Il modello liberale per il corso economico della Russia
di CONTROPIANO (Fabrizio Poggi)
Per il secondo anno consecutivo, il presidente del colosso energetico russo “Gazprom”, Aleksej Miller guida la classifica di Forbes dei 25 top manager russi più pagati nel 2015. Purtroppo, Miller si è dovuto accontentare di 17,7 milioni $, rispetto ai 27 milioni del 2014. In periodi di crisi, sono cose che succedono, anche a loro; del resto, pure il suo diretto inseguitore, il presidente dell’altro gigante energetico, “Rosneft”, Igor Sečin, ha intascato appena 13 milioni, invece dei 17,5 dell’anno precedente; e così il direttore di “Sberbank”, German Gref, fermo a 11 milioni (13,5 nel 2014). In generale, il totale degli “stipendi” dei 25 manager russi più pagati nel 2015, è sceso dai 113,8 milioni $ del 2014, ai 78,3 del 2015 e dall’elenco sono addirittura scomparsi nomi di spicco quali l’ex direttore delle Ferrovie, Vladimir Jakunin, il capo di “Rusgidro” Evgenij Dod o l’ex dirigente di “Bašneft”, Aleksandr Korsik.
Parlando di “Bašneft” e dello scandalo che ha portato all’arresto dell’ex Ministro per lo sviluppo economico, Aleksej Uljukaev – accusato di aver intascato 2 milioni $ per dare il consenso all’acquisizione, da parte di “Rosneft”, del pacchetto azionario di proprietà statale di “Bašneft” – va rilevato che il boss della banca VTB, Andrej Kostin (nel 2014 occupava il secondo posto nella classifica di Forbes, con 21 milioni $; non si dispongono dati per il 2015) ritiene che l’uscita di Uljukaev “non cambi il corso economico governativo, che è stabilito da Presidente, Governo e Primo ministro”. D’altronde, lo stesso Vladimir Putin, secondo la Tass, ha dichiarato che l’arresto di Uljukaev non influirà in alcun modo sull’acquisizione di “Bašneft” da parte di “Rosneft”. Putin ha ricordato che, nonostante il pacchetto di controllo di “Rosneft” appartenga allo stato, un’altra quota significativa è di proprietà della British Petroleum e “tanto il governo, quanto il management di Rosneft continueranno a operare per la vendita del pacchetto della stessa Rosneft”: le privatizzazioni innanzitutto. Un piccolo dettaglio: ancora la Tass scive che Uljukaev era anche presidente del consiglio di sorveglianza proprio di VTB holding, la cui controllata, “VTB Capital”, era intervenuta in qualità di investor consulting nell’affare “Bašneft”; quando si dicono le coincidenze, fortunate.
Tra i meno fortunati, invece, stando ai sondaggi del Centro “Pubblica opinione”, un terzo delle famiglie russe (33%) parla di peggioramento delle proprie condizioni di vita, dovuto in gran parte alla diminuzione dei salari o alla perdita del lavoro di un membro della famiglia. Ed è difficile immaginare che si tratti di una calo del tenore di vita del tipo quello toccato ai poveri Miller, Gref o Sečin, se è vero che i salari medi corrono ancora sul filo dei 15mila rubli mensili. Vero è che, secondo il sondaggio, un quinto degli intervistati avrebbe avvertito un innalzamento del livello di reddito, anche se non se ne specificano le cifre. D’altro canto, il 59% parla di un aumento delle spese per il sostentamento familiare. Briciole, in effetti, rispetto alle forti uscite cui è ora chiamato a far fronte, da disoccupato, il povero Uljukaev, per mantenere ville, appartamenti di lusso e terreni valutati (solo quelli registrati nella zona di Mosca e provincia e soltanto quelli intestati a lui direttamente) a circa mezzo miliardo di rubli.
Secondo i sondaggi invece dell’ufficiale VTsIOM, l’86% dei russi avverte l’ostilità tra ricchi e poveri; il 74% la contrapposizione tra dirigenti e funzionari inferiori; il 73% tra imprenditori e lavoratori salariati. La disparità tra classe operaia e intellighenzia è sentita dal 58% degli intervistati. E non c’è da meravigliarsi: un mese fa, rotfront.su scriveva che i profitti delle banche russe più grosse, tra gennaio e settembre, sono cresciuti di cinque volte rispetto allo stesso periodo del 2015. Se i banchieri, in tutto lo scorso anno, avevano arraffato qualcosa come 192 miliardi di rubli, nei soli primi nove mesi del 2016 ne hanno intascati 635: 103 miliardi nel solo mese di settembre. Rotfront.su riporta il caso della “Sberbank”, che paga il 6% di interessi sui depositi e prende il 18% sui crediti.
D’altro canto, Dmitrij Migunov e Marat Seleznev, su lenta.ru, scrivono di circa 20 milioni di persone (dati ufficiali) che vivono al di sotto della soglia di povertà. Secondo il Global Wealth Report del Credit Suisse, da metà 2015 a metà 2016 il benessere dei russi è sceso del 14,4%, dopo che, grazie all’alto prezzo del petrolio, era cresciuto di 8 volte negli anni 2000-2007. Inoltre, il 10% delle famiglie controllerebbe l’89% della ricchezza nazionale (contro il 78% in USA e il 73% in Cina). Ma il vice presidente della Commissione lavoro della Duma, Nikolaj Kolomejtsev, afferma che il dato è troppo ottimistico: sarebbe non più di un 3% di famiglie a controllare la quasi totalità dell’economia russa. Tra i fattori di riduzione dei livelli di vita in Russia, il Credit Suisse menziona anche la svalutazione del rublo, passato dai 25 rubli per 1 $ nel 2007 ai 64 nel 2016.
Prendendo per buone le valutazioni accademiche, allora l’Istituto di Politica sociale della Scuola superiore di economia ha stabilito che, allo scorso settembre, il reddito pro capite in Russia era pari a 30.125 rubli: in termini reali, il 97,2% di quello di un anno fa e il 91,3% del settembre del 2014. Sembra che settembre 2016 sia stato il 23° mese consecutivo di contrazione dei redditi reali. Lo stipendio medio a settembre era di 36.115 rubli; in termini reali: il 102,8% rispetto al settembre 2015 e il 92,1% del settembre 2014. Ma, ovviamente, in quel termine medio rientrano anche i salari di 15.000 rubli percepiti da 72 russi su 100. Di contro, la crescita dei prezzi al consumo è stata dello 0,2% a settembre rispetto ad agosto e l’aumento complessivo nei primi tre trimestri di quest’anno è stato del 4,1%, mentre era stato del 10,4% nel 2015. Da novembre 2014 a settembre 2016, la crescita media dei prezzi al consumo è stata del 22,4%, oscillando tra il 23,2% per i generi alimentari e il 19,6% per i servizi. Rispetto all’ottobre 2014, il volume totale delle vendite al dettaglio di beni e servizi si è ridotto del 15,3% e per i prodotti alimentari la riduzione è stata del 15,7%.
La pensione media era di 12.440 rubli lo scorso settembre: il 96,7% del 2015 e il 92,8% del 2014. E proprio oggi l’ufficiale RT scrive che, secondo le previsioni, la pensione sociale, nel 2018, corrisponderà al 97,8% del minimo di sopravvivenza (9.159 rubli contro 9.364) e solo nel 2019 potrebbe risalire al 102% di quella soglia estrema.
La percentuale di intervistati che, in base alle proprie stime soggettive, giudica la propria situazione finanziaria come “povera o molto povera”, è stata a settembre del 22%; il 41% della popolazione (con punte fino al 60% tra pensionati e persone sole) ha dichiarato di non avere redditi sufficienti per vestiti o cibo. Sempre a settembre, il 73% degli intervistati ha dichiarato di continuare ad acquistare i prodotti alimentari meno cari e di rinunciare del tutto ad altri prodotti. E’ stata del 40% la percentuale di famiglie che hanno dichiarato di essersi scontrate con problemi sul mercato del lavoro negli ultimi tre mesi; e tra quei problemi, sempre più diffusa è la “regola” dei salari pagati con mesi di ritardo. Life.ru scriveva stamani che le imprese, cui appena sei mesi fa erano state applicate “dure” sanzioni per mancati o posticipati pagamenti, sono state di nuovo autorizzate dal Ministero del lavoro a ritardare il pagamento dei premi; premi che, però, molto spesso e in diverse regioni, costituiscono la parte sostanziale del salario.
In generale, secondo la ricerca dell’Istituto di Politica sociale, “la società russa è formata per il 60% di classi medie, con un reddito pro-capite che oscilla dal 75% al 200% dell’indice medio. Allo stesso tempo, il reddito medio della popolazione supera appena di una volta e mezzo il minimo di sopravvivenza, il che determina un livello abbastanza modesto di vita della maggior parte della popolazione. Le particolarità che distinguono i modelli di stratificazione rispetto al reddito” continuano gli autori, “sono la quasi totale assenza di una povertà assoluta (quella cioè che presuppone un reddito non superiore al 25% di quello medio) e, al tempo stesso, una discreta percentuale (20%) di strati “vulnerabili”, caratterizzati da un’alta probabilità di cadere in povertà per il deterioramento della situazione economica”.
Dunque, per citare ancora rotfront.su, appaiono a dir poco “allegre” le constatazioni della presidente della Banca centrale, Elvira Nabiullina, secondo la quale, dato che “il precedente modello economico basato sulle esportazioni di materie prime e lo stimolo dei consumi, anche attraverso il credito al consumo, è esaurito”, allora “il nuovo modello presuppone che i nostri cittadini, invece di consumare, conserveranno in banca il denaro in rubli, senza temere l’inflazione”. Il fatto è che, scrive rotfront.su, se a Mosca o in alcune grandi metropoli russe, “il boom consumistico è stato associato con iPhone, auto costose e altre merci superflue, in provincia molte famiglie vivono in condizioni di povertà e sono costrette a indebitarsi solo per mantenersi in vita. Quindi, sorge spontanea la domanda: cosa può costringere queste famiglie a ridurre ulteriormente i propri consumi, già così inverosimilmente miseri, e iniziare a risparmiare denaro per il futuro? Perché negarsi gli alimenti essenziali e nutrire i bambini con le tagliatelle solubili?. Spuntano nuove chiese in base ai capricci del Patriarcato, nuovi “Centri Eltsin”, stadi enormi per i Mondiali di calcio e le Olimpiadi – per queste cose i soldi si trovano sempre, a prescindere da qualsiasi inflazione”.
E’ il modello avviato venticinque anni fa e non ci si può illudere che solo l’arresto di questo o quell’oligarca recalcitrante, di questo o quel manager o ministro corrotto possa cambiarlo.
Fonte:http://contropiano.org/news/internazionale-news/2016/11/29/modello-liberale-russia-086474
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