Quando i conservatori sono più lucidi dei “progressisti”
di C.M. Mainstream
Proponiamo un confronto tra un intervento dI Galli della Loggia e la risposta di Cinzia Sciuto.
Mentre l'editorialista del Corriere individua con chiarezza il nesso tra la democrazia come l'abbiamo conosciuta e la forma storica dello Stato Nazione, come peraltro già indicato da economisti del calibro di Dani Rodrik, l'articolista di Micromega non sembra saper rispondere che con il repertorio classico del senso comune "di sinistra". In particolare suona piuttosto stucchevole il vecchio argomento contro le "piccole patrie", lasciando intendere che l'Italia fuori dalla UE si ridurebbe ad una piccola, povera e marginale contrada del mondo globalizzato. Per constatare la scarsa solidità dell'argomento è sufficiente leggere quanto di solito scrivono autori della medesima tendenza riguardo allo Stato di Israele: un paese senz'altro di dimensioni ridotte,marcatamente connotato dal punto di vista etnico-religioso e pervaso da un forte senso di appartenenza identitaria; un candidato perfetto per il ruolo di "piccola patria", dunque, incapace di esercitare un qualsiasi ruolo nello scenario internazionale .
Eppure a nessuno verrebbe in mente di definirlo così, men che meno alla redazione di Micromega.
Un'altra dimostrazione della sostanziale inautenticità delle parole d'ordine relative alla costruzione di un ordine sovranazionale e di una democrazia europea può essere ottenuta per paradosso.
Immaginiamo cosa accadrebbe i difensori dell'unità europea e della fine degli Stati Nazionali si dovessero confrontare con l'idea di federare il nostro paese con l'Albania o la Tunisia. Non ci vuole molta immaginazione per pensare che tutti i discorsi sull'attualità del "demos", sulla necessaria omogeneità tra le popolazioni, sul valore delle frontiere nazionali riemergerebbero.
Tuttavia da qualsiasi lato la si guardi, storico-economico-geografico-culturale, la questione non lascia dubbi: quei due paesi ci sono assai più vicini di quanto non lo siano la Finlandia o Lussemburgo. Insomma, le speranze riposte in una Federazione Europea, o addirittura in una Federazione Mondiale, in realtà denotano solo il desiderio di appartenere ad un club esclusivo di paesi "civili". Certo cosmopolitismo sembra adombrare un velato razzismo…(C.M.)
Articoli interessanti. La Sciuto non dice cose in sé sbagliate: ciò che le manca, a lei come all’intera sinistra (per ridere) globalista filoeuropea, è la minima indicazione concreta su come “rendere più democratica” – cioè rivoltare come un calzino – questa unione europea, fondata su due pilastri:
1) la convinzione che l’unico modo di far avanzare la costruzione europea fosse sottrarla interamente al controllo democratico e soprattutto
2) l’accettazione incondizionata della globalizzazione (cioè americanizzazione), che è fenomeno mondiale e coincide colla totale ricattabilità del lavoro da parte del capitale.
Il fatto comunque che il Corriere e Galli della Loggia pubblichino articoli del genere è sintomo che anche fra le classi dirigenti comincia a diffondersi la percezione del carattere rovinoso della situazione in cui ci hanno portato. Ed è ugualmente significativo che il sistema dei Monti, dei Marchionne e delle direttive Bolkenstein venga attivamente difeso da sinistra.
Interessante il confonto tra i due articoli, ma il commento di C.M. mi appare fazioso fin dal titolo. La risposta di Sciuto pone domande interessanti ed è scorretto porre l'esempio di Israele, "la portaerei USA in Medio Oriente". Non facciamo gli ingenui.
Secondo me l'idea di Europa come nazione era un'idea potente e valida e in passato aveva pure prodotto risultati utili. Solo che la costruzione europea, per come è stata fatta, era un progetto ignobile di dominio delle elites sulle masse. E per districare l'osceno pasticcio oggi bisogna demolire la costruzione. Il modo migliore per aggiustare le costruzioni che hanno problemi nella fondamenta è demolirle e rifare le fondamenta.
O forse l'idea di un'Europa nazione era sbagliata a priori. Se ne può discutere.
Ma lo stato nazione non può essere un feticcio. A giudicare dai disastri dell'euro bisogna ripassare per tale stato nazione, ma non è escluso che dopo si possa aspirare ad una costruzione europea solida.
Mi sembra di ricordare che la democrazia sia nata nelle città della Grecia, quindi ad un livello più piccolo di quello attuale. Certamente una crescita c'è stata. Ma la storia mostra anche molti passi indietro. E allora guardiamo la realtà dei disastri dell'euro, poniamo rimedio a tali disastri, eventualmente facendo passi indietro.
Ci sarà poi tempo per costruzioni ambiziose, purchè siano fatte a favore del popolo, non contro di esso.