di DAVIDE VISIGALLI (FSI-Riconquistare l’Italia Genova)
Poco è cambiato da allora, a parte le giravolte di politici e giornalisti, mentre un piccolo partito studiava i pochi dati a disposizione reperibili e scriveva un documento, ancora ahimè attuale, che diceva:
“Un evento straordinario ed imprevedibile si è abbattuto sull’Italia e si sta abbattendo sul mondo: la diffusione di un virus che si è rivelato per ora – e sottolineiamo per ora – a moderata letalità (numero di morti sul totale degli infettati) e a scarsa morbilità (numero di malati seri sul numero degli infettati). Tuttavia, a causa dell’alta percentuale di soggetti infettati ma asintomatici o estremamente paucisintomatici, nonché a causa del non breve periodo di incubazione, il virus è ad alta contagiosità e, se lasciato liberamente circolare, da un lato provocherebbe un alto numero di morti in termini assoluti tra i cittadini più deboli – anziani con alcune gravi patologie croniche e soggetti immunodepressi per ragioni varie -, dall’altro farebbe collassare i Sistemi Sanitari Nazionali, provocando la morte anche delle persone altrimenti curabili.
In primo luogo, vorremmo suscitare un dibattito sul fine che il Governo e, in realtà, tutte le forze politiche nazionali si sono proposte e sui mezzi per raggiungerlo. Il fine determina i mezzi necessari. Non possiamo giudicare i mezzi se non in relazione al fine. Inoltre, ogni fine, comportando dei costi, deve essere non soltanto valutato in se stesso, ma collocato nel quadro della condizione attuale dell’Italia, quindi nella sua concreta perseguibilità.
Non vi è ragione per la quale i partiti politici, in Parlamento e fuori, gli intellettuali, le testate di informazione e i cittadini sulla rete di internet non debbano dibattere sul fine e non debbano riflettere sui costi e sui rischi che il perseguimento dei possibili scopi comporta nel breve e medio termine, nonché delle grandi scelte politiche che possono rivelarsi necessarie. Il dibattito è dunque necessario. Può solo far bene. E noi intendiamo stimolarlo.
2. I due possibili fini
Il fine della immunità di gregge, enunciato in pubbliche dichiarazioni da alcuni Stati (per esempio Olanda, Gran Bretagna, Germania, Israele), è dubbio per numerose ragioni, riconducibili alla scarsa conoscenza del virus. In ambito scientifico, le contestazioni dell’assunto dell’utilità dell’immunità di gregge sono diffuse. Nessuno può dire con certezza che il virus non muterà a sufficienza per rendere l’immunità di gregge poco efficace.
Inoltre, chi studia il virus da decenni e in particolare nell’ultimo quinquennio aveva lanciato l’allarme, ipotizza che nel prossimo futuro potrebbero esserci ulteriori ondate epidemiche di questo virus, come è avvenuto per la temibile influenza spagnola del 1918, la quale non si “limitò” a colpire soltanto le componenti più fragili della società, ma uccise moltissimi giovani. Infine, il raggiungimento del fine dubbio, richiede molto tempo – due anni ha dichiarato l’Istituto Koch – perché, a causa dell’alta contagiosità e del rischio di collasso del SSN, è necessario prima portare, attraverso draconiane misure restrittive, la contagiosità (parametro R0) a un livello molto basso, per poi farla oscillare per due anni tra valori inferiori a 1.
L’unico fine alternativo, in astratto, è lo sradicamento, ossia prefiggersi di arrivare a un livello di contagi giornalieri pari a zero. Tuttavia, vi è necessità di lavorare nei campi per la produzione dei prodotti agricoli. Nei campi, lavorando all’aperto, la contagiosità è certamente più bassa che nelle fabbriche ma è comunque impossibile un completo distanziamento sociale: dunque vi saranno contagi.
Vi è necessità di lavorare nei lavaggi e nelle industrie di trasformazione dei prodotti della terra, dove il distanziamento sociale assoluto è impossibile e può essere attuato soltanto in parte. Vi è necessità di tenere aperte le fabbriche, le quali possono stare chiuse due settimane, magari quattro e magari sei – però bisogna stare attenti al collasso – ma poi devono riaprire. Nelle fabbriche, trattandosi di luoghi chiusi, la contagiosità è per forza alta, nonostante le misure precauzionali che sono state e saranno prese. Vi è necessità di tenere aperte le caserme e i presidi locali di polizia, carabinieri, vigili urbani, ecc.. Vi è necessità di tenere aperti gli ospedali. Infine, vi è necessità di tenere aperti alcuni organi e uffici pubblici che svolgono funzioni essenziali, le quali non possono essere espletate lavorando da casa.
Tutti i nuovi infettati contageranno i familiari a casa. Ciò spiega perché portare la contagiosità e i contagi a zero per quindici giorni (bisogna tener conto della possibile incubazione) è pressoché impossibile, salvo dopo che si siano infettati tantissimi operai, impiegati, dirigenti, militari, carabinieri, poliziotti, medici, infermieri, ecc., e sia raggiunta, in quegli ambienti, l’immunità di gregge (sempre che essa funzioni). Servirebbe un tempo estremamente lungo.”
Commenti recenti