La conquista nordica
di Andy Worthington http://www.uruknet.info/?p=m82883&hd=&size=1&l=e
traduzione di Claudio Martini
L'inchiostro con cui era scritto l'accordo sui nuovi prestiti alla Grecia non si era ancora asciugato quando il primo ministro Papandreou ha sconvolto l'agenda del g20 di Cannes annunciando un referendum proprio su quell'accordo. Per tutta risposta le borse sono crollate, i leader del g20 hanno cominciato a correre qua e la come polli decapitati mentre Papandreou continuava la sua lotta mortale contro il rivale Evangelos Venizelos, contrario al referendum.
Le ultime notizie riferiscono che, nonostante il fatto che Papandreou abbia ottenuto una fiducia risicata in parlamento, questi sia pronto "a farsi da parte per favorire un governo di larghe intese" guidato, a quanto sembra, da Evangelos Venizelos. Come ha spiegato il Guardian, "L'accordo con Venizelos e' stato tirato fuori come estremo tentativo di evitare le elezioni anticipate le quali, secondo Papandreou, rappresenterebbero una catastrofe per un paese già sull'orlo del collasso politico ed economico".
Voci insistenti chiedono il ritorno della Dracma
Il referendum può anche essere stato cancellato, ma questo non significa che gli immensi problemi legati ai nuovi prestiti (per cui Papandreou voleva il referendum) siano stati risolti. Negli ultimi giorni questi problemi sono stati sorprendentemente trattati dai media mainstream fuori dalla Grecia, e specialmente in un editoriale per Fox News del professor Peter Morici, dell'Universita del Maryland, già capo economista alla commissione federale al commercio internazionale.
In questo editoriale del 3 novembre Morici comincia spiegando che, benché l'ultimo programma di prestiti prevedesse il dimezzamento dei debiti verso gli operatori privati, esso includeva anche una nuova dose di misure draconiane rovinose per il popolo greco, in quanto "accentueranno la disoccupazione, e sprofonderanno l'economia greca e la base fiscale dello stato ad un punto allarmante, minando le possibilità per Atene di ripagare la restante quota di debito."
"alla fine", ha aggiunto, " i greci per raggiungere il livello di esportazioni necessario a pagare il debito estero dovranno affrontare un peggioramento del loro tenore di vita di almeno il 50%. Se tutto va per il meglio, Atene sarà ancora gravata da un debito del 120% ancora per dieci anni. E' difficile che tutto vada sempre per il meglio, e comunque molti economisti giudicano insostenibile un debito del 120%. Perciò, i greci corrono il rischio di svenarsi per sostenere il fallimentare esperimento della moneta unica, e questo a fronte di scarse possibilità di successo del piano."
La ragione per cui questo esperimento di austerità potrebbe fallire sono chiare: l'austerità imposta potrebbe generare un "vortice economico" in grado di risucchiare la Grecia in uno o due anni.
Il professor Morici crede che al popolo greco "debba essere data l'opportunità di votare su un simile impegno, e il loro destino non dovrebbe essere deciso da autorità straniere e non elette", e ha aggiunto: "e' molto comodo per gli europei imputare il disastro greco ad un popolo e ad una classe politica illusi di poter vivere -perpetuamente- al di sopra dei propri mezzi, ma in realtà tutta l'idea dell'euro era difettosa sin dal principio. L'eurozona e' priva di una fiscalità comune che provveda in qualche modo a rendere eguale per tutti la rete di protezione sociale."
Inoltre, il difetto principale dell'euro secondo Morici e' aver iper-valutato le monete dei PIGS, mentre la Germania assisteva ad una svalutazione. Ciò ha reso i tedeschi "super-competitivi", e ha lasciato la Grecia e i suoi simili mediterranei "alle prese con deficit strutturali nel commercio estero, cronica mancanza di liquidità, necessità di ricorrere a prestiti, e alla fine la crisi che oggi abbiamo di fronte."
Il piano di salvataggio, dichiara Morici, "E' un gigantesco Telethon per un euro sulla via del fallimento, fallimento che riguarda anche l'idea sbagliata che una moneta comune sia indispensabile per un'Europa unita." "l'UE, prima dell'euro, stava facendo buoni progressi verso un mercato integrato a livello continentale e una maggiore coesione politica e culturale. L'euro e' diventato un simbolo privo di scopo-o meglio, un simbolo con una destinazione rovinosa."
Questi riflessioni sulle responsabilità dell'Europa hanno toccato una corda del mio animo, poiché, dopo aver visitato la Grecia e aver constatato quanto duro lavorino quelli che un lavoro ancora ce l'hanno, ho trovato deprimenti le discussioni con i cittadini del mio paese, il Regno Unito, tutte incentrate sulla pigrizia del popolo greco, e non sui governi che hanno contratto prestiti onerosi o sulle banche straniere che li hanno concessi, anche se sapevano a quali rischi andavano incontro.
Il popolo greco nel suo complesso può essere ritenuto colpevole di una eccessiva 'disinvoltura' fiscale, e o politici che l'hanno portato nell'Euro possono essere stati molto avventati, ma se il mio governo ricorresse a prestiti sconsiderati e poi incolpasse me del fatto che sono insostenibili, io uscirei in strada a protestare, e non me ne starei seduto a casa a maledire me stesso o il mio governo, a prescindere che l'abbia votato.
A mio parere, le banche straniere hanno chiesto al popolo greco di accettare una sentenza di morte secondo la quale, privato delle proprie risorse dai creditori e spinto in una spirale di disoccupazione crescente, esso sarà incapace di risollevarsi, dato che la sua economia e' fatalmente ferita, e non potrà mai uscire da una voragine che continua ad allargarsi, mantenendo un debito insormontabile.
L'alternativa per Morici e' dare alla Grecia "la possibilità di restare nella Ue lasciando l'euro- lo stesso status del Regno Unito." Ha poi aggiunto significativamente: "riadottando la Dracma, rinominando i propri debiti privati e pubblici, e lasciando scendere il valore della nuova moneta ad un livello che permetta alle esportazioni di crescere ripagando così il debito, l'economia greca si rimetterebbe in sesto, e molti disoccupati ritroverebbero un impiego."
Ha anche spiegato che "con il ritorno alla Dracma i creditori stranieri riceverebbero rimborsi di valore inferiore ai titoli posseduti" ma se l'economia greca potesse "recuperare occupazione e quote di commercio internazionale, in ultima analisi le perdite sarebbero minori rispetto a quelle che saranno provocate da questa austerità senza senso".
L'ipotesi del ritorno alla Dracma e' stata approfondita in un articolo del New York Times del 3 novembre, nel quale e' stato sottolineato come l'uscita dall'Euro significherebbe che "i correntisti ritirerebbero i propri risparmi dalle banche locali e con una rapida svalutazione del 50%, l'inflazione esploderebbe." e' stato anche indicato che "prima di poter tornare sui mercati internazionali ci vorrebbero anni." tuttavia, convenendo con il punto di vista di Morici, il Times ha fatto notare che, nonostante "il panico e il trambusto iniziale", il precedente dell'Argentina "che abbandonò il cambio fisso col dollaro nel 2002" dimostra come una valuta meno costosa può creare "una forte crescita delle esportazioni", e che "la facoltà di emettere la Dracma alla fine tornerebbe in favore della Grecia."
Vasilis Serafeimakis, un dirigente di Avinoil, una delle maggiori compagnie petrolifere greche, ha dichiarato: "il vero problema e' che utilizziamo una valuta estera. Se avessimo la nostra valuta, almeno potremmo stampare moneta." Costas Lapavitsas, un economista greco dell'università di Londra, da tempo sostenitore del ritorno alla Dracma, ha detto al Times che "l'opinione per cui la Grecia farebbe bene ad uscire dall'euro e' più diffusa di quanto crediate. Ma la visione opposta domina la scena." A quanto riferisce il Times, Lapavitsas "ha riflettuto sull'euro per anni, convincendosi che i benefici derivanti da una svalutazione della moneta greca riporterebbero, al netto degli inevitabili sacrifici, l'economia a crescere più velocemente di quanto non farebbero i tagli ai salari e i licenziamenti.
Il Times ha posto in evidenza come altre "voci autorevoli" argomentano che "e' impossibile per la Grecia recuperare competitività stando nell'Euro", tra cui "stimati economisti come Nouriel Roubini, Kenneth Rogoff e Martin Feldstein, nonché investitori come George Soros."
Recentemente Stergios Skaperdas, un economista greco dell'università della California, ha scritto che "una dracma più a buon mercato diminuirebbe le importazioni, stimolerebbe le esportazioni e soprattutto darebbe alla Grecia la flessibilità necessaria per controllare la propria politica monetaria e lenire gli effetti della stretta fiscale", sebbene ammetta che "diffondere queste idee e' piuttosto difficile in quanto molti greci non riescono ad accettare la fine del sogno dell'euro." E poi aggiunge: "per la maggior parte dei greci, inclusi gli economisti, adottare l'euro era come sposare una donna da sogno-bella, intelligente, affettuosa, persino ricca. E invece, tutto a un tratto, il matrimonio si e' trasformato in un incubo."
Tuttavia la visione dominante e' tipicamente espressa dall'economista (e consigliere del precedente governo) Yannis Stouranas, secondo il quale "non c'è modo per la Grecia si lasciare l'euro… Avremmo un default disordinato, il debito raddoppierebbe-e' del tutto fuori questione." Un altro esperto, Theodore Mariolis, economista all'università Panteion di Atene, Ha recentemente dichiarato che "il problema n.1 per la Grecia nell'attuale sistema -ancor prima del debito, della disoccupazione e dell'inefficienza del settore pubblico- e' la sua competitività internazionale, che si e' ridotta di un terzo da quando siamo entrati nell'Euro". il professore stima che "una svalutazione del 50% della nuova dracma colmerebbe rapidamente questo gap di competitività."
In coda al suo articolo per Fox News, Peter Morici afferma che il popolo greco dovrebbe accettare il piano di salvataggio e restare nell'Euro "solo se convinto che l'attuale valuta stia funzionando bene" cosa che, al momento, non sembra proprio stia avvenendo. "così come e' costruita", scrive Morici, "la valuta comune può essere utile al progetto di 'Europa Unita' concepito da Francia e Germani, ma fa della Grecia e degli altri paesi mediterranei nulla di più che vittime di una 'conquista nordica'.
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