul piano concreto: entrerebbero nei dibattiti televisivi e giornalistici, dai quali ora sono assenti (proprio perché giuridicamente o di fatto non realizzabili). Partiti eventualmente minoritari potrebbero finalmente proporre riforme e manovre di politica economica giuridicamente possibili e tali proposte e nuove parole d’ordine che le riassumano, con il tempo, conquisterebbero consenso.
Infine, sarebbe sufficiente che in un solo paese europeo, meglio se in un paese del centro, o magari in alcuni paesi europei, forze politiche popolari – di sinistra, centriste ma popolari (come fu la democrazia cristiana, quella democrazia cristiana che in Italia aveva realizzato tante nazionalizzazioni quante furono quelle che socialisti e comunisti francesi si erano proposti di realizzare nel 1981, recedendo dal proposito dopo soli due anni di governo!) o addirittura di destra sociale – attuassero con oggettiva e indiscutibile efficacia una politica economica interventista, volta all’aumento della produzione e della domanda interna o addirittura alla piena occupazione (o, inizialmente, soltanto all’aumento significativo dell’occupazione), che quelle esperienze scaverebbero un solco lungo il quale si incamminerebbero anche gli altri stati europei, perché le forze politiche minoritarie porterebbero ad esempio quelle politiche economiche straniere e quelle maggioritarie, eventualmente moderate, non vorrebbero perdere il potere o comunque consenso elettorale, rifiutandosi di prendere, magari lentamente e moderatamente, la direzione che altrove si è rivelata efficace per promozione e diffusione di prosperità nei ceti popolari e medi.
Altro che guscio vuoto! La riconquista della sovranità da parte dell’Italia significa la distruzione dell’Unione europea. Un evento storico, epocale, che da solo vale una vita di militanza per chi umilmente sappia collocarsi nei tempi storici e consideri un onore partecipare alla costruzione di un vascello con il quale qualcuno un giorno andrà all’assalto. D’altra parte, la rivoluzione liberale è durata 40 anni! I socialisti dimostrino di essere pazienti, lungimiranti ed efficaci come i liberali.
A parte la divergenza di prospettive politiche, astratta e teorica, quindi impaziente, mi sembra, quella di Aldo Barba, concreta e realistica, quindi paziente ed effettuale, quella del Fronte Sovranista Italiano, il libro di Barba e Pivetti, La scomparsa della sinistra in Europa, Imprimatur, 2016, è un libro fondamentale per i sovranisti, perché ci consente di approfondire la nostra conoscenza dell’impianto di politica economica del trentennio glorioso.
Sergio Cesaratto: che bella gente!
Sergio Cesaratto è stato nostro ospite a Rieti, dove, nell’ambito di un incontro dedicato alla irriformabilità dell’Unione europea, ha presentato il suo libro, Sei lezioni di economia, Imprimatur, 2016. Domenica ho cominciato a leggere il libro e mi è bastata la lettura di poche pagine per concludere che si tratta di un altro libro che deve necessariamente essere presente nella biblioteca dei sovranisti. Durante il suo intervento ha riconosciuto, suscitando grande soddisfazione in tutti i soci presenti, che “devo riconoscere che Stefano D’Andrea a Chianciano nel 2011 è stato il primo ad esprimere la tesi del necessario ritorno allo Stato nazionale”.
Concluso l’incontro, Cesaratto si è trattenuto a cena con più di venti militanti del Fronte Sovranista Italiano e mi ha fatto immenso piacere che, mentre scambiavamo quattro chiacchiere, abbia esclamato: “che bella gente!”. Gli ho spiegato che noi siamo pieni di militanti di quel valore, umano e intellettuale, che tutto il nostro impegno è stato volto a cercare persone di quel tipo (li abbiamo definiti “i migliori”) e che abbiamo molti “rivoluzionari di professione”, che dedicano gran parte del tempo libero dal lavoro alla divulgazione, alla crescita e al radicamento del Fronte Sovranista in varie città d’Italia.
Alla luce di quanto ho riferito, mi sembra di poter affermare che il seminario del FSI non poteva avere svolgimento ed esiti migliori.
STEFANO D’ANDREA
Roma
Rieti
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