La piazza
Questa è una storia di una piazza del Nordest. Immagino però che sia una storia comune a tutto lo stivale. Le mie memorie ricordano una piazza con intense attività commerciali durante il giorno: una serie di banchetti che all'inizio della giornata andavano a disporsi ordinatamente nel selciato per attirare i quotidiani visitatori e offrire loro vestiti, ceramiche, scarpe, biancheria, fiori, libri etc…e che al calare della sera la lasciavano così come l'avevano trovata.
Dopo cena la piazza cominciava a ripopolarsi, ma di un tipo di umanità assolutamente diversa. Non più persone che cercavano il capo di abbigliamento ad una frazione del prezzo del negozio, ma persone che, nella pace serale e dopo le fatiche lavorative o dello studio, avevano in animo di ritrovare amici o conoscerne di nuovi. Socializzare.
La fauna dei frequentatori serali di quella piazza, nelle estati degli anni '70 poteva essere suddivisa a seconda delle appartenenze politiche: FGCI, sinistra extraparlamentare e gli ultimi freaks rimasti. Sicuramente ci sarà stato anche qualcuno di centro o di destra, ma non formava nutriti capannelli così chiaramente identificabili. In linea di principio la colonna di sinistra era popolata dalla FGCI, quella di destra dalla sinistra extraparlamentare e le scalinate dai frichettoni. E non volavano né botte, né insulti. C'era però sempre un occhio molto attento verso i frichettoni, che non dovevano permettersi di portarsi appresso roba pesante.
Ogni tanto spuntava un pallone, e la piazza, ritornata nelle ore serali di proprietà dei cittadini, si offriva come improvvisato campo da calcio. Né potevano mancare le chitarre ed i bonghi, con le scalinate che sembravano fatte apposta per intrattenere un momentaneo concerto.
Poi arrivarono gli anni di piombo, e la piazza si svuotò. Pareva che in città ci fosse il coprifuoco.
E dopo i terribili anni di piombo, arrivano i rassicuranti anni di merda. Se gli anni di piombo sono qualificati da un violento rapporto tra alcune frange di cittadini e lo Stato, gli anni di merda sanciscono la nascita del cittadino-consumatore e l'apparizione all'orizzonte dello Stato-Azienda. Spariscono le pallottole ed appaiono magicamente le carte di credito ed i servizi a pagamento.
Lo Stato lentamente ma inesorabilmente si ritira per lasciare il campo ad aziende ed imprese di carattere commerciale. Gli spazi fino a prima pubblici cominciano a essere privatizzati e quasi inavvertitamente la Res Publica si trasforma in Res Privata. L'affare è lucroso: le amministrazioni locali guadagnano potere e soldi in cambio della cessione di spazi pubblici o adibiti ad usi non commerciali, e le imprese commerciali innalzano il PIL facendo pagare anche l'aria che respiri.
La piazza non si sottrae al Nuovo Che Avanza e viene quindi lottizzata. Ciò che una volta era spazio serale aperto a chiunque, oggi è diventato spazio occupato per delibera comunale, e dove bisogna impegnarsi per schivare la serie di tavolini e sedie che occupano il selciato per la gioia del popolo dello spritz.
I negozi di un tempo che ancora ricordo (rosticceria, pellame, intimo, antichità, gioielleria etc..) sono stati sostituiti da lounge bar, coffeshop, sushi bar o qualsiasi altro neologismo di stampo anglofono che identifichino locali dove si vendono bevande. Ed i quali, come piovre notturne, al calare delle tenebre distendono le loro propaggini tentacolari invadendo e riempiendo ogni spazio esterno. Tavolini rigorosamente numerati, serviti da azzimati camerieri e frequentati da portatori sani di Postmodernità e relativi malati terminali al seguito con profluvio di Iphone e accessori radicalchic.
Oggi è ovviamente proibito giocare col pallone in quella piazza: ne andrebbe del decoro, dei guadagni e della stessa identità del Nuovo Che Avanza. D'altronde gli attuali frequentatori sono tutti molto eleganti, ed il loro abbigliamento aziendale (o da lounge bar, non ho ancora capito la differenza) male si sposa con la voglia di dare un calcio alla palla. Scarpe di vitello che si sbucciano, BlackBerry che cadono, camicie sbottonate, sudore, giacca e cravatta a terra….no, no, molto meglio uno spritz ad uno di quei tavoli perfettamente allineati.
E poi il cameriere è simpatico.
La piazza in questione è quella dei Signori a Padova e la facciata è quella di San Clemente.
Un ricordo dei tempi dell'università?
Non importa. Quello che importa è il generale processo di "privatizzazione", che investe gli spazi pubblici [impensabile che ciò potesse accadere all'Agorà della polis ateniese], ma investe ormai anche l'acqua e l'aria.
Ma quale è il vero significato dell'espressione "privato"? C’è positività od anche negatività in questa espressione alla quale molti [ingenui, idiotizzati oppure interessati ed in mala fede] attribuiscono significati soltanto positivi
A questa domanda ha dato una risposta convincete il filosofo Costanzo Preve – mio Maestro e Amico – il quale così ha scritto:
La proprietà privata capitalistica in Europa è nata e si è sviluppata privando delle loro proprietà parcellari e/o comunitarie i precedenti proprietari. Tutto questo è dettagliatamente dimostrato da Marx nell’ultima sezione del Libro del Capitale (1867) [il primo libro, N.d.S.]. Di tutti i verbi, il verbo “privare” è il più dialettico nel senso hegeliano-marxiano del termine, in quanto il suo carattere transitivo produce il suo esito intransitivo. Del resto, era così etimologicamente in latino. I proprietari privati erano originariamente i plebei, “privati” dal libero accesso allo ager publicus, la cui “pubblicità”, comunque, era la dimensione comunitario-tribale delle cosiddette aggregazioni gentilizie e di carattere tribale …
Quindi “privato” fa il paio con esproprio, simboleggia l’impossibilità di accedere, ed è privazione di qualcosa. Nel caso di Piazza dei Signori il processo di esproprio, operato dal Nuovo [Capitalismo] Che Avanza, è in fase avanzata. Ma purtroppo lo è anche nel resto d’Italia.
Saluti
Eugenio Orso
Aggiornamenti sulla piazza in questione: al ristorante Secondio Piano, aperto recentemente al secondo piano di un palazzo che si affaccia sulla piazza, è stato concesso un plateatico davanti alla chiesa di San Clemente.
Per portare le vivande dalla cucina alla piazza, i camerieri vanno su e giù per le scale tutta la sera/notte. Gli inquilini del palazzo sono molto contenti di tutto ciò.
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2011/04/11/news/piazza-dei-signori-raffica-di-tavolini-sotto-l-orologio-3892681
Il Nuovo Che Avanza non sottrae solo spazi comuni, ma anche spazi privati. E' il Nuovo Che Avanza vers. 2011.
Non solo le Piazze. I cortiletti e i Fontanili dove chiacchieravano le comari. Le comari. Gli Orti profumati, dentro i quali il nonno conduceva il bambino, che voleva conoscere le piante come ora vogliono conoscere gli animali. Il calore il silenzio e il torpore del Camino. Il Carretto. I suoni della strada, che erano suoni e non rumori. I Maniscalchi. I campi incolti e i ruscelli limpidi. Il campetto.
Il problema è: per cominciare a muoverci lentamente e realisticamente nella direzione inversa a quella che abbiamo percorso, quali principi devono guidarci? Questi principi sono necessariamente principi nuovi o possono essere principi abbandonati nel passato? Si può volere che lentamente e realisticamente si percorra la strada in direzione inversa senza dichiararsi reazionari? Il problema è: come regredire?
Chi ha obiettivi non economici alternativi agli attuali e che non consistono in modelli del passato me lo faccia sapere, provi a tratteggiarli.
Da sempre mi batto per una CULTURA dell'ascolto. Credo sia essenziale, in estrema sintesi, ritornare al SACRO. Vivere in un mondo di parole vili, di atti vili, di pensieri, archetipi e miti vili sicuramente ci ha portato a questa fase di arroganza suprema che spesso sfocia in pura crudeltà.
Ascoltare il perdente è una lezione impagabile. Rileggere la Storia senza la lente deformante del vincitore una autentica illuminazione.
Occorre un maggiore animismo, quel credo che riconosce a qualsiasi cosa, sia essa vivente o no, il diritto di avere un'anima, cioè una scintilla di Sacro.
Dobbiamo impegnarci nel ritrovare il Sacro nelle nostre parole e nelle nostre azioni. E far comprendere, a chi se ne è allontanato, cosa si sta perdendo: senza Sacro la vita diventa mero accessorio di qualche oscura ontologia.
Si può volere che lentamente e realisticamente si percorra la strada in direzione inversa senza dichiararsi reazionari? Il problema è: come regredire?
Scrive D'Andrea
Non si può "voltare pagina" senza rivolgere lo sguardo al passato, almeno per un istante.
"Il proprio tempo appreso nel pensiero" [Hegel] implica la considerazione del passato storico, dal quale non si può prescindere, e una moderata previsione per quanto riguarda lo sviluppo dei tempi futuri.
La stessa etimologia della parola Rivoluzione ci spinge a non ignorare il passato, poiché revolutionem deriva da re-volvere, che ha il significato di "tornare indietro", ma volgendo lo sguardo al futuro s'impone il "voltare pagina" che implica un cambiamento radicale.
Se poi si attribuisce a re-volvere il significato di ritorno ad una tradizione pregressa, religiosa o nazionale, ci si perde cullandosi nel sogno di un impossibile ritorno al passato, mentre la vera Rivoluzione è “un ritorno al futuro” percorrendo una strada diversa da quella attuale.
Dobbiamo impegnarci nel ritrovare il Sacro nelle nostre parole e nelle nostre azioni. E far comprendere, a chi se ne è allontanato, cosa si sta perdendo: senza Sacro la vita diventa mero accessorio di qualche oscura ontologia.
Scrive Tonguessy
Dobbiamo urgentemente opporre alla metafisica capitalistica dominante – perché quella capitalistica, in ultima analisi, è una metafisica che ha eclissato la vecchia metafisica medioevale – una nuova metafisica antagonistica e alternativa.
Un compito a dir poco improbo.
Chi se potrà assumerselo, portandolo a termine?
Eugenio Orso
Caro Eugenio,
il compito cui fai riferimento è quello che ci siamo assunti tutti noi i questo blog. Andare contro la metafisica (termine quanto mai vago) imperante per tentare di contrapporne una di tipo diverso sta alla base del nostro tentativo.
Credo sia necessario un articolo più approfondito su come l'immaginario collettivo (termine che preferisco di gran lunga a "metafisica") sia in realtà responsabile del nostro stato attuale, e di come tale immaginario sia stato scientemente manipolato nel corso degli ultimi decenni, al fine di creare l'illusione che i simulacri possano avere maggiore peso e significato dei fatti reali. Cosa questa che ha pesantemente spostato il nostro baricentro percettivo, allinendolo a quello Imperiale del Nuovo Che Avanza.
Tutto ciò è stato perfettamente descritto nell'Ultimo articolo di D'Andrea e ampiamente dibattuto da (tra gli altri) Debord, Faucault, Chomsky, Baudrillard.
Insomma: siamo NOI che abbiamo deciso di assumere questo gravoso compito. Quale saranno i risultati, sarà solo il Tempo a determinarlo.
"Dobbiamo impegnarci nel ritrovare il Sacro nelle nostre parole e nelle nostre azioni. E far comprendere, a chi se ne è allontanato, cosa si sta perdendo: senza Sacro la vita diventa mero accessorio di qualche oscura ontologia."
Invece io trovo questa frase illuminante e non vi trovo difficoltà apparenti se non quella di essere coerenti con la scelta che abbiamo fatto e essere noi stessi un esempio, sempre in ogni azione ricercare quel "sacro".
Ciao, Tonguessy.
Benvenuto rasna-zal
Felice di ritrovarti, Rasna-zal